Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha approvato nella seduta odierna la Relazione sulle prospettive di sviluppo della difesa comune europea e della cooperazione tra i servizi di intelligence, relatore l’onorevole Enrico Borghi. Lo rende noto il presidente del Copasir, senatore Adolfo Urso. “Abbiamo ritenuto – aggiunge Urso – di concludere la relazione sulla Difesa, approvata come sempre alla unanimità, perché riteniamo la questione di primaria importanza per la tutela degli interessi nazionali, tanto più in presenza di una guerra di aggressione che impegna il nostro Paese, i nostri partner europei e della Alleanza atlantica, consapevoli che ciò possa essere base di riflessione importante del prossimo Parlamento già all’inizio della prossima legislatura”.
Urso evidenzia, quindi, le conclusioni della Relazione: “Gli sviluppi del ritiro dall’Afghanistan e della guerra in Ucraina, seguiti con attenzione dal Comitato, hanno evidentemente rafforzato nell’Unione europea la determinazione a procedere rapidamente verso la prospettiva di una difesa comune. È tornata di attualità l’idea di armonizzare il ruolo civile ed economico dell’Europa con il suo peso diplomatico e militare, che già aveva ispirato la Comunità europea di difesa agli albori del processo di integrazione. L’Unione europea dovrebbe assumere un atteggiamento più assertivo e una funzione di global security provider, in grado di modulare la propria azione sia con l’hard che con il soft power. In questa direzione si sono mosse una serie di recenti iniziative: la Strategia globale del 2016, il Fondo europeo per la difesa, il rafforzamento del meccanismo di Cooperazione strutturata permanente e, da ultimo, lo Strategic compass. Quest’ultimo, in particolare ha previsto entro il 2025 l’organizzazione di una forza di dispiegamento rapido di 5.000 unità, che dovrebbe disporre dell’autonomia strategica e delle dotazioni militari e di intelligence necessarie per poter effettivamente intervenire in scenari di crisi non permissivi. Si tratterebbe – continua la Relazione – di una significativa evoluzione rispetto agli attuali Gruppi tattici dell’Unione europea, mai entrati effettivamente in azione, e potrebbe aprire la strada a successivi sviluppi. Si reputa auspicabile che la soglia di 5.000 unità possa essere già ora incrementata con la prospettiva di un ulteriore potenziamento”.
“Resta invece non percorribile realisticamente – si legge sempre nelle conclusioni della Relazione – la soluzione di un vero e proprio esercito europeo a causa della tradizionale autonomia delle Forze armate nazionali e della prevalente contrarietà dei governi e dei Parlamenti degli Stati membri nei confronti di potenziali cessioni di sovranità. L’obiettivo è invece integrare la funzione essenziale di difesa collettiva svolta dalla Nato con una propria autonoma capacità di intervento in situazioni di crisi esterne al raggio d’azione dell’Alleanza atlantica ma potenzialmente destabilizzanti per gli interessi vitali dell’Unione. Ne è un esempio l’area del Mediterraneo allargato, dove al progressivo disimpegno degli Stati Uniti hanno fatto da contraltare la crescente presenza russa e cinese e il proliferare del terrorismo, che rappresentano per l’Europa una concreta minaccia anche in termini di sicurezza delle fonti di approvvigionamento energetico e di incremento dei flussi migratori. Gli obiettivi richiamati devono essere accompagnati da una sostanziale disponibilità di risorse finanziarie sia, a livello di singoli Stati, tramite il raggiungimento della soglia del 2 per cento del Pil da destinare alle spese per la difesa, sia favorendo un’inversione di tendenza nel quadro finanziario europeo che ha registrato nell’ultimo bilancio settennale un complessivo decremento dei fondi che appare incoerente e incompatibile con l’ambizione di una politica di difesa comune, tanto più alla luce della guerra in corso in Ucraina, della rilevanza delle varie minacce, anche di tipo ibrido, nonché dell’esigenza di presidiare il perimetro del Mediterraneo allargato”.
Nella Relazione si sottolinea che “nello sviluppo di una difesa comune europea, una particolare opportunità è rappresentata dal dominio cibernetico, entrato solo di recente tra le priorità delle organizzazioni militari e quindi scevro da quelle stratificazioni storiche, economiche e amministrative che nei domini tradizionali rendono più difficile l’adozione di un approccio condiviso tra le Forze armate degli Stati membri. Il nostro Paese può e deve giocare un ruolo di rilievo in tale contesto, non tralasciando quindi il tassello cyber defence nel contesto della strategia di cybersicurezza nazionale. Anche per quanto riguarda l’aerospazio, incluso dallo Strategic compass tra i domini di importanza strategica, l’Italia può fornire un contributo importante in virtù dell’alto livello di specializzazione dell’industria nazionale in questo campo. Per quanto più in generale riguarda l’industria europea della difesa, lo Strategic compass ha rilevato che la molteplicità dei sistemi d’arma adottati su base nazionale e la conseguente frammentazione della base produttiva rappresentano un grave ostacolo al superamento delle carenze di capacità militare dell’Europa. Sono di conseguenza incentivati gli investimenti nella cooperazione militare ed è auspicabile che i grandi gruppi industriali italiani del settore proseguano il percorso in tal senso, già avviato con un certo successo per quanto riguarda alcune iniziative di Leonardo e di Fincantieri. Appare inoltre necessaria una migliore integrazione dei diversi programmi di difesa, superando l’attuale frammentazione e valorizzando il ruolo dell’Occar”.
Nella Relazione si osserva, poi, che “anche per quanto riguarda le attività di intelligence, i recenti sviluppi geopolitici e le conseguenti posizioni assunte dall’Unione europea indicano una tendenza all’incremento delle iniziative comuni. Analogamente a quanto rilevato in merito all’impraticabilità di un esercito europeo, la salvaguardia del perimetro sovrano di ciascun Stato membro rende impercorribile l’idea di un’intelligence unificata. Resta comunque l’esigenza di perseguire il miglioramento delle sinergie per la gestione dei flussi informativi, mettendo il più possibile in comune analisi, valutazioni e dispositivi di reazione a crisi che mettono in discussione la sicurezza comune, anche valorizzando la partecipazione dell’Italia e di altri Stati membri ad alcuni consessi di collaborazione in materia come il Quint e i Fourteen Eyes. A tal fine sarà opportuno tenere in considerazione anche i recenti sviluppi che il conflitto in Ucraina ha determinato nelle modalità in cui le informazioni di intelligence vengono raccolte, utilizzate e gestite e nel ruolo determinante assunto dall’utilizzo delle fonti open source per controllare ed orientare la narrazione e influenzare i processi decisionali delle controparti. Giova inoltre ricordare come la costruzione europea, poggiando le proprie fondamenta su economia e concorrenza, trascurando l’esigenza della sicurezza, della difesa e dell’energia che i padri fondatori avevano individuato come elementi fondamentali, si sia rivelata purtroppo fragile. È quindi indispensabile recuperare l’orientamento originario per superare la condizione di dipendenza drammaticamente evidenziata dagli ultimi eventi. Infine, il Comitato esprime l’auspicio che, come già avvenuto per la Relazione sull’attività svolta dal 1° gennaio 2021 al 9 febbraio 2022, il Parlamento preveda un dibattito sui temi della presente relazione anche in considerazione del processo innescato dallo Strategic Compass sulla difesa comune europea e delle conclusioni del vertice Nato svoltosi a Madrid alla fine del mese di giugno”.
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