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Etiopia, un rapporto Onu certifica nuovi crimini di guerra nel Paese ma il governo lo respinge

Nel rapporto, presentato ieri al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, gli esperti ritengono responsabili tutte le parti in conflitto

New York
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Il delegato dell’Etiopia presso le Nazioni Unite ha chiesto al Consiglio per i diritti umani Onu di mettere fine al mandato di un team di esperti in diritti umani sull’Etiopia dopo la presentazione del suo ultimo rapporto, nel quale si sottolinea che crimini di guerra e crimini contro l’umanità continuano ad essere commessi nonostante la firma dell’accordo di cessazione delle ostilità concluso nel novembre del 2022 a Pretoria per mettere fine alla guerra nel Tigrè. Il delegato, riferiscono i media regionali, ha accusato la commissione di non riconoscere gli sforzi del governo e di impegnarsi in “una retorica diffamatoria con una metodologia discutibile”, in un appello che appare in netto contrasto con le richieste di organismi come Amnesty International e Human Rights Watch affinché il mandato venga prorogato. Il Consiglio dei diritti umani deve esprimersi all’inizio del mese prossimo sulla missione in Etiopia, decidendo se prolungarla o meno per un altro anno. Gli esperti incaricati dalle Nazioni Unite sono stati in Etiopia nel luglio dello scorso anno, ma la loro permanenza è stata limitata alla capitale, Addis Abeba, poiché è stato loro negato l’accesso a qualsiasi area colpita dal conflitto nel nord dell’Etiopia. Il loro mandato scadrà a dicembre, a meno che il Consiglio non decida diversamente.


Nel rapporto, presentato ieri al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, gli esperti ritengono responsabili tutte le parti in conflitto nel nord dell’Etiopia di diffuse atrocità, molte delle quali equivalgono a crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il documento di 21 pagine è stato redatto dalla Commissione internazionale di esperti sui diritti umani sull’Etiopia, composta da tre membri, e documenta atrocità di vasta portata commesse da quando è scoppiato il conflitto tra il governo e il Fronte di liberazione del Tigrè, il 3 novembre 2020. Nel presentare il rapporto, Mohamed Chande Othman, presidente della Commissione, ha avvertito che il fallimento dell’accordo dello scorso anno per porre fine alle ostilità ha infranto l’ottimismo secondo cui il patto “avrebbe aperto la strada alla fine di uno dei conflitti più mortali del 21mo secolo, uno di quelli che ha devastato le comunità in tutto il nord dell’Etiopia”. Le Nazioni Unite e altre istituzioni stimano che circa 600 mila civili nel Tigrè siano morti e più di 2 milioni siano stati sfollati da novembre 2020 ad agosto 2022. “Non solo l’accordo sulla cessazione delle ostilità non è riuscito a realizzare alcuna pace globale”, ha affermato Othman, “ma le atrocità sono in corso e il conflitto, la violenza e l’instabilità hanno ormai una dimensione quasi nazionale”.

Secondo l’esperto, l’indagine della commissione mostra chiaramente che il governo etiope e le forze sotto il suo controllo, così come le forze eritree in Etiopia, continuano a commettere gravi violazioni e crimini atroci in tutta la regione settentrionale. “Le Forze di difesa nazionali etiopi, le Forze di difesa eritree, le forze regionali e le milizie affiliate hanno perpetrato violazioni nel Tigrè su una scala sconcertante”, ha affermato, “tra cui uccisioni di massa, stupri diffusi e sistematici e violenza sessuale contro donne e ragazze, fame deliberata, sfollamenti forzati e detenzioni arbitrarie su larga scala. Ciò equivale a crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. Il rapporto della commissione conferma che anche le forze del Tigrè e le milizie alleate hanno commesso gravi violazioni contro i civili nelle regioni di Amhara e Afar, “compresi omicidi, diffusi stupri e violenze sessuali, distruzione di proprietà e saccheggi, anch’essi equivalenti a crimini di guerra”. La commissione rileva inoltre che gravi violazioni si sono diffuse oltre il nord del Paese, fino all’Oromia, dove ha scoperto “modelli in corso da parte delle forze governative di arresto, detenzione e tortura di civili”. “Queste atrocità – passate e attuali, indipendentemente dalla regione o comunità colpita – stanno avendo un impatto grave e continuo sui sopravvissuti, sulle vittime e sulle loro famiglie e hanno gravemente eroso il tessuto della società”, ha detto ancora Othman, aggiungendo che “la necessità di un processo credibile e inclusivo di verità, giustizia, riconciliazione e guarigione non è mai stata così urgente”.

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