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Grande diga della rinascita, l’Etiopia chiede la ripresa dei colloqui tripartiti

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L’Etiopia ha ribadito la sua richiesta per la ripresa dei colloqui tripartiti diretti sulla questione della Grande diga della rinascita etiope (Gerd), rifiutando indirettamente la proposta sudanese per una mediazione quadripartita che coinvolga Nazioni unite, Unione africana, Stati Uniti e Unione europea. Parlando nel corso del briefing settimanale con la stampa, il portavoce del ministero degli Esteri etiope, Dina Mufti, ha dichiarato che il suo Paese è impegnato negli sforzi mediati dall’Unione africana per un accordo sul riempimento e sul funzionamento della diga. “Abbiamo rispetto per l’Unione africana e contiamo su di essa per raggiungere una soluzione sulla Grande diga della rinascita etiope”, ha detto Mufti. Nel frattempo il vicepremier e ministro degli Affari esteri, Demeke Mekonnen, ha affermato che completare il progetto Gerd equivale a garantire la sovranità del Paese. “Lo sviluppo del fiume Abay (nome etiope del primo tratto del Nilo Azzurro) e il completamento della diga vanno oltre il lavoro per la generazione futura. Si tratta di garantire la sovranità del Paese “, ha detto Demeke – che è anche presidente del Consiglio nazionale per la costruzione della Gerd – intervenendo ad un simposio organizzato in occasione del decimo anniversario dell’inizio della costruzione della diga. Al simposio ha preso parte anche il ministro dell’Acqua, dell’irrigazione e dell’energia, Seleshi Bekele, che da parte sua ha informato i partecipanti sui progressi del progetto, sottolineando che è stato completato per il 79 per cento e che la seconda fase di riempimento della diga inizierà nella prossima stagione delle piogge.


Ieri il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Ua ha tenuto una riunione per discutere della questione. Intervenendo all’incontro in videoconferenza, il capo del dipartimento Affari africani del ministero degli Esteri sudanese, Khalid Farah, ha sottolineato la necessità di raggiungere un accordo globale e vincolante che tenga conto degli interessi delle tre parti (Sudan, Egitto ed Etiopia) e ha sottolineato che qualsiasi azione unilaterale dell’Etiopia rappresenta una minaccia per i quasi 20 milioni di persone che vivono sulle rive del Nilo Azzurro. Lunedì scorso il Sudan ha formalmente avanzato la richiesta di una mediazione quadripartita formata da Nazioni Unite, Unione africana, Unione europea e Stati Uniti per risolvere la disputa relativa alla realizzazione della Gerd. “Il primo ministro sudanese (Abdalla Hamdok), rientrato venerdì dal Cairo, ha inviato un messaggio al segretario generale delle Nazioni Unite (Antonio Guterres), al presidente della Repubblica democratica del Congo (Felix Tshisekedi, presidente di turno dell’Ua), all’Alto rappresentante dell’Unione europea la politica estera e di sicurezza (Josep Borrell) e al segretario di Stato Usa (Antony Blinken), chiedendo la loro mediazione nel dossier Gerd”, ha riferito un alto funzionario sudanese citato dal quotidiano “Sudan Tribune”.

La notizia era stata anticipata il mese scorso nel corso di una visita effettuata a Khartum da parte di una delegazione guidata da Alphonse Ntumba Luaba, coordinatore per la presidenza congolese dell’Ua. La proposta sudanese è stata accolta con favore dall’Egitto, che con il Sudan è uno dei due Paesi a valle del corso del fiume Nilo e, in quanto tali, danneggiati dal processo di riempimento della diga annunciato dall’Etiopia. Ad annunciarlo è stato il ministro dell’Irrigazione egiziano, Mohamed Abdel-Atty, durante un incontro con Luaba. L’Unione africana, sotto la presidenza del Sudafrica, non è riuscita finora a compiere progressi tangibili nei colloqui e non è riuscita a portare l’Etiopia a coordinarsi con il Sudan per la prima fase di riempimento della diga nel luglio 2020. Il governo sudanese sostiene che dovrebbero essere compiuti rapidi progressi nei colloqui prima dell’inizio della seconda fase di riempimento, prevista nel prossimo luglio per una quantità prevista di circa 13,5 miliardi di metri cubi. La prima fase del riempimento, per circa 4,9 miliardi di metri cubi, ha interessato le stazioni di acqua potabile di Khartum.

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