“Armiamoci e andiamo ad ammazzare quel figlio di …”, “ti auguro di morire male”, “non vedo l’ora che ci sia il tuo funerale”, oppure “pezzo di … ti voglio vedere morto”. È su frasi di questo tenore rivolte via web al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la primavera scorsa quando le restrizioni Covid si facevano sempre più stingenti, che gli investigatori della polizia postale hanno indagato per risalirne agli autori. Frasi gravissime e tali che per innescare le indagini non è stato necessario una denuncia da parte degli interessati, ma che ha visto gli inquirenti muoversi in autonomia ipotizzando il reato di offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato.
Centinaia di messaggi “postati”, passati al setaccio e rivolti, non solo presidente Mattarella, massima carica dello Stato, ma anche ai vertici di altre istituzioni, hanno permesso agli investigatori coordinati dalla procura di Roma di “uscire dal web” e procedere, dalle prime ore di questa mattinata con personale della polizia postale e delle Digos territorialmente competenti, a 10 perquisizioni personali, locali e informatiche, delegate dalla Procura della repubblica di Roma. Dieci indagati, quindi, soggetti residenti in varie località del territorio nazionale, che avrebbero avuto un ruolo significativo nella campagna d’odio contro le istituzioni. L’attività di approfondimento investigativo, coordinata dalla procura Capitolina e condotta dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione, dal Servizio della polizia postale e delle comunicazioni e dalla Digos di Roma ha consentito di acquisire rilevanti indizi nei confronti degli odierni indagati.
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