Non si fermano le proteste contro la riforma del sistema giudiziario in Israele, dove il governo potrebbe rallentarne la modifica. La polizia di Israele ha fermato almeno 87 persone oggi a Tel Aviv e nelle altre principali città per aver manifestato e bloccato la circolazione sulla principale arteria del Paese, Ayalon, per circa due ore, nel quadro delle proteste contro le decisioni del governo di modificare il sistema giudiziario.
Intanto, l’ufficio stampa del governo ha annunciato che il primo ministro, Benjamin Netanyahu, e il ministro della Difesa, Yoav Gallant, parleranno questa sera alla popolazione. Secondo quanto riferito dall’emittente “Channel 12”, il ministro della Difesa dovrebbe chiedere al governo di cui fa parte di fermare la legge di riforma giudiziaria che ha provocato un ampio dissenso tra la popolazione e tra l’opposizione per timore che possa limitare l’autonomia del potere giudiziario. In precedenza, il portale del quotidiano israeliano “Yedioth Ahronoth” ha riferito che Gallant ha messo in guardia dal fatto che la riforma starebbe mettendo in pericolo la deterrenza dell’apparato militare israeliano e i legami con gli alleati. Nelle ultime settimane, i riservisti hanno minacciato di non presentarsi se richiamati, mettendo in difficoltà il funzionamento del sistema della Difesa nel caso di una minaccia militare.
L’ipotesi di uno stop alla riforma giudiziaria sembra non piacere ad alcuni membri della coalizione di governo, che hanno minacciato di far cadere l’esecutivo. Il ministro delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, si è schierato contro ogni possibile compromesso o blocco della legislazione sulla revisione giudiziaria. In una dichiarazione, Karhi ha affermato di essere “fermamente contrario” a qualsiasi blocco della legge. “Un passo così vergognoso dai nostri impegni porterà all’intensificarsi della protesta, all’arresto di ogni ulteriore iniziativa che vorremmo promuovere in qualsiasi campo, e alla fine allo scioglimento del governo e dell’ascesa di un nuovo governo disastroso che sarebbe il peggiore che abbiamo mai visto”, ha affermato. Da parte sua, il ministro della Diplomazia pubblica, Galit Distel Atbaryan, ha invitato tutti i membri del Likud, guidato da Netanyahu, che sostengono l’interruzione della legislazione sulla revisione giudiziaria a dimettersi. “Tutti i parlamentari del Likud che intendono fermare la legge sono invitati a dimettersi. Preferibilmente oggi, meglio ancora se è adesso”, ha scritto su Twitter. Infine, il partito religioso Shas ha ribadito che sosterrà qualsiasi decisione di Netanyahu.
Sulla situazione interna del Paese è intervenuta anche la moglie del primo ministro, Sara Netanyahu, che ha invitato le parti a “calmare le acque e lavorare insieme per un accordo più ampio tra la popolazione israeliana”. La moglie del primo ministro è vista da parte della popolazione israeliana e dai media come una persona in grado di influenzare le scelte del marito. Alcune settimane fa, i manifestanti si sono riuniti fuori dal parrucchiere dove si trovava la donna costringendola a uscire scortata. “Chiedo ai leader dell’opposizione, la maggior parte dei quali si è astenuta dal condannare il grave incidente di Tel Aviv contro di me, di denunciare la violenza contro di me e contro personaggi pubblici prima che sia troppo tardi”, ha affermato Sara in un comunicato stampa. La moglie del premier ha chiesto alle forze dell’ordine di agire con “tutti i mezzi” contro coloro che infrangono la legge, anche se osserva che “un piccolo gruppo di anarchici violenti” non rappresenta tutti i manifestanti antigovernativi.
Intanto, questa sera sono previste manifestazioni antigovernative nella città a maggioranza ultraortodossa di Bnei Brak, a est di Tel Aviv. Al riguardo, il presidente Isaac Herzog ha invitato a “prevenire la violenza”. C’è il timore tra gli organi di sicurezza che le manifestazioni possano innescare conflitti con la gente del posto, molti dei quali sostengono i partiti della coalizione che sostengono la controversa legislazione giudiziaria.