Papa Francesco ha invitato domenica le parti in conflitto in Siria a “deporre le armi” e “ricostruire il tessuto sociale”, in occasione del decimo anniversario della guerra. “Dieci anni fa iniziava il sanguinoso conflitto in Siria che ha causato una delle più grandi catastrofi umanitarie del nostro tempo, migliaia di morti e feriti, milioni di profughi e sfollati, migliaia di scomparsi, distruzioni e violenze di ogni genere e immani sofferenze”, dichiarato papa Francesco al termine della recita della preghiera dell’Angelus in Piazza San Pietro. “Rinnovo il mio appello alle parti in conflitto affinché manifestino segni di buona volontà perché possa aprirsi uno spazio di speranza per popolazione stremata”, ha dichiarato il Papa. Il pontefice, che la scorsa settimana ha condotto una storica visita nel vicino Iraq, ha auspicato un “impegno deciso” delle comunità internazionale “in modo che deposte le armi si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica” del Paese.
Secondo un rapporto diffuso oggi in occasione dell’anniversario della guerra civile, l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che il bilancio complessivo delle vittime del conflitto ha raggiunto 388.652 morti. Secondo l’organizzazione non governativa con sede a Londra, le cifre includono quasi 117.388 civili, tra cui oltre 22.000 bambini. Dal rapporto redatto dall’Osservatorio emerge che la maggioranza dei morti è avvenuta a seguito di attacchi dell’esercito governativo o delle milizie ribelli. Il precedente conteggio dell’Osservatorio era stato pubblicato a dicembre e si attestava a oltre 387.000 morti.
Il capo dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahman, ha riferito che il 2020 ha visto il numero di morti annuale più basso dall’inizio della guerra con poco più di 10.000 vittime. Le battaglie si sono ridotte tra il 2020 e il 2021 grazie al cessate il fuoco nel nord-ovest della Siria e l’attenzione si è concentrata maggiormente sul contenimento della pandemia di Covid-19. L’Osservatorio ha anche documentato almeno 16.000 morti nelle carceri governative e nei centri di detenzione dallo scoppio del conflitto nel 2011 dopo la brutale repressione delle proteste antigovernative. Tuttavia, il numero reale di morti potrebbe essere più alto, considerando che vi sarebbero almeno 88.000 persone morte sotto tortura nelle carceri governative. Dopo dieci anni di guerra, il governo di Damasco controlla oggi oltre il 60 per cento della Siria. Il restante 40 per cento del Paese vede la provincia di Idlib nel nord ovest sotto il controllo dei ribelli filo-turchi, le aree controllate direttamente dalla Turchia nella parte centro settentrionale del Paese, mentre nel nord est figurano le province sotto il controllo delle forze curde sostenute dagli Stati Uniti.
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