L’Eritrea ha iniziato a ritirare le sue truppe dalla regione del Tigrè, in Etiopia, dopo sette mesi di conflitto. Lo ha annunciato la portavoce del primo ministro Abiy Ahmed, Billene Seyoum, nel corso di un briefing con la stampa tenuto oggi ad Addis Abeba. La decisione è stata presa dopo una richiesta ufficiale da parte del governo etiope, ha aggiunto. Il ritiro delle truppe eritree dal Tigrè, la cui presenza era stata a lungo negata sia dal governo di Addis Abeba che da quello di Asmara, era stato annunciato nei mesi scorsi dal premier Ahmed in occasione di una sua visita in Eritrea, tuttavia finora non vi sono state evidenze di un effettivo ritiro mentre si sono moltiplicate le denunce di presunte atrocità commesse dai militari eritrei con la complicità di quelli etiopi. Il mese scorso tre militari etiopi sono stati condannati per stupro e uno per l’omicidio di un civile nella regione del Tigrè. Lo ha annunciato in una nota il portavoce dell’ufficio del procuratore generale, Awol Sultan, aggiungendo che altri 28 militari sono andati a processo per l’omicidio di civili e 25 per atti di violenza sessuale e stupro.
I pubblici ministeri militari e federali dell’Etiopia, si legge nella dichiarazione, stanno anche indagando su altri casi di presunti crimini, compresi quelli avvenuti nella città di Axum, dove a febbraio Amnesty International ha affermato che le truppe eritree vi hanno ucciso centinaia di civili fra il 28 e il 29 novembre scorsi e ha denunciato possibili crimini contro l’umanità. “L’inchiesta indica che un totale di 110 civili sono stati uccisi in quelle date dalle truppe eritree” ad Axum, di cui 40 in raid interni, si legge nel comunicato che contrasta nettamente con quanto affermato nelle scorse settimane dallo stesso ufficio, ovvero che la “grande maggioranza” delle vittime erano combattenti del Fronte di liberazione del popolo del Tigrè (Tplf) senza uniforme. La dichiarazione, al contrario, sostiene che solo “alcuni di questi individui potrebbero essere stati combattenti irregolari”. I sospetti nell’indagine in corso su Axum saranno presto identificati, conclude il comunicato, senza fornire dettagli sul livello di cooperazione dell’esercito eritreo, le cui truppe sono accusate delle uccisioni.
Sia l’Etiopia che l’Eritrea hanno per mesi negato la presenza di militari eritrei nel Tigrè, nonostante molteplici testimonianze oculari, fino a quando nel marzo scorso l’ammissione è arrivata da parte del primo ministro Abiy Ahmed. Il governo dell’Etiopia è stato sottoposto a crescenti pressioni per dimostrare la propria responsabilità mentre le notizie sulle atrocità nel Tigrè si moltiplicano e nelle scorse settimane gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni ai visti per i funzionari etiopi ed eritrei accusati di aver commesso atrocità nella regione del Tigrè. Lo ha annunciato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, sottolineando che è necessaria un’azione internazionale per aiutare a risolvere la crisi e affermando che le persone coinvolte non hanno intrapreso passi significativi per porre fine alle ostilità. Oltre alle restrizioni ai visti, le sanzioni includono limiti all’assistenza economica e umanitaria in settori come la salute, l’alimentazione e l’istruzione. L’Unione europea, da parte sua, ha sospeso i pagamenti del sostegno al bilancio a causa delle notizie di brutali stupri di gruppo, uccisioni di massa di civili e saccheggi diffusi commessi dalle forze etiope ed eritree. Il conflitto nel Tigrè è scoppiato più di sei mesi fa tra il governo federale e il Tplf), il partito politico che in precedenza governava nella regione. Alcuni giorni dopo l’inizio dei combattimenti, le forze della vicina regione dell’Amhara a sud e dell’Eritrea a nord hanno inviato truppe per sostenere i soldati etiopi.
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