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Israele e Italia alleati contro il Covid-19, potrebbero produrre insieme un vaccino

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L’esperienza di Israele nella lotta contro la Covid-19 e la condivisione delle competenze acquisite con l’Italia potrebbero portare alla produzione congiunta di un vaccino. Il tema è emerso durante il webinar “Vaccini: il modello Israele contro l’emergenza Covid”, organizzato dall’Intergruppo parlamentare Italia-Israele, in collaborazione con l’ambasciata di Israele a Roma. L’evento ha visto gli interventi dell’ambasciatore di Israele a Roma, Dror Eydar, del responsabile della task force anti-Covid del Maccabi Healthcare Services, Arnon Shahar, del Senatore Lucio Malan (Forza Italia), presidente dell’intergruppo parlamentare Italia-Israele, e dell’onorevole Marco di Maio (Italia Viva). In apertura dei lavori, l’ambasciatore Eydar ha ricordato la promozione della “collaborazione scientifica tra istituti di ricerca israeliani e istituzioni italiane”. La scorsa primavera “è stato firmato un memorandum d’intesa tra l’Istituto di Biologia di Ness Ziona e il Careggi Medical Center di Firenze, e so che è in corso un dialogo proficuo tra gli scienziati delle due istituzioni, sullo sviluppo di farmaci per il coronavirus”, ha proseguito il diplomatico.


Il dialogo tra Italia e Israele per condividere esperienze nella lotta al coronavirus va avanti da circa nove mesi, attraverso incontri settimanali di aggiornamento tra i ministeri della Salute dei due Paesi, ha detto Eydar, sottolineando che “è utile per imparare gli uni dagli altri”. La nuova frontiera della collaborazione bilaterale nella lotta al Covid-19 potrebbe riguardare anche lo sviluppo di un nuovo vaccino. A tal proposito l’ambasciatore Eydar ha affermato: “In Israele si sta lavorando a sviluppare un vaccino, e speriamo che sia disponibile entro l’estate. È mia intenzione proporre al Governo italiano di partecipare alla fase finale dello sviluppo di questo vaccino”. Nel prossimo futuro, Israele sarebbe lieto di “condividere le informazioni con il nuovo governo sia per quanto riguarda i vaccini, sia su come uscire dalla crisi economica che sta colpendo tutti noi sulla scia della pandemia”. “Vogliamo anche promuovere il programma ‘Green Passport’ per l’ingresso in Italia di persone vaccinate in Israele e viceversa, senza necessità di isolamento. Abbiamo varie idee al riguardo”, ha aggiunto.

Israele è stato uno dei pochi Paesi al mondo in cui la questione dei vaccini è stata spinta e gestita personalmente dal primo ministro, Benjamin Netanyahu, che durante i numerosi colloqui con il Ceo di Pfizer, Albert Bourla, “ha ottenuto milioni di vaccini”, ha proseguito il diplomatico. “Crediamo che questa sia anche la chiave per una ripartenza più rapida dell’economia israeliana – ha aggiunto -. Ma non basta ottenere i vaccini. Bisogna anche sapere come distribuirli in modo efficace”. La presenza in Israele di una rete di fornitori di servizi sanitari, chiamate “casse malattia”, sparse in ogni parte del Paese ha consentito di somministrare rapidamente il vaccino. “Israele eccelle nella digitalizzazione del sistema sanitario (a tal proposito, abbiamo proposto questi sistemi anche in Italia), quindi è facile convocare i cittadini per farli vaccinare, e anche seguirli per il richiamo, e ottenere ulteriori dati”, ha chiarito il diplomatico. Fino a ieri in Israele, erano state somministrate circa 9.340.000 dosi di vaccino, di cui circa 4.178.000 come seconda dose. “Sono numeri enormi, in proporzione alla popolazione che vive in Israele. Siamo circa 9,3 milioni di abitanti”, ha ricordato l’ambasciatore. La ricetta di Israele, contraddistinta da vaccini e restrizioni “sta portando risultati, con tutti i dati sulla epidemia in diminuzione e l’economia in lenta ripresa”, ha concluso.

La campagna di vaccinazione in Israele, avviata lo scorso 20 dicembre, ha consentito di inoculare la prima dose del vaccino a oltre 5,1 milioni di persone, quindi oltre il 50 per cento della popolazione. Il Paese è uscito dall’ennesimo lockdown poco più di due settimane fa, dopo la diffusione della cosiddetta terza ondata. Oggi, “nonostante la riapertura, l’indice di contagio (Rt) è allo 0,76, dopo la terza ondata”, ha dichiarato Arnon Shahar, responsabile della task force anti-Covid del Maccabi Healthcare Services. “Dopo la seconda ondata l’indice Rt era a 1,1”, ha spiegato l’esperto, evidenziando l’efficacia delle vaccinazioni. Nel frattempo, infatti, sono stati riaperti, nelle ultime due settimane, i ristoranti per vaccinati e guariti. Per quanto riguarda i ricoverati, “tutti i pazienti attaccati ai macchinari Ecmo non sono stati vaccinati”, ha spiegato il medico. Secondo l’esperto israeliano, il vaccino si è rivelato efficace anche sulle donne incinta. L’Italia, secondo Shahar, “sta subendo l’ondata di contagio che Israele ha vissuto 45 giorni fa”, lasciando intendere quale potrebbe essere l’andamento della pandemia.

Il punto di forza individuato da Shahar nella gestione delle vaccinazioni in Israele dipende dall’averla delegata alle cosiddetta “cassa mutua”, ovvero la rete capillare del Servizio sanitario nazionale. “All’inizio la gestione è stata affidata allo Stato, ma non funzionava”, ha spiegato, sottolineando l’importanza di gestire la vaccinazione con le strutture presenti sul territorio. Inoltre, l’utilizzo dell’infrastruttura esistente e dei sistemi elettronici e telefonici già sviluppati consente di “non dover inventare un sistema nuovo”. Shahar ha evidenziato anche l’importanza di centralizzare e uniformare la raccolta di informazioni provenienti dalle regioni in Italia sui dati. Nell’ottica di creare il cosiddetto “passaporto verde” e per evitare la falsificazione dei dati, “è importante sapere chi è stato vaccinato, se ha ricevuto una dose oppure due, se è risultato positivo”.

La raccolta di informazioni a livello centrale da parte del ministero della Salute consente, secondo Shahar, di non disperdere dosi. Potrebbe accadere, infatti, che una persona prenotata per ricevere la dose di vaccino un determinato giorno non possa vaccinarsi perché nel frattempo, ad esempio, si è contagiata, oppure non vuole più vaccinarsi. Pertanto, il medico israeliano ha suggerito di creare una sorta di “panchina” con soggetti vulnerabili che possono essere convocati rapidamente e ricevere il vaccino. Infine, a proposito dell’efficacia dopo 14 giorni dalla seconda dose del vaccino Pfizer in Israele, è emersa una capacità di prevenire lo sviluppo della malattia sintomatica severa e la mortalità del 94-98 per cento. “Sono numeri strepitosi”, ha evidenziato Shahar. Infine, in merito al dibattito nato sulla correlazione tra decessi e somministrazione del vaccino Astra-Zeneca, l’esperto ha chiarito: “Non ci possiamo aspettare che non ci siano effetti collaterali. Non ci dobbiamo spaventare per un effetto collaterale. Bisogna basarsi su numeri, sulla scienza”.

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