Per la neo segretaria del Partito democratico l’ora delle scelte divisive rispetto ai possibili e teorici partner dell’opposizione al governo di centrodestra. E non sarà un rapporto facile da costruire, al di là delle buone intenzioni manifestate in queste ultime settimane. Elly Schlein dovrà trovare una strada che la identifichi rispetto al suo elettorato ma che nel contempo non tagli i ponti né con il Movimento 5 stelle, né con il Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Per semplificare si può dire che la Schlein è pressata da sinistra e da destra, visto che su alcuni temi le posizioni dei centristi sono vicine a quelle del centrodestra.
Sull’utero in affitto e la maternità surrogata Calenda ha fatto sapere di pensarla esattamente come la premier e il governo: il no che viene dal Terzo polo è secco e non negoziabile. Lo ha ripetuto Mara Carfagna: “Va bene la tutela ai figli delle coppie gay ma sulla maternità surrogata siamo pronti a votare con Giorgia Meloni“. Più o meno gli stessi concetti il partito di Calenda e Renzi li ha espressi da tempo sul tema della giustizia e sulla controversa questione delle intercettazioni. Difficile che Elly Schlein possa percorrere analoga strada per ricucire lo strappo.
Ma d’altra parte, che le opposizioni al governo di centrodestra fossero e siano ancora divise non è una novità di oggi. Semmai la nomina di Schlein alla guida del Pd può aver accentuato alcune diversità di vedute su temi, diciamo così, sensibili. Come la guerra in Ucraina e l’invio di armi dall’Italia a Kiev.
La segretaria dei democratici ha più volte ribadito il sostegno al popolo ucraino e al presidente Volodymyr Zelensky, ma si è mostrata ambigua quando si è affrontato il tema delle armi: né un sì, ma nemmeno un no, piuttosto un ni. Possiamo anche mandare altre armi ma in parallelo dobbiamo avviare e favorire un vero negoziato fra le parti.
Non stupisce, quindi, che il leader dei 5 stelle, Giuseppe Conte, dopo essere stato al fianco della Schlein nella marcia pacifista di Firenze, chieda ora alla segretaria del Pd “una vera prova di pacifismo”. Se fosse un no all’invio delle armi, per Elly Schlein non solo si aprirebbe uno scontro dentro il partito, ma la sua immagine rispetto ai nostri alleati occidentali ne risulterebbe lesa e in qualche modo compromessa.
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