Congo-Kinshasa: le milizie M23 accettano di ritirarsi e chiedono un incontro con le autorità

Il portavoce politico del gruppo Lawrence Kanyuka ribadisce che i combattenti rispetteranno il cessate il fuoco concordato fra le parti

I combattenti del Movimento 23 marzo (M23) hanno accettato di ritirarsi dai territori occupati nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc) e di favorire la pace, come concordato nel quadro del mini vertice tenuto a Luanda fra le autorità congolesi e del Ruanda, Paese accusato di finanziare l’attività dei ribelli.

In un comunicato pubblicato oggi, il portavoce politico del gruppo Lawrence Kanyuka ribadisce che i combattenti rispetteranno il cessate il fuoco concordato fra le parti ed aggiunge che, sebbene i suoi membri non siano stati rappresentati al vertice angolano, questi accettano di “avviare il processo di disimpegno e ritiro” delle loro milizie, nella volontà di sostenere gli sforzi regionali per instaurare una pace durevole nell’Rdc. L’M23 chiede inoltre che un altro incontro sia organizzato con la forza regionale della Comunità dell’Africa orientale (Eac) schierata nell’est congolese per contrastarli ed i funzionari del meccanismo di verifica istituito per coordinare gli sforzi di pace, al fine di discutere con il mediatore degli elementi di dibattito. I ribelli ribadiscono infine la loro richiesta di tenere un dialogo direttamente con il governo della Rdc, al fine di cercare una soluzione al conflitto ma anche di comprenderne le cause.

La comunicazione dell’M23 segue la chiusura odierna del terzo incontro fra le autorità della Repubblica democratica del Congo (Rdc) e i gruppi armati attivi nell’est del Paese, tenuto a Nairobi dallo scorso 28 novembre. L’incontro, riferisce in un comunicato la Comunità dell’Africa orientale (Eac), si è svolto “in un clima cordiale”, alla presenza dell’ex presidente keniota e facilitatore del processo di Nairobi Uhuru Kenyatta. Presenti le delegazioni dei gruppi armati, gruppi della società civile e le vittime di violenze, che hanno partecipato a consultazioni in attesa dell’apertura del dialogo. Al termine della settimana di incontri, le parti hanno concordato di costituire un comitato formato da rappresentanti delle diverse comunità, dell’Eac e del governo congolese che saranno incaricati di lavorare per il rilascio dei prigionieri con casellario giudiziario vergine o condanne; di facilitare gli abitanti che vivono nei pressi di parchi nazionali seguendo progetti ecologici; di tenere una riunione fra ufficiali di governo e comunità locali a Maniema per discutere degli sviluppi minerari nella regione; l’istituzione di un processo interamente finanziato dall’Eac per garantire la riuscita del processo di Nairobi. Il presidente Felix Tshisekedi, si legge ancora nel documento, terrà consultazioni con i gruppi dei 145 territori congolesi, “in modo da offrire delle opportunità al popolo dell’Est del Congo”, e chiederà alla comunità internazionale di sostenere questo processo redigendo una tabella di marcia derivante dagli impegni presi nel quadro del processo di Nairobi. Si chiede infine il blocco delle ostilità, la liberazione dei bambini soldati e la garanzia di un libero accesso umanitario ai territori coinvolti nella crisi.

L’annuncio cade mentre nell’Rdc sale la pressione mediatica e politica sull’attacco armato al villaggio di Kishishe, nel Nord Kivu, che lo scorso 29 novembre ha provocato l’uccisione di almeno 272 persone ed è attribuito da Kinshasa all’M23. Oggi il ministro in carica della situazione orientale ed ex governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, ha precisato che le vittime si trovavano all’interno di una chiesa cristiana avventista. L’M23 ha tuttavia respinto la responsabilità del massacro, lamentando a carico dei suoi combattenti “accuse prive di fondamento” ed affermando di non aver mai preso di mira civili. Il presidente Felix Tshisekedi ha chiesto al ministro della Giustizia di aprire “senza indugio” un’indagine interna e allo stesso tempo di lavorare per un’indagine internazionale per far luce “su questo crimine di guerra”. Il governo congolese ha inoltre organizzato un evento televisivo per raccogliere fondi a sostegno dei familiari delle vittime. Il massacro di Kishishe è stato effettuato all’indomani della ripresa dei combattimenti tra le Forze armate congolesi (Fardc) e i ribelli filo-ruandesi nella provincia orientale del Nord Kivu, nonostante un nuovo cessate il fuoco fosse stato concordato fra le parti.

Secondo quanto riferiscono fonti citate da “Rfi”, gli scontri sono ripresi a Kirima, nell’estremo ovest del territorio di Rutshuru e al confine con Masisi, proprio nei giorni in cui si sono aperti a Nairobi i colloqui di pace. Nei giorni scorsi l’M23 aveva fatto sapere di accettare il cessate il fuoco richiesto dalle autorità congolesi e ruandesi al vertice di Luanda ma ha chiesto a Kinshasa di rispettarlo a sua volta, accusando il governo congolese di non averlo fatto in occasione dell’analogo impegno preso lo scorso 1 aprile con l’M23. “Ricordiamo che l’M23 aveva già firmato l’1 aprile un cessate il fuoco unilaterale, tuttora in corso”, scrivono i miliziani accusati da Kinshasa di ricevere sostegno ruandese. I ribelli ribadiscono che l’impegno di rispettare il cessate il fuoco era stato messo per iscritto lo scorso 20 aprile in un documento firmato da entrambe nella cittadina ugandese di Entebbe, accordo tuttavia “non è stato mai rispettato dalla coalizione governativa”, che include le Forze armate congolesi (Fardc), le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fldr), le forze Nyatura, l’Alleanza patriottica per un Congo libero e sovrano (Apcls) guidata da Janvier Karairi, le milizie Codeco (Cooperativa per lo sviluppo del Congo) e Mai-Mai. “Ancora una volta, l’M23 accetta il cessate il fuoco come richiesto dai capi di Stato (di Rdc e Ruanda) ma chiede al governo di Kinshasa di rispettarlo a sua volta, senza la cui condizione l’M23 si riserva il diritto di difendersi e di proteggere la popolazione contro ogni violazione del cessate il fuoco”, si legge nel testo.

In precedenza i ribelli dell’M23 avevano del resto rifiutato di ritirarsi dalle posizioni conquistate nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc). “Non siamo stati invitati a quell’incontro (di Luanda)”, ha detto all’edizione Grandi Laghi della “Bbc” un membro del gruppo, Canisius Munyarugerero, riferendosi al mini vertice convocato a Luanda dal governo angolano alla presenza dei presidenti congolese e ruandese Felix Tshisekedi e Paul Kagame. “Noi M23 non siamo burundesi, non siamo ruandesi, non siamo kenioti, nemmeno angolani. Siamo congolesi e siamo a casa nostra, ci dicono di ritirarci dove?” ha aggiunto, ribadendo la determinazione dei ribelli a non ritirarsi. Attualmente i combattenti dell’M23 sono arrivati a 20 chilometri da Goma, capoluogo del Nord Kivu, procedendo dall’est del Paese – dove occupavano una zona intorno al vulcano Sabinyo, vicino al confine con il Ruanda – e sostenendo di recuperare territori che negli anni sono stati loro sottratti. Il gruppo occupa ora una vasta area nella provincia del Nord Kivu e minaccia di prendere Goma. In un commento pubblicato sul loro account Twitter, tuttavia, gli M23 affermano di essere aperti al dialogo: “Rimaniamo pacifisti e impegnati nel dialogo auspicato dai capi di stato di Eac (la comunità dei Paesi dell’Africa orientale, ndr.) come unica via suscettibile per risolvere alla radice i conflitti nell’est”, si legge. Riformatisi nel 2017 dopo un precedente scioglimento, gli M23 hanno ricominciato da quella data a effettuare incursioni nell’est congolese. Kinshasa accusa il governo ruandese di sostenerli finanziariamente e nella logistica, accuse che Kigali ha respinto.

A Luanda i presidenti della Repubblica democratica del Congo (Rdc) e del Ruanda, Felix Tshisekedi e Paul Kagame, hanno firmato un accordo nel quale si impegnano a mettere fine alle ostilità in corso nell’est congolese a partire dallo scorso 25 novembre. La dichiarazione è stata firmata nel quadro del mini-vertice convocato il 23 novembre a Luanda dal presidente angolano Joao Lourenco per discutere della crisi legata agli attacchi dell’M23, alla presenza del presidente del Burundi, Evariste Ndayishimiye, e dell’ex presidente keniota Uhuru Kenyatta, attuale mediatore dell’Eac per la Rdc. Presente alla firma anche il ministro degli Esteri ruandese, Vincent Biruta. I firmatari hanno inoltre convenuto che se i ribelli dell’M23 non si ritireranno immediatamente dai territori congolesi occupati, le truppe della forza regionale schierata dall’Eac – cui stanno partecipando attivamente gli eserciti di Kenya, Uganda e Burundi – attaccheranno le posizioni dei miliziani. L’Ufficio del dipartimento di Stato Usa per gli affari africani ha accolto “con favore gli sforzi” messi in atto dal governo dell’Angola insieme ai leader dei Paesi dei Grandi Laghi “per porre fine alla violenza e alle sofferenze nella parte orientale della Rdc. Washington ha sottolineato che un simile obiettivo è raggiungibile solo “se l’M23 cessa la sua offensiva, il Ruanda interrompe il suo sostegno all’M23 e tutte le parti rifiutano l’incitamento all’odio e mantengono gli impegni di pace e riconciliazione”. In un documento ufficiale, il parlamento europeo ha invitato il Ruanda a “smettere di sostenere gli M23” e ha esortato i Paesi dell’Ue ad imporre sanzioni a chiunque violi i diritti umani nell’est congolese, auspicando che quelle già esistenti contro gli alti comandanti dell’M23 “siano mantenute ed estese per includere (…) alti funzionari di tutta la regione che sono complici degli abusi del gruppo armato”.