In India la Corte d’assise di Nuova Delhi ha concesso la libertà su cauzione a Disha Ravi, l’attivista per l’ambiente arrestata il 13 febbraio nell’ambito dell’inchiesta sul “toolkit”, il documento condiviso su Twitter contenente indicazioni per la mobilitazione degli agricoltori contro tre leggi di riforma del commercio agricolo approvate a settembre.
La spiegazione del giudice
“Considerando le scarse e imprecise evidenze registrate, non trovo alcuna ragione tangibile per violare la regola generale della cauzione contro una giovane donna di 22 anni, con la fedina penale immacolata e solide radici nella società, e mandarla in prigione”, ha spiegato il giudice Dharmender Rana. Sono state stabilite due garanzie, di centomila rupie (1.139 euro) ciascuna. Il 14 febbraio il Tribunale di Patiala, uno dei tribunali distrettuali di Nuova Delhi, aveva stabilito una custodia di cinque giorni. Lo stesso Tribunale il 19 febbraio ha deciso una proroga di tre giorni e ieri di un altro. Secondo la denuncia della polizia della capitale indiana che ha portato all’arresto di Ravi, tra i fondatori del gruppo Fridays For Future India, il documento avrebbe contribuito a scatenare i disordini del 26 gennaio a Nuova Delhi, quando la marcia dei trattori organizzata dagli agricoltori è degenerata in violenza.
Ai creatori del “toolkit” viene attribuita la volontà di portare avanti una “guerra sociale, culturale ed economica contro il governo indiano”, in particolare mediante un “digital strike”, un “tweet storm” e azioni fisiche vicino ad ambasciate, uffici governativi e sedi di aziende. La denuncia del nucleo crimini informatici poggia su diverse e gravi ipotesi di reato contemplate nel Codice penale indiano: sedizione (Sezione 124A), provocazione volontaria di rivolta (153), promozione dell’inimicizia tra gruppi differenti (153A) e associazione per delinquere (120B). Il documento citato dalla polizia è un Google Docs, è stato condiviso, e poi rimosso, anche dall’ambientalista svedese Greta Thunberg, condivisione che ha contribuito a portare il caso sotto i riflettori.
Tensioni in India, arresti tra gli attivisti
Con le stesse accuse sono stati emessi mandati di arresto contro altri due attivisti per l’ambiente: Nikita Jacob, 29 anni, e Shantanu Muluk, 31 anni, entrambi del Maharashtra. La prima esercita la professione di avvocato a Mumbai; il secondo è un ingegnere aerospaziale di Beed, ma sei mesi fa ha lasciato il lavoro, ed è tra i fondatori del gruppo Extinction Rebellion (Xr) India, di cui fa parte anche Jacob. Entrambi hanno ottenuto dall’Alta corte di Bombay la libertà su cauzione preventiva: il 16 febbraio il giudice Vibha Kankanwadi l’ha concessa a Muluk per dieci giorni e il 17 febbraio il giudice P.D. Naik l’ha concessa a Jacob per tre settimane. La polizia di Nuova Delhi ha chiesto alla piattaforma di videoconferenze Zoom dettagli riguardo a una riunione dell’11 gennaio organizzata per preparare il documento. Secondo la polizia la riunione fu organizzata dalla Poetic Justice Foundation (Pjf), un gruppo ritenuto a favore del movimento per il Khalistan, i cui sostenitori aspirano a una patria sikh. I partecipanti sarebbero stati una settantina, tra i quali Jacob e Muluk. I due attivisti sarebbero stati contattati da Mo Dhaliwal, fondatore della Pjf, attraverso una donna identificata come Punit che si trova in Canada.
La protesta degli agricoltori indiani contro le tre leggi di riforma – che insieme puntano a ridurre le barriere e limitare il potere degli Stati di determinare piazze commerciali e prezzi per creare un mercato nazionale unico – è in corso da mesi. Partita dal Punjab, “granaio dell’India” e Stato a maggioranza sikh, è giunta alle porte di Nuova Delhi il 26 novembre 2020, dove si sono accampati migliaia di manifestanti. La contestazione è stata portata avanti con scioperi, scioperi della fame e, da ultimo, il 26 gennaio, la marcia dei trattori nella capitale, sfociata in disordini. Nel frattempo i delegati sindacali e quelli governativi si sono incontrati undici volte, l’ultima il 22 gennaio, senza arrivare a un accordo. Gli agricoltori, che temono di perdere potere contrattuale e di essere costretti ad abbassare i prezzi, chiedono l’abrogazione delle leggi, mentre l’esecutivo è disposto a concedere emendamenti. La questione è finita davanti alla Corte suprema che il 12 gennaio ha sospeso l’attuazione delle tre leggi e ha istituito un comitato incaricato di ascoltare le parti e formulare raccomandazioni.
In questo contesto la battaglia si è accesa anche sui social network. Il 30 gennaio il governo indiano ha inviato a Twitter una lista di 257 profili da bloccare in relazione all’hashtag #farmer genocide (genocidio degli agricoltori), che per la maggior parte sono stati bloccati solo temporaneamente, e in seguito un altro elenco di 1.178 account per presunti legami con sostenitori del Pakistan o gestiti da simpatizzanti del Khalistan, la patria sikh cui aspira un movimento indipendentista. Inoltre, il 3 febbraio, dopo tweet di solidarietà di alcune celebrità, tra le quali Greta Thunberg e Rihanna, il ministero degli Esteri ha emesso un comunicato sui “commenti di individui ed entità stranieri” in cui ha sostenuto, tra l’altro, che “gruppi di interessi acquisiti stanno tentando di portare avanti la loro agenda su queste proteste e di sviarle” e che ciò è stato dimostrato dai disordini di Nuova Delhi. “Alcuni di questi gruppi di interessi acquisiti hanno anche cercato di mobilitare il sostegno internazionale contro l’India”, ha accusato il dicastero, assicurando che “le forze di polizia indiane hanno gestito queste proteste con la massima moderazione” mentre “centinaia di uomini e donne in servizio nella polizia sono stati fisicamente attaccati”.
Il 10 febbraio il sito di Twiiter India ha reso noto che dal 26 gennaio il team globale ha assicurato un’attività 24 ore su 24 per l’attuazione delle Regole Twitter e ha preso provvedimenti contro “centinaia di account” che le hanno violate, prevenuto la comparsa nelle Tendenze dei termini in violazione alle Regole, sospeso più di 500 account e contrastato la disinformazione. Riguardo alle richieste legali del governo indiano, Twitter ha riferito di aver ricevuto nell’arco di dieci giorni diverse notifiche dal ministero in base alla Sezione 69A dell’Information Technology Act, e di aver ottemperato a due con blocchi temporanei di account, per poi ricevere una notifica di non conformità. Twitter ha precisato di aver “ridotto la visibilità degli hashtag con contenuti nocivi”, impedendo che comparissero nelle Tendenze; di aver attuato “azioni di contrasto – compresa la sospensione permanente in certi casi – contro più di 500 account” e di aver mantenuto una parte degli account segnalati negli ordini di blocco oscurati all’interno dell’India ma disponibili al di fuori. Twitter si è infine impegnata a mantenere un rispettoso dialogo col governo indiano e a continuare a sostenere il diritto alla libertà di espressione. A questo proposito ha invitato anche a consultare il Rapporto sulla trasparenza e il database Lumen per valutare come Twitter opera a livello globale in merito alle richieste dei governi.
Nella stessa giornata il sottosegretario del ministero dell’Elettronica e delle tecnologie informatiche dell’India, Ajay Prakash Sawhney, ha avuto ieri un colloquio in videoconferenza con i vicepresidenti di Twitter Monique Meche e Jim Baker, responsabili rispettivamente delle politiche globali e degli affari legali. Sawhney, ha riferito una nota del suo ministero, ha premesso che l’India tutela la libertà di espressione nella sua Costituzione, ma che tale libertà non è assoluta come la stessa carta costituzionale riconosce; ha anche assicurato che il Paese è aperto alle imprese e osservato che Twitter è cresciuta in modo significativo negli ultimi anni e ha affermato che “Twitter, come ogni entità imprenditoriale che opera in India deve rispettare le leggi e le istituzioni democratiche indiane”. “Twitter è libera di formulare le proprie regole e linee guida, come fa ogni altra entità d’impresa, ma le leggi indiane che sono approvate dal Parlamento dell’India devono essere seguite indipendentemente dalle proprie regole e linee guida”, ha proseguito il rappresentate del ministero, esprimendo disappunto per la mancata risposta della compagnia all’ingiunzione di Nuova Delhi di rimuovere un “hashtag incendiario e infondato” usato per diffondere “disinformazione”. Disappunto è stato espresso anche per la diversa condotta tenuta da Twitter in questa vicenda rispetto a quanto avvenuto dopo i fatti di Washington del 6 gennaio. Oltre all’hashtag, Nuova Delhi ha lamentato la divulgazione sulla piattaforma del “toolkit”. “Gli ordini approvati legalmente sono vincolanti per qualsiasi entità aziendale. Devono essere eseguiti immediatamente. Se vengono eseguiti giorni dopo, diventano privi di significato”, prosegue il comunicato. Il governo indiano ha dunque espresso dubbi sull’impegno alla trasparenza di Twitter, dato che “consente che siano attivi account falsi, non verificati, anonimi e automatizzati”.