L’Italia è pronta a giocare un ruolo da protagonista nella crescita dell’Angola, accompagnando il Paese nella sua volontà di affrancare la crescita nazionale dal settore petrolifero e di promuovere un maggior coinvolgimento del settore privato in progetti che vanno oltre il settore energetico. E’ questa la volontà espressa nei numerosi interventi pronunciati al Forum economico Italia-Angola, evento svolto oggi a Roma e organizzato da Confindustria Assafrica & Mediterraneo in collaborazione con l’Agenzia degli investimenti e della promozione delle esportazioni dell’Angola (Aipex). Un’impronta decisa, quella emersa nel corso di un pomeriggio di lavori aperti dal presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo Massimo Dal Checco, che ha ricordato come dal punto di vista economico il governo Lourenco in Angola stia effettuando un delicato passaggio di paradigma, conducendo il Paese da un’economia prevalentemente di Stato ad un nuovo modello, in cui il settore privato può giocare un ruolo significativo. L’iniziativa è stata confermata dallo stesso presidente angolano, Joao Lourenco, presente al forum e che ha ribadito come il suo Paese sia “aperto agli investimenti italiani in tutti i settori, con una preferenza per quelli non petroliferi”. “L’Angola ha in programma di privatizzare oltre 70 aziende statali nel giro dei prossimi anni e speriamo che l’appuntamento di oggi permetta di alimentare il dialogo fra imprenditori italiani e angolani per un comune beneficio e crescita”, ha detto Lourenco, ricordando che l’italiana Eni è uno dei principali investitori stranieri nel settore del gas e oil angolano ma sta diversificando la sua produzione. “Desideriamo farlo anche noi, tenendo in conto l’esperienza e il prestigio Italiano sul mercato internazionale, anche nel settore turistico”, ha detto il capo dello Stato.
Dall’esecutivo italiano parole convinte in sostegno di una partnership con Luanda sono venute dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, per il quale l’Angola “è un Paese strategico non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa” e che non ha perso occasione di rilanciare le promesse del Piano Mattei per l’Africa, iniziativa cara al governo Meloni che intende promuovere una partnership rafforzata anche con Luanda, in modalità “win-win” e per una comune crescita. Un impegno che per Urso non fa che rafforzare la forte amicizia esistente fra i due Paesi e il solido interscambio commerciale, che nel 2022 con 1,8 miliardi di euro ha visto “un significativo rilancio” dopo l’inevitabile rallentamento pandemico. Urso ricorda anche che Italia e Angola possono collaborare anche nell’aerospazio, settore nel quale non solo l’Italia “è la sesta potenza globale” ma che ha con l’Africa un rapporto stretto, avendo avviato la sua esperienza dalla base keniota di Malindi, “che potrebbe essere riattivata e implementata”. I lavori entrano nel vivo con gli interventi delle autorità economiche angolane. Lello Joao Francisco, presidente dell’Agenzia degli investimenti e della promozione delle esportazioni (Aipex) – l’Ice angolana – racconta di come Luanda abbia lavorato negli ultimi anni per agevolare gli investimenti internazionali nel Paese, approvando ad esempio nel 2018 una legge che garantisce alle aziende straniere operative in Angola di rimpatriare i loro capitali e di accedere – in caso di contenzioso – ai tribunali angolani per una moderazione. “L’Angola è stata suddivisa in quattro zone e a mano a mano che si procede verso l’interno del Paese aumentano gli incentivi ed i pacchetti di investimenti”, ha aggiunto Francisco, precisando che il governo angolano ha ad esempio interesse a migliorare le sue infrastrutture e che anche per questo ha voluto aggiornare le leggi sugli investimenti esteri.
Da Eni, azienda che può contare su oltre 40 anni di presenza in Angola, viene la conferma dell’interesse a continuare ad investire nel Paese sub-sahariano. Mario Bello, responsabile di Eni per le attività nell’area dell’Africa sub-sahariana, sottolinea come dopo tutti questi anni l’Angola continui ad essere “strategico” per l’Italia, come dimostra la recente creazione di Azule Energy, joint venture di Eni e Bp che unisce risorse e competenze angolane ed internazionali. “Eni è presente in Angola dal 1980, fu una delle prime aziende straniere ad entrare nel Paese dopo l’indipendenza dal Portogallo”, ricorda Bello, che dei due anni vissuti nel Paese africano porta un ricordo “vivido”. Il manager ha sottolineato gli sforzi di Eni per accompagnare gli sforzi angolani nella diversificazione e per la transizione energetica, con l’obiettivo di creare occupazione e favorire la crescita economica nel Paese. Un’attenzione particolare va agli sforzi per facilitare l’accesso ad un’energia a basso impatto ambientale, attività che negli anni hanno trovato in Angola un terreno fertile e “un buon esempio”. Proprio oggi l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e il presidente della società, Giuseppe Zafarana, hanno accolto Lourenco presso il tecnopolo Eni 2050 lab situato all’interno del Gazometro di Roma Ostiense, con l’obiettivo di illustrare alla sua delegazione le ultime soluzioni tecnologiche per la decarbonizzazione. Lourenco è stato accompagnato da Adao Francisco Correia De Almeida, ministro di Stato e suo capo di gabinetto, e da Tete Antonio, ministro per gli Affari esteri.
La strategia di crescita angolana appare definita, basata su un piano di rilancio economico quinquennale che, al termine del periodo 2023-2027, ambisce a ridurre a poco più del 20 per cento l’apporto del settore petrolifero alla crescita. Così, ha spiegato il ministro dell’Economia e Pianificazione angolano, Mário Augusto Caetano Joao, l’Angola lavora per una crescita stimata al 3,6 per cento che intende raggiungere soprattutto con il sostegno del settore non petrolifero, in ambiti disponibili ad accogliere aziende italiane ed internazionali. “Il Paese ha fatto prova negli ultimi anni di una buona resilienza”, ha detto il ministro, specificando che fra i settori che hanno trainato la crescita ci sono quello dell’agribusiness e della pesca e che grazie ad un sano interscambio commerciale Luanda è riuscita a controbilanciare il debito. Il Paese lavora per diversificare la sua economia – ha aggiunto Joao – ed è questa la chiave che gli ha permesso di far fronte alle crisi globali del periodo”.
Sul fronte aziendale e delle società di internazionalizzazione a partecipazione statale l’interesse a promuovere nuovi progetti in Angola è confermato. Se per Inalca Riccardo Zani Cremonini ricorda che la compagnia ha investito finora oltre 50 milioni di dollari nel Paese ed è intenzionata a portare avanti i suoi progetti di investimento, da Ice viene la firma di un accordo per un importante progetto di formazione che vedrà protagoniste diverse realtà italiane. “Sarà uno showroom permanente del settore agribusiness italiano in Angola e lo vogliamo inserire all’interno di una struttura produttiva, di successo, che ci indicheranno gli angolani”, ha spiegato Matteo Zoppas, presidente dell’agenzia, ricordando che “l’Italia negli anni si è data uno strumento importantissimo, che è quello di fare formazione, e di farlo costruendo strutture”. Per Zoppas l’occasione è ricca di promesse, il progetto è già stato finanziato e vede “diversi partner italiani pronti a collaborare”, ribadendo di fatto “l’interesse importante di Ice a lavorare su progetti con scambi sul posto e iniziative di formazione”.
Anche Cassa Depositi e Prestiti porta a casa la firma di un memorandum d’intesa per l’avvio di una partnership di lungo periodo con il ministero delle Finanze angolano, una collaborazione che si intende orientata al sostegno e alla creazione di progetti pubblici e privati in settori chiave per lo sviluppo sostenibile dell’Angola: fra questi infrastrutture, energia, agritech, manifattura e turismo. L’impegno a sostenere le aziende italiane in Africa è stato ribadito anche da Sace e Simest, entrambe disponibili a supportare le attività all’estero delle nostre imprese. Valerio Perinelli di Sace mette a fuoco gli strumenti messi a disposizione dei clienti – “la conoscenza del mercato, le risorse e l’agilità operativa” -, mentre Francesca Alicata, capo relazioni esterne di Simest, ricorda che fra le mansioni dell’agenzia ci sono anche interventi meno diretti e più mediatori, ad esempio per calmierare l’eventuale tasso di interesse imposto dalle banche locali e agevolare così l’attività delle imprese italiane sul posto.