Le proteste in Iran dovrebbero essere “ascoltate e siamo sempre determinati ad ascoltare le parole degli studenti”, ma “la protesta è diversa dalla rivolta”. Lo ha dichiarato il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, intervenendo oggi alla cerimonia della Giornata dello studente, organizzata mentre nel Paese proseguono le proteste iniziate lo scorso 16 settembre dopo la morte della 22enne curda, Mahsa Amini, deceduta a Teheran a seguito del suo arresto da parte della polizia morale iraniana per non aver indossato il velo in modo corretto. “La protesta porta alla riforma, mentre la rivolta porta alla distruzione e alla disperazione”, ha aggiunto il presidente iraniano. Il presidente ha affermato che le università sono “gruppi di riflessione e centri di consulenza” e ha chiesto di espandere le relazioni tra gli atenei e il governo, invitando gli studenti a risolvere i problemi.
“Considero la comunicazione con gli studenti un onore e una grande opportunità per beneficiare delle opinioni delle élite”, ha sottolineato Raisi. Il presidente iraniano, ha incolpato gli Stati Uniti e ha affermato che “gli statunitensi americani cercano la distruzione e vogliono creare un Iran distrutto invece di un Iran forte”. “Vogliono che l’Iran diventi come la Siria e l’Afghanistan, ma hanno fatto un errore di calcolo, e gli uomini e le donne iraniane istruite non permetteranno loro di farlo”, ha affermato Raisi. “Gli Stati Uniti pensavano che il Paese avrebbe smesso di progredire”, ha aggiunto Raisi. Il presidente iraniano ha sottolineato che l’Iran è riuscito a comunicare e ad avere relazioni con i Paesi vicini pur senza divenire membri del Gafi (Gruppo di azione finanziaria). “Voi tutti avete visto che è stato attivato il nostro collegamento con i Paesi della regione e le sue organizzazioni come la Conferenza per cooperazione di Shanghai (Sco) e l’Unione economica euroasiatica (Eeu)”, ha affermato il presidente iraniano.
La Giornata nazionale dello studente segna l’anniversario dell’assassinio di tre studenti dell’Università di Teheran il 7 dicembre 1953, da parte della polizia iraniana durante il regno dello shah Mohammad Reza Pahlavi. Ogni anno vengono organizzate manifestazioni nazionali per onorare l’occasione. Intanto, nonostante la violenta repressione delle proteste costate già almeno 470 morti e oltre 18.000 arresti, proseguono le manifestazioni un tutto il Paese. Secondo i video diffusi dal portale vicino all’opposizione “Iran International” diverse manifestazioni sono state organizzate in vari quartieri e sobborghi della capitale Teheran tra cui Pars, Sattarkhan, Ekbatan e Majidie. Altre proteste sono avvenute nella città di Karaj, nella provincia di Alborz a nord est di Teheran, e Sanandaj nella provincia del Kurdistan iraniano.
Nel frattempo, il Consiglio di coordinamento delle organizzazioni sindacali delle organizzazioni culturali iraniane, ha denunciato l’arresto di Priya Faramarezi, una studentessa di 16 anni che sarebbe detenuta nel carcere di Shiraz. In una dichiarazione, più di 40 professori dell’Università di Teheran hanno chiesto il rilascio immediato e incondizionato di Hamid Pourazri e di altri professori, studenti e artisti imprigionati.
Il canale Telegram “United Students” ha invece riportato il rapimento di tre studenti dell’Università Khaje Nasir nei pressi della stazione della metropolitana Mirdamad. In seguito alla repressione del movimento studentesco, il gruppo di hacker “Barandazan” ha annunciato l’hacking di centinaia di siti web di diverse università iraniane e dei loro siti affiliati e ha promesso di pubblicare presto otto gigabyte di informazioni scaricate, ad eccezione dei documenti personali degli studenti.
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