Ex Ilva, Bernabè: “L’Italia non può fare a meno della produzione d’acciaio primario”

Ex Ilva, Bernabè: "L'Italia non può fare a meno della produzione d'acciaio primario"

ex ilva taranto

Un 2022 da dimenticare, a causa dei rincari energetici. Ma un 2023 che potrebbe rivelarsi l’anno della svolta per Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva che il governo ha deciso di sostenere con un finanziamento da 680 milioni, ai quali si aggiungono 70 di ArcelorMittal come previsto dai patti appena rinnovati dai soci pubblico e privato. Un prestito che darà ossigeno all’azienda messa alle corde dalla scarsezza di circolante e dai debiti verso Eni e Snam, in attesa che il completamento del piano ambientale possa permettere alla magistratura di dissequestrare gli impianti. Riportando la più grande acciaieria d’Europa a condizioni produttive di normalità. “Tornando a finanziare il circolante con strumenti di mercato, come fanno tutte le aziende del mondo — spiega il presidente Franco Bernabè al “Corriere della Sera” — senza essere costretta a pagare in contanti le forniture, andando evidentemente in difficoltà”. Un chiarimento sulla situazione finanziaria: “Acciaierie d’Italia non ha debiti finanziari ma debiti nei confronti dei fornitori bilanciati da crediti nei confronti dei clienti e le materie prime le paga in contanti. Un equilibrio che ha retto fino a quando nel 2022 sono esplosi i prezzi dell’energia, dilatando enormemente i costi per l’azienda”. Anche perché – continua il presidente – AdI è il più grande consumatore di energia d’Italia, utilizzando quasi il 2 per cento del totale del fabbisogno energetico italiano”.

Per quel che riguarda, invece, il piano ambientale, “sarà completato a metà 2023. A quel punto spetterà ai commissari fare istanza al tribunale per il dissequestro che, se concesso, risolverà gran parte dei problemi dell’ex Ilva: potrà finanziarsi sul mercato e tornare a produrre più acciaio, potrà attrarre investitori, tornerà a essere la più grande acciaieria d’Europa”.

Quanto al piano industriale: “L’Italia non può fare a meno della produzione d’acciaio primario e l’unico produttore di acciaio da minerale è Taranto. Lo Stato da tempo si è posto questo problema di come evolvere da produzione da altoforno a produzione con tecnologie alternative e la scelta fatta è stata quella di utilizzare il Dri, il pre ridotto di ferro. Lo Stato ha anche avviato concretamente il piano di conversione, ha creato la società per il Dri che da un anno è al lavoro, è nella fase degli accertamenti tecnologici per arrivare entro giugno 2023 alla decisione industriale di investimento”. “Per completare il piano – osserva infine il presidente – ci vorranno 10 anni e più di 5 miliardi di investimenti perché si tratta di un piano epocale, trasformare la più grande acciaieria d’Europa in stabilimento green. Ma il piano è già in atto”, ha concluso Bernabè.

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