Con il disegno di legge sull’autonomia “puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa”. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, esprimendo soddisfazione per il via libera del Consiglio dei ministri di ieri al disegno di legge messo a punto dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli. “Il governo – ha proseguito Meloni – avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d’Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi”. “La fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati – ha sottolineato poi il presidente –, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi”.
Grande soddisfazione è stata espressa anche dal ministro Calderoli che, nel corso della conferenza stampa che ha seguito il Cdm, ha rimarcato l’”approvazione all’unanimità” della legge. “Le parole della presidente Meloni sull’autonomia differenziata le ho fatte mie e sono i principi base dell’articolo 1 della legge”, ha detto il ministro, sottolineando che “i cittadini di serie A e B sono una realtà che vediamo oggi nel Paese, con una sperequazione fra territori, e credo che tutti questi problemi debbano essere superati”. Poi l’appello alle opposizioni: “sulla legge di attuazione dell’autonomia differenziata mi spiace già vedere risentimento rispetto ad un testo che pregherei di leggere prima di scatenare una contrarietà”. Sulla tempistica per l’approvazione della legge di attuazione dell’autonomia delle Regioni il ministro Calderoli ha sottolineato che “è stata pienamente rispettata” e che, se tutto viaggia nei tempi, “alla fine del 2023 dovremmo avere in porto l’approvazione della legge, dei Lep e dei costi e dei fabbisogni standard”. “Auspichiamo che a inizio 2024 si possa iniziare a considerare l’aspetto delle richieste di autonomia e dunque l’esame preliminare delle intese”, ha aggiunto.
“Oggi è una giornata speciale perché finalmente diamo attuazione ad una parte della Costituzione, con una legge che costruisce un modello compatibile con l’unità nazionale, e questo significa eguali servizi in tutte le Regioni”, ha evidenziato ieri nel corso della conferenza stampa il ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati. “Questa è una legge Costituzionale mai attuata e questo è inaccettabile: finalmente la scommessa è vinta, perché il metodo usato offre la dimostrazione di come le regioni del Nord e del Sud abbiano trovato un equilibrio”, ha aggiunto, ricordando che “nessuna Regione resterà indietro” ma si avrà “una migliore allocazione delle risorse”. “Ci sarà – ha rimarcato – un arricchimento e non un depauperamento per le Regioni”. Casellati ha poi risposto anche sulle tempistiche previste per le altre riforme in cantiere, in primis quella sul presidenzialismo: “Penso che nei prossimi giorni, la prossima settimana o quella successiva, incontrerò il presidente Meloni e la maggioranza per fare il punto sulla situazione e così entro giugno presentare un disegno di legge sul presidenzialismo”.
Il disegno di legge sull’Autonomia è composto da dieci articoli, e come si legge nel testo approvato in Cdm, “definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”. Il testo chiarisce che “l’attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” relative a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei relativi Livelli essenziali delle prestazioni, i quali “indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi tali diritti e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali, per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali”. Per quanto riguarda la procedura, nel testo si spiega che lo schema di intesa preliminare negoziato tra Stato e Regione viene approvato dal Consiglio dei ministri, trasmesso alla Conferenza unificata per “l’espressione del parere, da rendersi entro trenta giorni”, e poi “alle Camere per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari” entro “sessanta giorni”. Il presidente del Consiglio dei ministri o il ministro per gli affari regionali e le autonomie, valutati i pareri della Conferenza unificata, “predispone lo schema di intesa definitivo”, che è poi “trasmesso alla Regione interessata, che lo approva secondo le modalità e le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria”. Poi “entro trenta giorni dalla data della comunicazione dell’approvazione da parte della Regione, lo schema di intesa definitivo è deliberato dal Consiglio dei ministri”. Con lo schema di intesa definitivo, il Consiglio dei ministri delibera un disegno di legge di approvazione dell’intesa. “L’intesa definitiva, dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri, è immediatamente sottoscritta dal presidente del Consiglio dei ministri e dal presidente della Giunta regionale”, prosegue il testo, e “il disegno di legge, cui è allegata l’intesa, è immediatamente trasmesso alle Camere per la deliberazione”.
L’intesa tra Stato e Regione in tema di autonomia differenziata ha una durata “comunque non superiore a dieci anni”, secondo quanto prevede il testo. “L’intesa di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – si legge nello schema del ddl – indica la propria durata, comunque non superiore a dieci anni. Con le medesime modalità previste nell’articolo 2, su iniziativa dello Stato o della Regione interessata, l’intesa può essere modificata”. “L’intesa – si legge ancora – può prevedere inoltre i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Alla scadenza del termine di durata, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione, manifestata almeno dodici mesi prima della scadenza”
I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (Lep) e i relativi costi e fabbisogni standard sono determinati con uno o più decreti del presidente del Consiglio dei ministri. Nel testo si spiega che “dopo l’acquisizione dell’intesa della Conferenza unificata e comunque decorso il relativo termine di trenta giorni, lo schema di decreto è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere”, che “è reso entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto”. “Il presidente del Consiglio dei ministri – si legge –, valutato il contenuto dell’intesa della Conferenza unificata e del parere delle Camere o, comunque, una volta decorso il termine di quarantacinque giorni per l’espressione del parere di queste ultime, adotta il decreto, previa deliberazione del Consiglio dei ministri”. Il ddl stabilisce che il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, concernenti materie o ambiti di materie riferibili ai Lep, “può essere effettuato, secondo le modalità e le procedure di quantificazione individuate dalle singole intese, soltanto dopo la determinazione dei medesimi Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard”. “Qualora dalla determinazione dei Lep di cui al primo periodo derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – si legge –, si potrà procedere al trasferimento delle funzioni solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica”. Nel ddl si chiarisce poi che “le risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l’esercizio da parte delle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono determinate da una Commissione paritetica Stato-Regione”.
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