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Il nucleare nell’era della transizione energetica: Simposio il 5 ottobre a Roma

L'evento durerà una giornata e sarà strutturato in due parti: al mattino gli interventi che approfondiranno gli aspetti scientifici e tecnologici con esperti internazionali, nel pomeriggio dibattito sul contesto italiano

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“Il ruolo del nucleare nell’era della transizione energetica”: sarà questo il tema del Simposio – che si terrà presso il Rome Advanced District (ROAD) al Gazometro di Roma Ostiense – e che nasce dalla collaborazione tra Massachusetts Institute of Technology(Mit)-Industrial Liaison Program (Ilp), il Politecnico di Milano e l’Energy Center del Politecnico di Torino. Il Simposio durerà una giornata e sarà strutturato in due parti: al mattino gli interventi che approfondiranno gli aspetti scientifici e tecnologici con esperti internazionali, mentre nel pomeriggio si darà spazio al dibattito sul contesto italiano con approfondimenti sul ruolo dell’università e lo stato della Ricerca, sulla filiera industriale e sul contesto istituzionale.


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Tra il 1990 e il 2019 la domanda di elettricità è raddoppiata e si prevede che raddoppierà nuovamente entro il 2050. Almeno l’80 per cento della generazione di elettricità mondiale dovrà essere a basse emissioni di carbonio entro il 2050 per avere una possibilità realistica di mantenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi °C rispetto ai livelli preindustriali. L’energia nucleare è una fonte di energia abbondante e densa, non emette gas clima alteranti ed è in grado di fornire, soprattutto oggi, soluzioni sicure, flessibili, resilienti, sostenibili ed economicamente vantaggiose per supportare le attività produttive, promuove l’equità energetica, la sicurezza degli approvvigionamenti e contribuire alla mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Sfruttare questa forma di energia per scopi pacifici è stata una delle conquiste scientifiche e tecnologiche più importanti del XX secolo. Ha portato benefici alla medicina, alla sicurezza e all’energia. Eppure, dopo alcuni decenni di rapida crescita, gli investimenti nell’energia nucleare sono in fase di stallo in molti paesi sviluppati. Oggi, il panorama è evoluto in modo significativo a causa di fattori quali i progressi tecnologici, la sicurezza energetica, l’aumento dei costi energetici e l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico.

In particolare, l’Italia è stata un pioniere dell’energia nucleare civile e anche oggi, dopo la sua rinuncia, il Paese rimane all’avanguardia nei progressi tecnologici in questo campo. L’evento, di cui Agenzia Nova è media partner, attrarrà la partecipazione di numerosi stakeholders del settore energia e industria: Università, istituti di ricerca, business schools, industrie energivore, Associazioni di categoria, Agenzie nazionali, Autorità regolatorie, Istituzioni politiche locali e nazionali, società di consulenza, media.

Ricotti (Polimi): “Affrontare la questione senza slogan o pregiudizi”

 Il contributo che arriverà dal simposio sul nucleare ai tempi della transizione energetica, in programma il 5 ottobre a Roma, sarà quello di offrire un punto di vista “alternativo” sul nucleare, rispetto “al main stream comunicativo che è stato largamente predominante in Italia, sia al tempo di Chernobyl sia al tempo di Fukushima, lasciando parlare i ‘fatti’ ossia i dati”. Lo ha voluto rimarcare in un’intervista ad “Agenzia Nova” Marco Ricotti, professore ordinario di impianti nucleari al Politecnico di Milano, la cui aspettativa è proprio che su questo tema si possa “finalmente parlare in modo aperto, senza slogan e pregiudizi, evidenziando opportunità e sfide sul nucleare attuale e soprattutto futuro, nel breve, medio e lungo termine”. Questo “ascoltando i protagonisti direttamente coinvolti, a livello di formazione, ricerca, industria, ma anche chi non ‘vive’ di nucleare e che eppure avrà voce fondamentale in capitolo, come i politici e le associazioni. L’evento è una grande opportunità soprattutto culturale”. Parlando dell’apertura al nucleare del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, il professore ha chiarito che ancora non si può parlare di “progetti” operativi, quanto di una “piattaforma” per il nucleare sostenibile: “Siamo – ha sottolineato – in ambito di condivisione ed elaborazione, che raccoglie molti tra gli stakeholder italiani competenti sul nucleare, dalle imprese agli enti di ricerca, dalle università alle istituzioni alle associazioni”.

Ad ogni modo ”mi pare una iniziativa quanto mai opportuna, che giunge a valle di una espressione esplicita del Parlamento italiano attraverso l’approvazione a larga maggioranza di due mozioni, una della maggioranza di governo e l’altra proposta da una parte dell’opposizione, a favore della riconsiderazione di un possibile ruolo dell’energia nucleare nel mix energetico”. Si tratta, infatti, di esplicitare lo “stato dell’arte” nazionale in questo settore e di individuare quali passi, quali necessità e quali risorse saranno “da implementare per l’Italia, nel caso governo e Parlamento decidano di avviarsi sul percorso (non breve) che porta ad un ritorno al nucleare”. Lo stesso professore ha poi definito “utile” la collaborazione con gli istituti di ricerca come le Università: “Non più o meno importante di altri, ma assai utile” perchè negli atenei “si intercettano i desideri, gli interessi, i dubbi, i sogni dei giovani, ovviamente anche su questo tema assai delicato. E il nucleare richiede di perseguire un approccio prospettico, di lungo termine, anzitutto culturale prima che tecnico-scientifico. Una comunicazione, anzi meglio, una condivisione di notizie, conoscenze, dati, esperienze internazionali, con i giovani e con i cittadini in generale, è tra le mission degli atenei”. Infine, “sulla sicurezza del nucleare così come su molti altri aspetti socialmente sensibili: i rifiuti e i depositi, l’impatto ambientale, le strategie energetiche di una nazione e di un continente, il ruolo dell’industria e dell’innovazione”, ha concluso.

Monti (Ain): “Bene la piattaforma di Pichetto, è un passo importante”

La piattaforma sul nucleare lanciata dal ministro Pichetto Fratin ha il compito primario di analizzare differenti scenari energetici nazionali a breve, medio e lungo termine, per la prima volta considerando anche il contributo dell’energia nucleare. Lo ha ricordato in un’intervista ad “Agenzia Nova” il professor Stefano Monti, presidente dell’Associazione italiana nucleare (Ain), convinto che la decisione del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica sia comunque “un passo molto importante” verso il possibile ritorno al nucleare in Italia. Ma “occorre chiarire che, coerentemente a quanto raccomandato dalle agenzie internazionali quali ad esempio la Iaea, prima di una decisione finale su un programma nucleare di tipo realizzativo è necessario prima di tutto consolidare una posizione nazionale. Questo per evitare stop and go che sarebbero deleteri e costosi per il Paese”: Ad ogni modo, gli scenari presi in esame dalla piattaforma, dovranno essere “la base per la finalizzazione del Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) da sottomettere in via definitiva all’Ue in giugno 2024. Inoltre la piattaforma dovrà analizzare lo stato delle infrastrutture di base – materiali e immateriali – per un programma nucleare nazionale, individuare i gap fra lo stato attuale e quello atteso e fornire raccomandazioni al governo su come riempire quei gap e con quali tempi e risorse”. Quindi si tratta di una piattaforma per “pianificare e fornire linee guida al decisore polito, avvalendosi di tutte le migliori competenze nazionali e con una visone e prospettiva europea/internazionale”.

Lo stesso professor Monti ha poi chiarito che la prossima conferenza sul nucleare in programma il 5 ottobre a Roma sarà l’occasione per rappresentare la posizione dell’Associazione che ho l’onore e il piacere di presiedere. Una linea che parte innanzitutto dalla necessità di “rafforzare il posizionamento dell’industria e della ricerca nazionali nei programmi e progetti nucleari in Europa e nel mondo”. L’Italia è già “ben posizionata in vari campi: dall’estensione di vita degli impianti attuali che assicurano la maggior parte dell’elettricità a basso contenuto di carbonio in Europa agli impianti avanzati raffreddati ad acqua in via di progettazione e realizzazione, fino allo sviluppo dei reattori di IV generazione e alla fusione a confinamento magnetico. Si tratta – ha chiarito il professor Monti – di rafforzare questa posizione e in particolare la catena di approvvigionamento in un momento chiave in cui tantissimi progetti anche in Europa stanno partendo e le cordate industriali si stanno organizzando e formando. Si tratta di un business da centinaia di miliardi di Euro. L’Italia non può starne fuori”. Accanto a questo è necessario “analizzare, sviluppare e poi consolidare le infrastrutture di base del Paese per la ripartenza in Italia: dallo stato delle competenze e capacità nei vari settori alla autorità di sicurezza che dovrà presiedere i processi di licensing in Italia, dalla cultura di sicurezza e security a tutti livelli fino alle questioni legate alle salvaguardie e non-proliferazione, dalla valutazione di differenti schemi di finanziamento e business models alla valutazione dei differenti combustibili e cicli del combustibile associati ai reattori di potenziale interesse”. Infine, secondo il professor Monti, bisogna necessariamente affrontare il tema del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi: “Il sistema Italia è pronto per la realizzazione di una struttura ingegneristica del tipo già realizzato e operato in decine di Paesi nel mondo. Come ricordato dal ministro Pichetto Fratin questa realizzazione è di primaria importanza anche per mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi di bassa e media attività distribuiti in tutta Italia e per rispettare le direttive europee sui rifiuti radioattivi”.

Per questo l’Associazione italiana nucleare raccomanda che su tutte e tre le linee di azione “l’Italia adotti i più elevati standard internazionali e si faccia aiutare da Paesi con grande tradizione nucleare e dalle agenzie internazionali che offrono servizi di altissimo livello su tutto lo spettro delle necessità”. In questa strada, secondo il professore, sarà decisivo il contributo degli enti di ricerca, come le università. Il loro ruolo – ha chiarito – è di “fondamentale importanza sia sul piano della formazione e del cosiddetto “capacity building” sia per i progetti di ricerca, sviluppo, innovazione e sperimentazione che devono supportare le priorità stabilite dall’industria di settore. Occorre mobilitare non solo i Politecnici e le altre università coinvolte, ma anche gli enti di ricerca e i laboratori per la sperimentazione quali l’Enea, l’Infn, l’Rse, la Siet”. Anche in questo caso, ha concluso, non si parte affatto da zero. Le università “del Consorzio Cirten sfornano ogni anno decine di ingegneri nucleari molto apprezzati in tutto il mondo e la R&S dei nostri centri di ricerca, sebbene giustamente focalizzata su alcune tematiche, è world-class”.

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