Ha poco più di 20 anni il presunto responsabile dell’uccisione di 30 migranti, la maggior parte dei quali provenienti dal Bangladesh, avvenuta nel maggio del 2020 a Mizda, 160 chilometri a sud di Tripoli. A più di nove mesi di distanza, le autorità del Governo di accordo nazionale (Gna) della Libia hanno arrestato M.a.a., giovane classe 1998, originario proprio di Mizda, ricercato per il massacro dei migranti che avevano ucciso il trafficante che li teneva in ostaggio in un hangar a sud di Gharian. Il ministro dell’Interno libico Fathi Bashagha ha descritto l’arresto di come una “grande vittoria”, affermando che “un crimine del genere non può rimanere impunito in Libia” e ha promesso che “i trafficanti di esseri umani verranno arrestati uno dopo l’altro“. Il politico originario della “città-Stato” di Misurata, uomo forte dell’esecutivo libico riconosciuto dalla Comunità internazionale, ha annunciato in un comunicato di aver arrestato una persona sospettata dell’atroce vendetta contro i migranti, avvenuta lo scorso anno, e che ha provocato l’uccisione di 30 persone, la stragrande maggioranza delle quali provenienti dal Bangladesh. Il fatto risale al maggio 2020, quando 26 bengalesi e quattro africani erano stati uccisi nella città di Mizda. Altre undici persone erano state ferite e portate nell’ospedale di Zintan per ricevere le cure.
La ricostruzione
Secondo la ricostruzione del ministero dell’Interno, i membri di una famiglia libica hanno sparato con un fucile automatico contro i migranti in una “vendetta” per la morte di un trafficante di esseri umani: l’uomo classe 1990, residente a Mizda, era stato sopraffatto mentre cercava di impedire ai migranti di scappare da un luogo in cui erano detenuti. Nancy Porsia, giornalista freelance ed esperta di Libia, ha fornito ad “Agenzia Nova” ulteriori dettagli sul contesto dove è avvenuta la strage: “Mizda è una realtà molto particolare. E’ una città dell’entroterra dell’ovest che sorge sulla montagna Nafusa: in questo villaggio una volta passava la ferrovia costruita dagli italiani e c’è anche un fortino italiano risalente alla prima conquista. Oggi è territorio di tribù forti e nemiche tra loro come i Gatrun, i Washasha e gli Awlad Abu Seif”. La persona uccisa dai migranti, aggiunge Porsia, apparteneva proprio a quest’ultima tribù. “Questo trafficante era particolarmente feroce e disumano. Dagli ostaggi, perché stiamo sempre parlando di persone private della loro libertà, è partita una sorta di rivolta dopo una serie di soprusi subiti e lo hanno ucciso. All’indomani i familiari del trafficante si sono presi la loro vendetta”, ha concluso.
Il no comment delle organizzazioni internazionali
“Non possiamo commentare notizie relative a indagini ancora in corso di cui non conosciamo tra l’altro i dettagli, ma ribadiamo ancora una volta come sia fondamentale che chiunque si sia reso responsabile di quell’orrendo crimine venga assicurato quanto prima alla giustizia. La terribile uccisione di 30 migranti avvenuta lo scorso maggio fu l’ennesima dimostrazione di quelli che sono gli orrori che i migranti subiscono in Libia, dove gruppi criminali continuano ad approfittarsi di persone disperate per sfruttare le loro vulnerabilità”, ha detto ad “Agenzia Nova” Flavio Di Giacomo, portavoce a Roma dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim). “L’Unhcr non è in grado di fornire ulteriori commenti su un’operazione in corso, sebbene tutte le azioni intraprese per frenare il traffico di esseri umani in Libia e assicurare i colpevoli alla giustizia siano un passo verso la fine di questa orrenda pratica”, ha detto ad “Agenzia Nova” Tarik Argaz, portavoce in Libia dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. “Per molti anni, rifugiati e migranti sono stati e continuano ad essere vittime di rapimenti, maltrattamenti e ogni tipo di violenza da parte di bande criminali e gruppi di trafficanti. L’Unhcr chiede da tempo il perseguimento delle persone coinvolte in queste attività criminali”, ha aggiunto.
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