La Lega nazionale per la democrazia (Lnd) ha chiesto alle compagnie energetiche straniere che operano in Myanmar di interrompere qualsiasi forma di collaborazione con la giunta militare che ha preso il potere lo scorso primo febbraio. Lo si legge in una nota inviata dalla Commissione di rappresentanza dell’Assemblea dell’Unione (Crph), organismo istituito dal parlamento esautorato dopo il colpo di Stato, ai dirigenti della compagnia francese Total, della malese Petronas, della thailandese Ptt e della sudcoreana Posco. Il Myanmar incassa ogni mese circa 90 milioni di dollari dalla vendita di gas e petrolio, fondi che vengono raccolti quasi esclusivamente dalla Myanmar Oil and Gas Enterprise (Moge), azienda di Stato che ora è controllata dalla giunta militare. Nel comunicato, il Crph condanna le aziende straniere rimaste in silenzio dopo il golpe e dopo la violenta repressione dei manifestanti che finora ha provocato la morte di quasi 200 civili e l’arresto di altri 2 mila. Inoltre, l’organismo invita le stesse compagnie a non versare le tasse alle autorità birmane fino a quando non sarà ripristinato un governo democraticamente eletto. Il documento è firmato da Tin Tun Naing, ministro ad interim nominato dal Crph per la Pianificazione, le Finanze e l’Industria, secondo cui le compagnie straniere “rischiano di minare seriamente gli sforzi della popolazione per il ripristino della democrazia: la giunta militare sarà in grado di utilizzare quelle risorse per continuare a violare i diritti umani in Myanmar”.
Lo scorso primo febbraio, a poche ore dall’insediamento del nuovo parlamento emerso dalle contestate elezioni di novembre 2020, le forze armate hanno preso il potere arrestando la consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991, e il presidente Win Myint. Il parlamento sarebbe stato dominato dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld) e avrebbe visto una presenza risibile del Partito dell’unione per la solidarietà e lo sviluppo (Usdp), la forza politica appoggiata dai vertici militari. Secondo i generali, guidati da Min Aung Hlaing, le elezioni sarebbero state macchiate da brogli e irregolarità e le autorità civili non avrebbero fatto nulla per porre rimedio. Il colpo di Stato in Myanmar sembra tuttavia legato anche alla rivalità geopolitica tra Cina e India, con molti osservatori che nelle ultime settimane hanno accusato deliberatamente Pechino di aver favorito l’ascesa dei militari a causa della sua insoddisfazione per il governo di Aung San Suu Kyi in un Paese in cui la Repubblica popolare ha in corso importanti progetti infrastrutturali.
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