Gli Stati Uniti chiedono all’Arabia Saudita di smantellare la rete che ha organizzato e messo in atto l’assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso e smembrato all’interno del consolato di Riad a Istanbul il 2 ottobre del 2018. Lo ha detto il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price. “Esortiamo l’Arabia Saudita a smantellare questa forza e ad adottare riforme istituzionali e dei meccanismi di controllo al fine di fare cessare completamente le operazioni contro i dissidenti”, ha detto Price in riferimento alla forza d’élite saudita – considerata molto vicina al principe ereditario Mohammed Bin Salman (Mbs) – che si è resa protagonista dell’incursione a Istanbul costata la vita al giornalista, collaboratore tra i vari media anche del quotidiano statunitense “Washington Post”.
Le relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Arabia Saudita andranno “ricalibrate”, anche alla luce del rapporto dell’intelligence Usa, pubblicato venerdì scorso, che punta il dito contro il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman (Mbs) in riferimento all’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi. E’ stato questo il primo commento della portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, dopo che i media Usa hanno divulgato i contenuti del documento, secondo il quale Mbs approvò l’operazione dell’intelligence di Riad che ha portato all’assassinio. Psaki ha però puntualizzato che la decisione sul futuro del principe ereditario saudita spetta alle autorità di Riad, in particolare per quello che riguarda la sua successione al trono dopo re Salman Bin Abdelaziz al Saud. “Riteniamo – si legge nel rapporto dei servizi Usa – che il principe ereditario abbia approvato un’operazione a Istanbul, in Turchia, per catturare o uccidere il giornalista saudita Jamal Khashoggi”.
La notizia – sulla quale i media statunitensi hanno pubblicato numerose indiscrezioni nei giorni scorsi – giunge in un momento in cui l’amministrazione del presidente Usa, Joe Biden, sembra voler rimodellare le relazioni tra Washington e Riad e, in particolare, con la figura del principe ereditario saudita. Le parole della portavoce della Casa Bianca sembrano confermare questo proposito. Mbs è stato negli ultimi anni il principale interlocutore di Washington per quello che riguarda la politica in Medio Oriente, complice il rapporto personale e ufficiale dell’erede al trono con Jared Kushner, consigliere e genero dell’ex presidente Usa, Donald Trump, nonché promotore degli Accordi di Abramo per la normalizzazione delle relazioni tra Israele e alcuni Stati della regione. Tuttavia Biden sembra tutt’altro che propenso a mettere in dubbio le relazioni tra Washington e Riad, della cui solidità ha dato conferma lo stesso inquilino della Casa Bianca nella sua telefonata di ieri con il sovrano saudita, definito dall’amministrazione la “controparte naturale” di Biden.
Le misure messe a punto dall’amministrazione Biden in risposta alla pubblicazione del rapporto non colpiscono direttamente il principe di casa Saud. Il segretario di Stato, Antony Blinken, ha annunciato “restrizioni nei confronti di persone che per conto di governi stranieri minacciano o perseguono individui ritenuti dissidenti”. Il provvedimento sarà esteso ai visti di “76 individui sauditi, ritenuti coinvolti nella minaccia di dissidenti all’estero”, compresi quelli messi in relazione all’omicidio Khashoggi, “ma non solo”. Il “Khashoggi Ban”, ha spiegato Blinken in una nota, consente al dipartimento di Stato di disporre restrizioni sui visti a coloro che, agendo per conto di un governo straniero, si ritiene siano stati direttamente coinvolti in pesanti attività extraterritoriali contro i dissidenti”. Tra le azioni nel mirino del decreto ci sono “quelle che sopprimono, molestano, sorvegliano, minacciano, o danneggiare giornalisti, attivisti o altre persone percepite come dissidenti per il loro lavoro, o che si impegnano in tali attività nei confronti delle famiglie o di altri stretti collaboratori di tali persone. Anche i familiari di tali individui possono essere soggetti a restrizioni sui visti ai sensi di questa politica”. Mbs non viene direttamente chiamato in causa.
Anche il dipartimento del Tesoro ha annunciato l’imposizione di sanzioni nei confronti di alcune personalità dell’Arabia Saudita coinvolte nell’omicidio di Khashoggi. Anche in questo caso Mbs non sarebbe direttamente oggetto di sanzioni. Al contrario, le autorità di Washington sanzionano Hassan Mohammed al Asiri, ex vice capo dell’intelligence generale dell’Arabia Saudita, e della Forza di intervento rapido. Il pacchetto sanzionatorio si basa sul Global Magnitsky Human Rights Accountability Act, che punisce “gravi abusi dei diritti umani e corruzione”. “Coloro che sono coinvolti nell’orrenda uccisione di Jamal Khashoggi – ha spiegato la segretaria al Tesoro, Janet Yellen – devono essere ritenuti responsabili. Il Tesoro sta sanzionando la Forza di intervento rapido dell’Arabia Saudita e un alto funzionario saudita che è stato direttamente coinvolto nell’omicidio di Jamal Khashoggi”.
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