Il procuratore generale del Venezuela, Tarek William Saab, ha annunciato l’arresto di dodici agenti di polizia ritenuti coinvolti nell’omicidio di un giovane di 21 anni, occorso l’8 luglio del 2020. “I presunti responsabili dell’esecuzione di Johnny Boscan saranno presentati dalla Procura perché sia formalizzata l’accusa di reato di simulazione di fatto punibile, uso indebito di arma e omicidio”, ha scritto Saab in un messaggio pubblicato sul proprio profilo Twitter. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il giovane si trovava all’interno del suo veicolo, parcheggiato in un comune dello stato di Zulia, nella zona occidentale del paese. Gli agenti lo avrebbero “prelevato” e “ucciso con le rispettive armi da fuoco per simulare una ‘sparatoria’”.
La “procura, nel pieno rispetto di quanto stabilito dalla Costituzione in materia di diritti umani, continuerà ad agire secondo la legge per punire queste inaccettabili pratiche criminali che tendono a divenire mafie che attentano contro gente innocente”, ha proseguito Saab. Le autorità venezuelane rivendicano una serrata azione di controllo dei possibili abusi delle forze di sicurezza, uno dei temi più criticati nei rapporti di agenzie nazionali e internazionali sui diritti umani. Lo scorso 25 febbraio, la procura aveva pubblicato un rapporto in cui si denunciava – tra il 2017 e il 2019 – l’arresto di 519 agenti delle forze dell’ordine, accusati a vario titolo di violazioni dei diritti umani. Negli ultimi tre anni sarebbero state formalizzate accuse per oltre un migliaio di funzionari pubblici e per 136 civili accusati di omicidio, tortura, trattamenti crudeli e inumai, privazione di libertà e violazioni di domicilio.
Il tema dei presunti abusi delle forze dell’ordine e della gestione delle libertà civili, politiche e sindacali, è tema da sempre caldo nell’agenda politica sul Venezuela. Nella giornata Caracas aveva annunciato l’intenzione di rivedere i rapporti con l’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, dopo le ultime dichiarazioni dell’alto commissario Michelle Bachelet, che durante la 46ma sessione del Consiglio per i diritti umani ha espresso preoccupazione per i “crescenti segnali” di riduzione dello spazio civico nel Paese. “Il suo rapporto sbilanciato è emesso su mandato di una risoluzione politicizzata del Consiglio per i diritti umani, promossa dal governo degli Stati Uniti attraverso il sedicente Gruppo di Lima, in chiara violazione delle norme e dei principi che governano il trattamento delle questioni relative ai diritti umani“, si legge in un comunicato diffuso dal ministero degli Affari esteri di Caracas. “È molto preoccupante che l’alto commissario ceda alle pressioni di attori anti-venezuelani e faccia dichiarazioni di parte e lontane dalla verità, facendo eco alle campagne mediatiche e presentando speculazioni ideologiche come fatti”. Il ministero ha quindi annunciato che il governo di Nicolas Maduro rivedrà i rapporti con l’ufficio Onu.
L’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, aveva espresso la sua preoccupazione per i “crescenti segnali” di riduzione dello spazio civico in Venezuela. Il suo ufficio, ha detto Bachelet nella presentazione fatta oggi al Consiglio per i diritti umani, ha documentato almeno 66 casi di intimidazione, molestie, inabilitazione e criminalizzazione di “giornalisti, organi di stampa, difensori dei diritti umani, operatori umanitari, leader sindacali e membri o sostenitori dell’opposizione, compresi i membri eletti dell’Assemblea nazionale 2015 e le loro famiglie”. Facendo riferimento alle prossime elezioni regionali, in programma quest’anno, Bachelet ha invitato le autorità di governo a tutelare le libertà fondamentali e garantire le condizioni per realizzare una partecipazione “significativa”, senza escludere i dissidenti. Secondo Bachelet la nomina del prossimo Consiglio elettorale nazionale (Cne) sarà un “test” per la credibilità delle elezioni.
In settimana, il governo aveva anche censurato le “false accuse” contenute nel rapporto della Missione internazionale indipendente di verifica dei fatti promossa dall’Onu, un “meccanismo parallelo” che ha costruito le accuse di persecuzione degli oppositori e di aumento delle esecuzioni extragiudiziali “su base mediatica” e “senza prove”. In una nota diffusa dal ministro degli Esteri Jorge Arreaza si legge che la Missione – attivata nel settembre del 2019 su mandato del Consigli diritti umani dell’Onu – “una volta di più” si fa portatrice di “segnalazioni carenti del minimo sostegno, basate su letture mediatiche e senza contatto diretto con la realtà del paese“. Caracas sottolinea che la “pseudo missione, stabilita con una discussa risoluzione promossa da un ristretto gruppo di governi con gravi situazioni interne di violazioni dei diritti umani, è prova tangibile del doppio peso e dell’uso politico dei meccanismi internazionali dei diritti umani, con la sola finalità di continuare ad attaccare le istituzioni venezuelane, come parte della politica di ‘cambio di governo’ promossa dalle autorità degli Stati uniti d’America”.
Il governo sottolinea che non riconosce nessun “meccanismo parallelo e non necessario” che ostacoli la “fluida relazione di cooperazione stabilita con l’ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani”. Al tempo stesso segnala che l’iniziativa è una “violazione dei pilastri fondamentali del multilateralismo e del funzionamento del Consiglio dei diritti umani, consacrati nella Carta delle Nazioni Unite, nelle risoluzioni dell’Assemblea generale e nel pacchetto di costruzione istituzionale del Consiglio”. Il ministero degli Esteri, infine, ribadisce il suo impegno a cooperare con il Consiglio diritti umani, i suoi procedimenti speciali e l’ufficio dell’Alto commissario, “nello stretto rispetto dei principi di obiettività, imparzialità e non ingerenza negli affari interni e del dialogo costruttivo”.
Mercoledì 10 marzo Marta Valinas, capo della Missione internazionale indipendente di verifica dei fatti promossa dall’Onu, ha presentato un’informativa in cui si denuncia che quella della “persecuzione degli oppositori, delle persone e delle organizzazioni non governative dedicate a lavori umanitari e sui diritti umani” in Venezuela, sembra essere una “tendenza crescente”. “Abbiamo identificato oltre 200 omicidi commessi dalle forze di polizia dall’inizio dell’anno e indagheremo sulle circostanze che li hanno determinati”, ha detto Valinas avvertendo che le inchieste si dovranno estendere ad altri corpi di sicurezza del paese.
“Il concetto statale di ‘nemico interno’ sembra essere sempre più ampio”, ha detto la presidente ricordando che lo scorso settembre la missione aveva avvertito del “grave” dossier sulle esecuzioni extragiudiziali commesse dai corpi armati in Venezuela nel corso delle operazioni di sicurezza interna. Valinas ha segnalato che da allora sono stati identificati altri 36 nuovi casi di presunti arresti arbitrari (di cui donne a donne e 28 a uomini). Alcune di queste persone sono state accusate ai sensi della Legge contro l’odio, per aver criticato il governo e persone ad esso legate.
Al tempo stesso, l’esperta designata dalle Nazioni Unite ha messo in rilievo il fatto che il governo ha reso più stringenti i requisiti per l’iscrizione, il finanziamento e il funzionamento delle organizzazioni non governative. “Le autorità hanno arrestato lavoratori delle ong per reati previsti dalle Legge contro la delinquenza organizzata e il finanziamento al terrorismo”, in particolare per aver recepito fondi stranieri. “Pochi giorni fa il presidente Nicolas Maduro si è rivolto a questo consiglio ed ha presentato una versione del Venezuela in cui i diritti umani erano definiti un pilastro centrale. Mentre faceva questo, lui e il suo governo hanno continuato a ignorare la gravità della situazione e negato ogni tipo di trasgressione”, ha aggiunto Valinas.
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