Le monarchie del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) e lo Stato di Israele stanno facendo quadrato intorno all’Arabia Saudita dopo che il recente rapporto dell’intelligence Usa sull’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi ha di fatto accusato il potente principe ereditario di Riad, Mohammed bin Salman, di responsabilità dirette nell’uccisione dell’editorialista della “Washington Post” avvenuta nell’ottobre 2018 a Istanbul. Due importanti eventi stanno mostrando la cifra di un vero e proprio cambio di passo delle alleanze e dei rapporti regionali di fronte alla nuova politica dell’inquilino della Casa Bianca, Joe Biden: la conversazione telefonica tra l’emiro del Qatar, Tamin bin Hamad al Thani, e il potente principe ereditario saudita, in quello che è stato il primo colloquio diretto tra i due dall’embargo contro Doha da parte di Arabia Saudita, Bahrein, Emirati ed Egitto avviato nel giugno 2017 e terminato lo scorso 5 gennaio; l’avvio di trattative tra Israele, Arabia Saudita, Emirati e Bahrein per stabilire una sorta di “Nato” del Medio Oriente per contrastare l’Iran.
La telefonata tra l’emiro del Qatar Al Thani e l’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, rappresenta più di altri avvenimenti la sintesi del nuovo corso delle relazioni regionali. La conversazione è avvenuta dopo i messaggi di vicinanza inoltrati a Riad dagli altri membri del Consiglio di cooperazione del Golfo: Bahrein, Emirati, Kuwait e Oman. Tuttavia la mossa di Doha ha un forte significato in termini geopolitici. Il Qatar è stato infatti durante il periodo di embargo guidato proprio da Riad e Abu Dhabi il più forte sostenitore, insieme alla Turchia, del ruolo dell’erede al trono saudita nell’omicidio del giornalista legato al movimento dei Fratelli musulmani Khashoggi. Buona parte delle indiscrezioni e materiale di intelligence è stata in questi anni diffusa dall’emittente satellitare “al Jazeera” e dalle agenzie di stampa turche. Sul finire dell’amministrazione Usa di Donald Trump, il blocco dei Paesi del Golfo guidato da Riad e Abu Dhabi ha trovato un accordo con Doha per porre fine all’embargo diplomatico ed economico che per oltre tre anni ha diviso la regione, con conseguenze anche nei Paesi limitrofi, in particolare la Libia e i Paesi del Corno d’Africa. Nonostante non si faccia menzione del caso Khashoggi nel comunicato diffuso dall’ufficio stampa dell’emiro Al Thani, nella conversazione con Mohammed bin Salman, il leader del Qatar ha ribadito l’importanza del rispetto della sovranità dell’Arabia Saudita e della sua stabilità, considerata “parte integrante” della sicurezza sia del Qatar che del Consiglio di cooperazione del Golfo.
La dichiarazione di Al Thani conferma quindi la volontà di Doha di non cavalcare i problemi della leadership saudita e, al contrario, fa emergere l’interesse dell’emirato del Golfo a mantenere la stabilità regionale, in un momento in cui il Paese si appresta a una serie di appuntamenti cruciali per il suo futuro in particolare i Mondiali di Calcio del 2022 e l’avvio dei lavori per l’espansione della produzione di gas naturale liquefatto nel giacimento North Dome condiviso con l’Iran. La volontà di Washington di rientrare nell’accordo sul nucleare iraniano e ad avviare una sorta di dialogo con Teheran, sta fortemente preoccupando gli storici alleati regionali un tempo rivali. Al pari del Qatar, anche Israele, che non ha rapporti ufficiali con l’Arabia Saudita, teme l’indebolimento della monarchia e le sue conseguenze per la propria stabilità. Israele, che di recente ha normalizzato le relazioni con Emirati, Bahrein e altri Paesi arabi, tra cui Marocco e Sudan, sarebbe infatti trattative per stabilire un’alleanza per la sicurezza regionale a cui parteciperebbe anche l’Arabia Saudita. L’indiscrezione è stata pubblicata lo scorso 25 febbraio, il giorno prima dalla diffusione del rapporto dell’intelligence Usa contro Mohammed bin Salman, dall’emittente israeliana “i24 news”, e durante l’International Defence Exhibition (Idex) di Abu Dhabi, la più importante fiera del settore della difesa a livello regionale, che ha visto per la prima volta la partecipazione dello Stato di Israele.
Lo Stato ebraico ha instaurato relazioni diplomatiche con Emirati e Bahrein dallo scorso 15 settembre con la firma degli Accordi di Abramo, mentre ufficialmente non ha rapporti con l’Arabia Saudita. Tuttavia, lo scorso novembre la stampa israeliana ha rivelato un presunto incontro avvenuto a Neom, sulle coste del Mar Rosso, tra il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman, e il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, il cui ufficio non ha mai smentito la notizia. Funzionari israeliani citati dall’emittente non hanno confermato i dettagli del rapporto, ma hanno spiegato che “Israele lavora costantemente per migliorare le sue relazioni con i suoi vicini arabi”. I colloqui sulla presunta creazione di un’alleanza nel settore della difesa giungono probabilmente in risposta, prosegue “i24 news”, alla “crescente minaccia iraniana nella regione”, dovuta non solo ai timori che l’Iran possa dotarsi di un’arma nucleare ma anche ad un aumento dell’azioni ostili da parte di Teheran.
Secondo Israele, infatti, l’Iran sta aprendo un nuovo fronte contro lo Stato ebraico in mare, rendendo quanto mai necessaria una cooperazione con gli altri Paesi della regione, in particolare gli Emirati. L’esplosione avvenuta il 25 febbraio a bordo di una nave di proprietà di una compagnia israeliana registrata nell’Isola di Man, la Mv Helios Ray, battente bandiera delle Bahamas, nel Golfo di Oman, potrebbe confermare i timori della difesa israeliana. Israele ha accusato direttamente l’Iran della responsabilità dell’attacco contro la nave che si trova attualmente alla fonda a Dubai. In una mossa fino a un anno fa impensabile per lo scenario regionale, Israele ha inviato una delegazione di funzionari della difesa a Dubai per indagare sull’attacco. In base alla versione fornita da Israele, le Guardie rivoluzionarie iraniane (pasdaran) avrebbero sparato uno o due missili contro la nave mentre stava navigando vicino allo stretto di Hormuz, sapendo che fosse israeliana, secondo le fonti citate dal quotidiano. In seguito all’attacco, la nave è stata danneggiata, ma nessuno dei 28 membri dell’equipaggio è rimasto ferito.
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