All’indomani delle elezioni presidenziali in Corea del Sud si delineano con maggiore chiarezza gli indirizzi fondamentali che caratterizzeranno la politica estera del conservatore Yoon Suk-yeol, ex procuratore eletto capo dello Stato. Il presidente eletto, che si insedierà alla Casa Blu il prossimo 10 maggio, si presenta come promotore di una politica di parziale smarcamento dall’equilibrio strategico del suo predecessore democratico, Moon Jae-in, e di più deciso allineamento alle priorità regionali degli Stati Uniti, anche attraverso una maggiore apertura al dialogo col Giappone e ad una interlocuzione più ferma con la Corea del Nord. Il primo leader internazionale a contattare Yoon dopo le elezioni è stato proprio il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che durante un colloquio telefonico nelle prime ore di oggi ha voluto sottolineare la solidità dell’alleanza tra i rispettivi Paesi. Secondo una nota della Casa Bianca, i due interlocutori hanno “affermato la solidità dell’alleanza tra Usa e Repubblica di Corea, che costituisce un fulcro per la pace, la sicurezza e la prosperità nell’Indo-Pacifico”. Spicca nella nota ufficiale proprio il riferimento all’Indo-Pacifico, espressione geografica della strategia regionale di Stati Uniti, Giappone e India tesa al contenimento dell’ascesa della Cina, e cui la Corea del Sud del presidente uscente Moon non ha mai formalmente aderito. Biden “ha evidenziato l’impegno degli Stati Uniti a difendere la Repubblica di Corea e si è detto pronto a lavorare assieme per approfondire la cooperazione su sfide globali chiave, inclusi il mutamento climatico, la pandemia di Covid-19 e le catene di fornitura”, così come il programma nucleare della Corea del Nord.
Proprio sul fronte delle relazioni con Pyongyang e della denuclearizzazione della Penisola coreana, Yoon si è fatto promotore di un “riequilibrio” rispetto all’apertura incondizionata di Moon, accusato dal presidente eletto di aver impostato il confronto con la Corea del Nord su un piano di subalternità. Yoon ha proposto nelle scorse settimane la costituzione di un ufficio diplomatico trilaterale, che includa permanentemente gli Stati Uniti nel dialogo per la normalizzazione delle relazioni inter-coreane. Il presidente neoeletto ha proposto come sito per il nuovo ufficio il villaggio di Panmunjom, lungo il confine demilitarizzato tra le due Coree, oppure Washington. Ad oggi né la Corea del Sud né gli Stati Uniti hanno relazioni diplomatiche formali con la Corea del Nord. Dopo la distruzione da parte del Nord dell’ufficio di collegamento inter-coreano, nel 2020, l’interlocuzione diretta tra le due Coree prosegue in forma limitata attraverso la linea di demarcazione militare, che dalla fine della Guerra di Corea, nel 1953, segna il confine di fatto tra i due Paesi.
Secondo il presidente sudcoreano eletto, formalizzare una cornice di dialogo trilaterale consentirebbe alle parti coinvolte di incontrarsi con maggiore regolarità, e non “di quando in quando, in occasioni isolate come è avvenuto sino ad ora”. Yoon ha posto l’accento sull’opportunità, a suo dire, di limitare il nuovo formato di dialogo multilaterale a soli tre attori, anziché estenderlo anche a Cina, Giappone e Russia, come nei “colloqui a sei” sul nucleare nordcoreano naufragati nel 2009. “Una volta che tre soggetti abbiano concordato un piano di denuclearizzazione effettiva, sarà possibile estendere i colloqui a quattro o sei parti. (A quel punto) si tratterebbe solo di ottenere l’approvazione internazionale a progressi che avremmo già conseguito”, ha spiegato a tale proposito il leader conservatore sudcoreano alla vigilia delle elezioni di ieri.
Nei giorni scorsi Yoon ha promesso di rafforzare l’apparato di difesa del Paese in risposta alla minaccia nucleare della Corea del Nord. Il presidente eletto ha però lasciato aperta la porta al dialogo diretto con il leader nordcoreano Kim Jong-un, a condizione di partire dalla base di impegni precisi nel senso della denuclearizzazione. “Affinché i leader (delle due Coree) provino a incontrarsi, andrebbe prima raggiunto un accordo tramite contatti frequenti. Se (i due leader) si incontrassero soltanto per sollecitarsi ad ‘andare d’accordo’, non sarebbe vera diplomazia”, ha ammonito Yoon, “ma una messinscena, una scenata che userebbe la democrazia e la riunificazione inter-coreana a fini di politica interna. Io non mi presto a scenate”, ha affermato il presidente neoeletto. Un ulteriore fronte delle relazioni intercoreane sul quale il nuovo presidente ha espresso una cauta apertura è anche quello della cooperazione allo sviluppo, che il presidente uscente Moon ha tentato senza successo di promuovere tramite progetti quali il riallacciamento delle reti ferroviarie tra i due Paesi e l’edificazione di un complesso sciistico presso il monte Kumgang: “Intendo continuare a promuovere il ‘Piano di sviluppo economico congiunto inter-coreano’ in vista dell’era post-nucleare”, ha affermato il presidente eletto, precisando però che la concretizzazione di tali progetti dipende da “una decisione coraggiosa” di Pyongyang nel senso della denuclearizzazione.
Le complicate relazioni bilaterali con il Giappone potrebbero rappresentare uno dei principali elementi di rottura della politica estera sudcoreana rispetto ai cinque anni appena trascorsi. Negli ultimi anni l’enfasi posta dall’amministrazione democratica uscente sulle dispute di carattere storico con il Giappone ha causato un progressivo raffreddamento delle relazioni tra i due vicini asiatici, con conseguenze negative anche sul fronte degli scambi commerciali. Sotto la guida di Moon, Seul ha disconosciuto alcuni dei termini dell’accordo che nel 1965 ha normalizzato le relazioni bilaterali, riaprendo le dispute relative alle compensazioni per i danni arrecati dal Giappone durante l’occupazione coloniale e la Seconda guerra mondiale. Nelle scorse settimane, Yoon ha duramente contestato il suo predecessore per lo stato delle relazioni tra Seul e Tokyo: “Credo che l’attuale amministrazione non attui praticamente alcuna diplomazia nei confronti del Giappone”, ha accusato il presidente eletto. “Le comunicazioni con il ministero degli Esteri giapponese sono praticamente inesistenti”.
Oggi, all’indomani della sua elezione, Yoon ha assunto l’impegno a lavorare con il Giappone per superare le controversie di carattere storico: “Le relazioni tra Corea del Sud e Giappone, in particolare, necessitano di attenzione per trovare un indirizzo futuro che benefici entrambi i Paesi e i loro popoli”, ha dichiarato Yoon nel corso di una conferenza stampa. Il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, ha colto con prontezza l’apertura offerta dal nuovo presidente: “Gli esprimo le mie sincere congratulazioni per la sua elezione”, ha detto oggi il premier giapponese. “La stabilità delle relazioni tra Corea del Sud e Giappone è necessaria alla pace, alla stabilità e alla prosperità della regione e della comunità globale. Attendiamo l’inizio della leadership del presidente eletto Yoon Suk-yeol e intendiamo lavorare con lui per migliorare le nostre relazioni”, ha aggiunto Kishida.
Come il suo avversario socialdemocratico alle elezioni di ieri, Lee Nak-yon, il neoeletto Yoon si è espresso con estrema cautela in merito alle relazioni con la Cina, che costituisce un partner commerciale essenziale per la Corea del Sud ma anche una questione sempre più problematica sul fronte della sicurezza e degli equilibri regionali. Proprio dai dibattiti elettorali col suo avversario, specie in merito alla spinosa questione delle batterie di difesa missilistica statunitensi “Thaad” schierate sul territorio sudcoreano, emerge però la volontà del presidente neoeletto di riposizionare Seul in una posizione di più esplicito allineamento alle priorità strategiche regionali degli Stati Uniti, prima tra tutte il contenimento dell’ascesa della Cina. Yoon ha affermato in particolare che la che la cosiddetta politica dei “tre no”, formulata dal presidente uscente Moon come rassicurazione nei confronti dell’omologo cinese Xi Jinping, non ha alcuna consistenza formale.
Tale politica afferma nello specifico che la Corea del Sud non istituirà alleanze difensive formali col Giappone, non aderirà a programmi di difesa missilistica degli Stati Uniti e non amplierà la presenza sul suo territorio delle batterie antimissile statunitensi Thaad. Prima delle elezioni Yoon non ha escluso in linea di principio che la Corea del Sud possa aderire in futuro alla rete di condivisione dell’intelligence “Five Eyes” e persino al Quad, il nuovo forum regionale di cooperazione per la sicurezza che include Usa, Giappone, India e Australia. Yoon si è detto invece convinto che Seul non necessiti del deterrente strategico per sottomarini che gli Stati Uniti si sono impegnati a fornire all’Australia tramite il programma Aukus. In termini più ampi, il presidente eletto ha argomentato che le relazioni globali sudcoreane debbano riequilibrarsi lungo due assi distinti: un primo asse che colleghi Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti; e un secondo asse, attinente soprattutto allo sviluppo economico e commerciale, che invece includa Corea del Sud, Cina e Giappone.
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