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Con la Brexit gli inglesi realizzano il tartufo bianco in laboratorio, business a rischio

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Con la Brexit gli inglesi hanno iniziato a realizzare in laboratorio il Tartufo Bianco che potrebbe presto sostituire sulle tavole britanniche quello italiano, che al contrario cresce spontaneamente. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’annuncio che il pregiato Tuber magnatum pico potrebbe essere prodotto in Gran Bretagna grazie alla scoperta degli scienziati dell’Istituto nazionale francese per la ricerca sull’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente (Inrae) che nei propri laboratori avrebbero affinato l’arte di coltivarlo. I funzionari hanno detto – spiega Coldiretti – che un lotto di alberelli di quercia di tartufo bianco è stato già portato nel Regno Unito nel tentativo di avviarne la produzione.


Brexit, il commento di Coldiretti Piemonte

“Il tartufo bianco è quello che si trova in natura ed il Piemonte dei tartufi per eccellenza – commentano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa delegato confederale -. Anche se i terreni britannici, calcarei e umidi, sarebbero particolarmente adatti per consentirne la coltivazione secondo gli scienziati, è auspicabile che i tuberi “copiati” e prodotti negli impianti abbiano comunque una etichettatura apposita, per evitare di ingannare i consumatori e aumentare i rischi della vendita sul mercato di importazioni low cost spacciate per italiane, magari come pregiato tartufo bianco tricolore. Un fenomeno contro il quale non a caso la Coldiretti è impegnata a chiedere la tracciabilità delle transazioni e l’indicazione obbligatoria dell’origine. In gioco c’è un business, stimato in oltre mezzo miliardo di euro sull’intera Penisola”.

Il tartufo in Piemonte è radicato nella tradizione, è particolarmente sensibile all’inquinamento, ai cambiamenti climatici e cresce soltanto in condizioni ambientali molto specifiche. Una cosa che hanno in comune la maggior parte dei tartufi è la capacità di svilupparsi in terreni ricchi di carbonati di calcio, umidi ma ben drenati e senza ristagni e ben areati. Queste condizioni si possono trovare specialmente in alcune zone del Piemonte, le più famose per la raccolta dei tartufi: la zona del Monferrato, il Roero, le Langhe, le colline comprese tra la zona est della provincia di Cuneo, a sud di Asti e a sudovest di Alessandria. In Piemonte si raccolgono tutti i tipi di tartufo, in diversi periodi dell’anno, ma ciò che ha reso così famosa questa terra è sicuramente la massiccia presenza del tartufo più pregiato in assoluto: il tartufo bianco pregiato, detto appunto anche bianco d’Alba.

“In attesa di capire se i tentativi inglesi di produrre il pregiato tubero andranno a buon fine, i problemi più immediati per la filiera del tartufo italiano restano però quelli legati all’emergenza Covid, con la chiusura del canale della ristorazione che rappresenta di fatto il principale sbocco di mercato, con la conseguente paralisi delle vendite. A pesare sono state anche le limitazioni imposte dalle misure di prevenzione che hanno ostacolato l’organizzazione delle tradizionali mostre, sagre e manifestazioni dedicate al tartufo. Oltretutto il tartufo svolge anche una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta una importante integrazione di reddito per le comunità locali”, concludono Moncalvo e Rivarossa.

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