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In Gabon l’ottavo golpe africano dal 2020, cade un altro prezioso alleato della Francia

Parigi ha già visto danneggiati o minacciati i propri interessi in Mali, in Guinea, in Burkina Faso, in Ciad e in Niger

Libreville
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Cade un altro tassello della “Francafrique” con il colpo di Stato in Gabon, dove alle prime ore di mercoledì 30 agosto un gruppo di militari ha annunciato la deposizione del presidente Ali Bongo Ondimba, prezioso alleato di Parigi al potere da 14 anni. Poco dopo l’ufficializzazione da parte della commissione elettorale della conquista di un secondo mandato presidenziale per Ali Bongo, con il 64,2 per cento dei voti raccolti in occasione delle consultazioni del 26 agosto, una decina di ufficiali in divisa militare è intervenuto sulla televisione nazionale per annullare l’esito del voto e proclamando la deposizione di Bongo. “In nome del popolo gabonese, abbiamo deciso di difendere la pace ponendo fine al regime in vigore”, ha dichiarato uno dei militari senza identificarsi, comunicando inoltre la chiusura delle frontiere e la sospensione delle istituzioni, incluse l’esecutivo, la Corte costituzionale e la commissione elettorale. Le forze di sicurezza, le cui divise permettono di identificare membri della Guardia presidenziale, dell’esercito regolare e della polizia, hanno quindi affermato la volontà di “rispettare i nostri impegni nei confronti della comunità nazionale e internazionale”, aggiungendo di aver costituito un “Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni” (Ctri), nome sotto il quale d’ora in avanti saranno riconosciute.


In un secondo messaggio diffuso in mattinata, i militari hanno annunciato che il presidente Ali Bongo è tenuto “agli arresti domiciliari” insieme al suo figlio maggiore, Noureddin Bongo Valentin, braccio destro del presidente che negli anni è stato implicato in diversi casi giudiziari, accusato, tra le altre cose, di corruzione, riciclaggio di denaro e perfino di un tentativo di stupro ai danni di una giovane inglese. I militari hanno precisato che con lui sono stati fermati il capo di gabinetto Ian Ghislain Ngoulou ed il suo numero due, Abdul Mohamed Ali Saliou, un altro consigliere presidenziale, Abdul Hosseini, e il portavoce presidenziale nonché vicepresidente del Partito democratico gabonese (Pdg) di Bongo, Jessye Ella Ekogha. Tutti – ha fatto sapere il militare – dovranno rispondere di “alto tradimento contro le istituzioni dello Stato, appropriazione indebita di fondi pubblici, traffici finanziari internazionali con la malavita organizzata, falso, corruzione e traffico di droga”. Il video di un preoccupato Ali Bongo è quindi circolato a stretto giro sui social, con il capo dello Stato che ha confermato di essere nella sua residenza a Libreville e ha chiesto “a tutti i Paesi amici del mondo” di “fare rumore” sugli avvenimenti gabonesi. “Non so che cosa succederà”, ha detto il presidente, aggiungendo di non sapere dove sono al momento detenuti la moglie ed il figlio. Voci, poi smentite, erano circolate in precedenza su una sua fuga in Marocco in vista del golpe.

Preoccupazione per gli eventi in corso a Libreville è stata manifestata dalla politica e dalle compagnie private francesi, in primis TotalEnergies – pronta ad assicurare la tutela della sicurezza dei dipendenti – e il gruppo minerario Eramet. La compagnia ha prontamente sospeso tutte le attività e fermato le linee ferroviarie collegate alle due filiali del gruppo Comilog e Setrag, attività che in Gabon danno lavoro a circa 8 mila persone. Dalla Francia è giunta la condanna dell’azione di forza ed il portavoce de governo, Olivier Veran, ha chiesto che “il risultato elettorale, quando sarà conosciuto, venga rispettato”, mentre il leader della sinistra francese Jean-Luc Melenchon ha scritto su X (l’ex Twitter) che il Gabon “è riuscito a liberarsi del suo fantoccio presidenziale solo grazie all’intervento dei suoi militari”, e che il presidente francese Emmanuel Macron, “ancora una volta, avrà compromesso la Francia sostenendo l’insopportabile fino alla fine”. Un invito alla prudenza è arrivato dalla Farnesina, che per voce del ministro degli Esteri Antonio Tajani ha fatto sapere che gli oltre 150 italiani presenti in Gabon sono al sicuro e possono contare sul lavoro dell’ambasciata d’Italia a Libreville e dell’unità di crisi. La Cina, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, ha invitato “le parti coinvolte” nei fatti gabonesi a garantire la sicurezza del presidente Ali Bongo. Pechino “segue da vicino l’evoluzione della situazione in Gabon e invita le parti interessate ad agire nell’interesse del popolo gabonese” per un “immediato ritorno” all’ordine costituzionale, ha dichiarato Wang.

Quello in Gabon è l’ottavo colpo di Stato avvenuto da tre anni a questa parte in ex colonie africane della Francia, che ha già visto i propri interessi danneggiati o minacciati in Mali, in Guinea, in Burkina Faso, in Ciad e in Niger. Il Paese ha anche una sua rilevanza economica e strategica. E’ il quinto produttore di greggio in Africa, è membro dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec), vanta vaste risorse naturali (in particolare gas naturale, diamanti, uranio, oro, ferro) e accoglie numerosi progetti petroliferi e minerari internazionali. C’è anche Eni, che è tornata in Gabon nel 2008 con sei contratti di esplorazione e che vende nel Paese lubrificanti tramite le società Diesel ed Ecig, attraverso contratti di distribuzione non esclusiva. Sebbene sia storicamente considerato nell’area d’influenza francese, il Gabon aveva tuttavia dimostrato negli ultimi anni la volontà di diversificare i propri interlocutori internazionali. Una direzione apparsa più chiara nel 2022, quando in occasione dell’invasione russa dell’Ucraina Libreville si è schierato alle Nazioni Unite fra i Paesi che non hanno formalmente condannato Mosca. Nel giugno successivo il Gabon è inoltre entrato nel Commonwealth insieme al Togo con l’obiettivo dichiarato di beneficiare dei vantaggi commerciali di tale adesione. Se al momento tra le folle festanti scese in strada a Libreville per celebrare la caduta di Ali Bongo non sono state segnalate bandiere russe o del gruppo Wagner, è possibile che l’evoluzione degli eventi spinga i militari ad un posizionamento anche sotto questo fronte. Anche il vicino Camerun – dove al potere c’è uno dei leader più longevi d’Africa, Paul Biya – ha concluso di recente un discusso accordo di difesa con Mosca.

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