I Paesi Bassi si avviano alle elezioni parlamentari della prossima settimana in una condizione particolare, fra un governo dimissionario da diversi mesi, le misure restrittive imposte per contenere i contagi da coronavirus e il forte impatto della pandemia sul tessuto economico e sociale. I cittadini olandesi sono chiamati il 17 marzo (ma con i seggi che per ragioni sanitarie apriranno già dal 15) a scegliere i 150 deputati che siederanno nella Camera dei rappresentanti (Tweede Kamer), l’unico dei rami del Parlamento soggetto a voto popolare. Nonostante lo scandalo che ha colpito direttamente il governo di Mark Rutte in merito alla gestione dei sussidi familiari, le proteste contro il coprifuoco nelle principali città olandesi e le difficoltà nella ripresa economica, il premier e leader del Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd) può guardare al voto della prossima settimana con fiducia, visti i risultati dei recenti sondaggi.
Il Vvd, partito più votato già alle parlamentari del 2017 con il 21,3 per cento dei consensi, sembra indirizzato verso un nuovo successo. La formazione di centrodestra guidata da Rutte dovrebbe addirittura incrementare il proprio vantaggio sulle altre forze politiche, grazie al 25 per cento dei voti attribuitele dalle rilevazioni demoscopiche. Il Vvd staccherebbe di almeno 12 punti percentuali la seconda formazione olandese nei sondaggi, vale a dire il Partito per la libertà (Pvv) del leader populista Geert Wilders, fermo al 13 per cento. Ancora più staccati sarebbero i due principali alleati di Rutte e del Vvd nella coalizione di governo uscente, vale a dire l’Appello cristiano democratico (Cda) e Democratici 66 (D66), rispettivamente all’11 e al 10 per cento nei sondaggi. Entrambe le formazioni perderebbero terreno in confronto ai risultati del 2017, quando superarono il 12 per cento. Le rilevazioni demoscopiche segnano anche un calo delle formazioni della sinistra e progressiste come GroenLinks (Sinistra verde) e il Partito socialista (Sp), accomunate dagli stessi dati: una discesa dal 9,1 per cento del 2017 al 7 per cento attuale. In questo quadro, il Partito del lavoro (PvdA) riesce invece a guadagnare qualche punto, passando dal 5,7 delle scorse elezioni all’8 per cento degli ultimi sondaggi.
Rutte può dunque sperare di uscire nuovamente “vittorioso” dalle urne, sia in termini di consensi, sia puntando ancora una volta a costruire intorno al Vvd e alla sua leadership una coalizione di governo che guidi i Paesi Bassi per la prossima legislatura. Un nuovo eventuale esecutivo guidato da Rutte sarebbe il quarto in assoluto, dandogli la possibilità eventualmente di restare in carica per un quindicennio, dal 2010 al 2025. Tale risultato ovviamente passerà attraverso la formazione di una nuova maggioranza nella Tweede Kamer, uno scenario di non semplice risoluzione vista la frammentarietà dello spettro politico olandese e l’alto numero di partiti rappresentanti in Parlamento, grazie al sistema parlamentare senza collegi. In caso di vittoria, Rutte dovrà nuovamente fare sfoggio di “equilibrismo” nella scelta dei partner di coalizione. L’esecutivo uscente era formato dal Vvd insieme a Cda, D66 e l’Unione cristiana (Cu), ma poteva contare su una maggioranza risicata di 76 deputati. Considerando gli attuali sondaggi, che vedono Cu al 4 per cento, lo schema dell’ultima legislatura potrebbe reggersi anche nella prossima, ma non è da escludersi qualche novità in fase negoziale. Nella 2017 furono necessari diversi mesi per arrivare ad un accordo fra le quattro formazioni della maggioranza, a causa soprattutto dei veti incrociati: alle parlamentari del 17 marzo potrebbe emergere una situazione analoga, complicata da quanto emerso in queste ultime settimane di campagna elettorale.
Il Vvd e il suo leader sono infatti stati oggetti di critiche da parte di tutto l’arco parlamentare, complice il già citato scandalo dei sussidi familiari e la gestione dell’emergenza Covid-19. A colpire Rutte è stato anche il “fuoco amico” dell’alleato di governo Cda, tramite il ministro delle Finanze uscente e leader della formazione, Wopke Hoekstra. Se il premier uscente si è in qualche modo difeso dagli attacchi facendo leva sul senso di responsabilità da mostrare in situazioni di difficoltà e sulla necessità di sostenere i cittadini, resta in ogni caso evidente che la gestione della crisi economica e le future misure di sostegno alle categorie produttive e alle fasce sociali necessiteranno di un ampio consenso in Parlamento. Rutte ha del resto dimostrato in passato di non avere particolari problemi nel trovare punti di equilibrio con alleati sulla carta piuttosto distanti. Il suo primo governo, in carica dal 2010 al 2012, fu formato con il Cda e l’appoggio esterno del Pvv, formazione di estrema destra euroscettica guidata da Wilders. La successiva esperienza alla guida del Paese, dal 2012 al 2017, fu invece caratterizzata dall’esperienza della grande coalizione con il PvdA, di ispirazione socialdemocratica.
Proprio i laburisti, vista la loro crescita nei sondaggi, potrebbero aiutare a spostare “a sinistra” il baricentro politico olandese, lavorando per la formazione di una coalizione con la Sinistra Verde, il Partito socialista e altri alleati. A giudicare dalla retorica elettorale, tutte queste forze intendono infatti avviare un percorso di ricostruzione “progressista” dei Paesi Bassi, in una fase di crisi economica e sociale che impone una ridefinizione degli standard di produzione e consumo, anche in chiave ambientalista. I sondaggi non sembrerebbero incoraggiare tale prospettiva, con le tre formazioni che a stento supererebbero il 30 per cento complessivo dei consensi e avrebbero dunque bisogno di allargare la maggioranza verso il centro.
Chi invece rischia di rimanere ancora una volta isolato è il Pvv di Wilders, i cui principali temi elettorali, dall’anti europeismo all’anti islamismo, sembrano attecchire meno che in passato in questa fase di crisi pandemica. Wilders non ha modificato la sua posizione su temi considerati molto attuali, invocando un taglio dei sussidi per le politiche ambientali e per le energie alternative, pur invocando una revisione del sistema di welfare che preveda maggiore spesa per l’edilizia, un miglioramento della sanità pubblica e costi minori per i trattamenti. La retorica aggressiva e gli attacchi di Wilders rendono difficile per molti partiti olandesi pensare di scendere a compromessi con il Pvv, pur trovando punti di intesa su determinate questioni. Il voto che si concluderà il 17 marzo consegnerà probabilmente alle forze politiche dei Paesi Bassi un nuovo complicato “rompicapo” da sciogliere con i lunghi negoziati a cui il pubblico olandese è ormai abituato. Resta da capire se Rutte riuscirà a mantenere la posizione di centralità di cui lui e la sua formazione godono da più di dieci anni, permettendogli di tornare con un mandato più forte al tavolo europeo, dove i prossimi anni saranno decisivi per discutere la linea di progressiva integrazione dell’Ue, a cui i Paesi Bassi da sempre oppongono resistenza.
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