Il primo ministro britannico, Boris Johnson, ha presentato alla Camera dei comuni l’ampiamente anticipata “Revisione integrata” della Difesa e della politica estera del Regno Unito. Johnson ha introdotto la revisione affermando che questa fosse necessaria per preparare il Regno Unito “a una realtà che cambia”, con un focus su una migliorata sicurezza interna e all’estero, ma allo stesso modo migliorando le capacità scientifiche e tecnologiche “per affrontare un mondo sempre più competitivo”. “Per essere aperti”, ha affermato Johnson, “dobbiamo anche essere sicuri, proteggere la nostra gente, la nostra patria e la nostra democrazia”, sostenendo di aver avviato il più grande programma di investimenti nella Difesa dalla fine della Guerra Fredda.
La revisione si basa su quattro temi principali: cambiamenti geopolitici, concorrenza sistemica, rapidi cambiamenti tecnologici e sfide transnazionali, come il cambiamento climatico e la pandemia. La Cina viene descritta come un “concorrente sistemico”, con il suo sistema autoritario in contrasto con i valori britannici e quelli delle altre democrazie liberali. Allo stesso tempo tuttavia viene riconosciuta come un importantissimo partner commerciale, soprattutto nell’ottica britannica di espandere i propri legami con l’area indo-pacifica dopo la Brexit. La revisione sottolinea inoltre come nuove pandemie siano possibili, e nuove epidemie causate da nuovi patogeni saranno sempre più probabili nel prossimo decennio, e come il Paese debba farsi carico di un “approccio più robusto in risposta al deterioramento della sicurezza globale” apportato da Paesi quali Russia, Cina e Iran. Da qui la necessità di migliorare la propria risposta a minacce provenienti dal “mondo fisico e da quello del cyberspazio”.
Nella revisione è inclusa la costruzione di una “situation room” in stile Casa Bianca all’interno degli uffici del governo di Whitehall, e un aumento dello stock delle testate nucleari Trident attualmente disponibili di oltre il 40 per cento. La revisione prevede inoltre la realizzazione di un nuovo centro per il coordinamento delle operazioni anti-terrorismo, con lo scopo di migliorare i tempi di risposta agli incidenti di questo tipo, e l’impegno del governo di tornare a spendere lo 0,7 per cento del Pil in aiuti umanitari, dato quest’anno tagliato allo 0,5 per cento a causa delle ingenti spese affrontate dal governo per sostenere l’economia durante la pandemia.
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