Etiopia, Egitto e Sudan stanno tenendo colloqui segreti mediati dagli Emirati Arabi Uniti sul deposito e sul funzionamento della Grande diga della Rinascita etiope (Gerd). Lo riferiscono fonti diplomatiche citate dal quotidiano sudanese “Elaf”, secondo cui i colloqui si stanno tenendo ad Abu Dhabi a livello di funzionari, sotto gli auspici degli Emirati, per risolvere i punti di disaccordo rimasti sul tavolo dei negoziati. Secondo il quotidiano, le fonti si sarebbero rifiutate di fornire ulteriori dettagli sui colloqui. I tre Paesi sono divisi da anni sul dossier relativo al riempimento del serbatoio della diga, iniziato nel luglio 2020: il Sudan afferma di volere un accordo tecnico sul riempimento e il rilascio di acqua per proteggere le sue dighe sul Nilo Azzurro, mentre l’Egitto teme per la sua quota di acqua. L’Etiopia, da parte sua, continua a ripetere che il riempimento della diga non danneggerà i due Paesi a valle. Il riempimento richiederà tra 4 e 7 anni, a seconda delle condizioni idrologiche durante il periodo di riempimento. La seconda fase di riempimento si è conclusa il 19 luglio 2021, senza l’accordo con i Paesi a valle. Nel marzo 2021 gli Emirati hanno proposto una tabella di marcia che prevede di firmare una Dichiarazione sul futuro accordo globale sul Nilo Azzurro, che non fa parte della dichiarazione di principio del 2015, e di riavviare i colloqui da zero. Gli Emirati, che hanno buone relazioni e importanti investimenti in Etiopia, pensano di poter restringere il divario tra i tre Paesi. Inoltre, attraverso la risoluzione della disputa sulla Gerd, il Paese del Golfo ambisce a stabilire progetti agricoli nel Sudan orientale.
Il mese scorso l’Etiopia ha avviato ufficialmente la produzione di energia elettrica dalla Gerd, il progetto infrastrutturale contestato da Egitto e Sudan per il suo impatto sugli approvvigionamenti idrici dei Paesi della Valle del Nilo. L’annuncio è stato accolto con allarme dall’Egitto, che ha definito l’atto una “palese violazione” della Dichiarazione dei principi firmata tra Addis Abeba, Il Cairo e Khartum nel 2015. Anche il governo del Sudan ha respinto la decisione dell’Etiopia di inaugurare la produzione di elettricità dalla Gerd senza l’accordo dei Paesi a valle. “La decisione dell’Etiopia di avviare unilateralmente il funzionamento della Gerd costituisce una violazione della Dichiarazione di principi firmata dalle tre parti”, ha dichiarato in una nota il ministro sudanese per l’Irrigazione e le risorse idriche Daw al Bait Abdul-Rahman, facendo riferimento all’accordo che lega Khartum, Il Cairo ed Addis Abeba sul funzionamento dell’impianto idrico situato sul Nilo azzurro.
Una volta realizzata, la Gerd sarà la più grande infrastruttura idroelettrica dell’Africa, ma è al centro di una disputa regionale da quando l’Etiopia ha avviato il progetto nel 2011. Egitto e Sudan considerano la diga una minaccia a causa della loro dipendenza dalle acque del Nilo, mentre Addis Abeba la ritiene essenziale per il suo sviluppo. Si prevede che il progetto da 4,2 miliardi di dollari produrrà più di 5.000 megawatt di elettricità, più che raddoppiando la produzione di elettricità dell’Etiopia. Secondo i media etiopi la diga alta 145 metri – che si trova sul fiume Nilo Azzurro nella regione di Benishangul-Gumuz dell’Etiopia occidentale, non lontano dal confine con il Sudan – ha iniziato a generare 375 megawatt di elettricità da una delle sue turbine. L’Egitto, che dipende dal Nilo per circa il 97 per cento della sua irrigazione e acqua potabile, vede la diga come una minaccia esistenziale. Il Sudan spera che il progetto regolerà le inondazioni annuali, ma teme che le sue stesse dighe possano essere danneggiate senza un accordo sull’operatività della Gerd. Entrambi i Paesi hanno fatto pressioni sull’Etiopia per un accordo vincolante sul riempimento e sul funzionamento della diga, ma i colloqui sotto l’egida dell’Unione Africana (Ua) non sono riusciti a raggiungere una svolta.
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