Almeno nove militari sono morti in Colombia e altri otto sono rimasti feriti in un attacco con esplosivi attribuito all’Esercito di liberazione nazionale (Eln) nella regione rurale di El Carmen, nel dipartimento di Norte de Santander, al confine con il Venezuela. “Condanniamo il violento attacco presumibilmente perpetrato dall’Eln a Norte de Santander contro il nostro Esercito. Piangiamo la morte dei militari uccisi. I gruppi illegali devono capire che la pace totale è il modo per garantire i diritti e la vita dei cittadini”, si legge in u tweet del ministero della Difesa della Colombia.
Solo lo scorso 26 marzo almeno un militare è morto e altri due sono risultati feriti in Colombia a seguito di un attacco con esplosivo attribuito all’Eln. In una nota diffusa sulle reti sociali, l’Esercito della Colombia ha fatto sapere che un comando, impegnato ad “offrire protezione e tranquillità” agli abitanti di San José de Palmar (nella regione occidentale di Chocò) è stato vittima di una “azione terroristica, che infrange le regole del diritto internazionale umanitario”. L’attacco, secondo le informazioni dell’intelligence militare, “sarebbe stato perpetrato da componenti del Fronte Ernesto Che Guevara dell’Eln, al cui comando si troverebbe il guerrigliero noto con il nome di ‘Yerson'”.
L’escalation di attacchi si produce mentre Eln e governo della Colombia sono impegnati in un delicato negoziato di Pace, con un secondo round chiuso a metà marzo a Città del Messico. Nell’occasione le parti hanno definito un’agenda in sei punti tra cui spicca quello che esprime la necessità di garantire “uno status giuridico” ai membri dell’Eln, sia quelli sotto processo che quelli già condannati dalle autorità giudiziarie. Il documento impegna inoltre le parti a “sradicare ogni forma di attività paramilitare”, sottolineando la necessità di un cessate il fuoco e dell’accesso umanitario. “Durante questo processo verrà stabilito un accordo sulle armi in dotazione all’Eln, di pari passo con il superamento delle violenze”, si legge nel comunicato. A questo proposito, viene concordato lo sviluppo di “meccanismi di controllo, monitoraggio e verifica” con la partecipazione di società civile, comunità internazionale, governo e Eln.
Il secondo punto propone invece di “esaminare in una prospettiva democratica il modello economico, il regime politico e le dottrine che impediscono l’unità e la riconciliazione nazionale”. Si tratta di una novità rispetto ai precedenti negoziati del governo colombiano con le ex Farc all’Avana, allorché l’esecutivo dell’ex presidente Juan Manuel Santos si rifiutò di discutere con i guerriglieri del modello statale ed economico in vigore nel Paese. Infine, l’agenda prevede un punto dedicato al ruolo delle vittime, per le quali si propone “un risarcimento integrale collettivo o individuale” e “un’assunzione di responsabilità” da parte di tutte le parti.
La ripresa dei negoziati tra il governo colombiano e l’Eln, una delle priorità della politica di “pace totale” del presidente colombiano, Gustavo Petro, è stata formalizzata il 21 novembre 2022, quando le parti hanno istituito un tavolo di dialogo per riavviare i negoziati di un accordo. Dopo un primo round di colloqui tenuto a metà dicembre a Caracas, capitale del Venezuela, le parti sembravano sul punto di congelare i colloqui a fine 2022, dopo che Petro aveva annunciato un “cessate il fuoco” bilaterale che però l’Eln ha sempre dichiarato di non aver concordato. Grazie a un ulteriore giro di tavolo, organizzato nuovamente a Caracas a metà gennaio, governo ed Eln hanno fissato il secondo round per oggi, a Città del Messico.
I colloqui con l’Eln, che torna per la quinta volta a sedere a un tavolo negoziale con il governo, erano stati interrotti nel gennaio del 2019 dall’ex presidente, Ivan Duque, in protesta per l’attacco sferrato alla scuola di polizia di Bogotà, causa della morte di almeno 23 persone. Il processo che riprende adesso conta come garanti i governi di Cuba e Norvegia, gli stessi del precedente tentativo di pace, del Cile e del Brasile. Ad accompagnare i colloqui, oltre la Chiesa che sarà accompagnatore permanente dei negoziati, anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e il governo della Spagna, unico al momento ad aver accettato l’invito esteso anche a Stati Uniti, Germania e Svezia. Il Venezuela, con cui il governo di Petro ha riaperto i rapporti diplomatici dopo quattro anni, può rivestire un ruolo essenziale nelle trattative, vista la presenza dei guerriglieri dell’Eln sul proprio territorio.
La delegazione composta dal presidente Gustavo Petro è guidata da Otty Patino, ex membro dell’estinto gruppo armato colombiano M-19 (lo stesso in cui ha militato Petro, da giovanissimo). Al suo fianco, siedono il senatore Ivan Cepeda e la senatrice Maria José Pizarro, due nomi importanti del fronte che sostiene il governo. Cepeda è stato tra i facilitatori del processo di pace con le Farc ed è ricordato per un lungo braccio di ferro giuridico-istituzionale con l’ex presidente conservatore, Alvaro Uribe, proprio su temi collegati al conflitto armato. Pizarro, figlia di un altro ex combattente dell’M19, è stata la parlamentare che ha posto la banda presidenziale a Petro, compito cerimoniale affidato a persone di stretta fiducia del capo dello Stato.
Chiude il gruppo l’Alto commissario per la Pace, Danilo Rueda, il giovane funzionario che ha condotto i colloqui preliminari con la guerriglia, e José Felix Lafaurie, presidente della federazione degli allevatori, Fedegan. Una scelta, quest’ultima, carica di significato. Lafaurie è noto per essere una delle voci più radicali della destra colombiana, rappresentante di un comparto tradizionalmente cruciale nell’economia nazionale, saldamente legato ai proprietari terrieri. È “fondamentale” che allevatori e agricoltori partecipino al processo, aveva detto Petro, invitando Lafaurie a “entrare nelle intimità” del complesso dialogo, accedendo ai dettagli altrimenti riservati, per individuare al meglio la strada negoziale.
Sin dall’inizio del mandato, il presidente Gustavo Petro ha offerto l’iniziativa di una “pacificazione totale” del Paese, lavorando alla riattivazione dei colloqui con le varie forze irregolari, ma anche cambiando l’approccio generale ai temi di difesa e sicurezza. Un obiettivo con al centro l’offerta di negoziato con tutte le bande armate, anche quelle che non hanno uno status politico. “Chiamiamo tutte le persone armate a lasciare le armi nelle nebulose del passato. Ad accettare i benefici giuridici in cambio della pace, in cambio della non ripetizione definitiva della violenza, a lavorare come padroni di un’economia prospera ma legale che metta fine al ritardo delle regioni”, ha detto Petro. La Colombia deve “mettere una volta per tutte e definitivamente” a sei decenni di “conflitto armato”.
Per portare avanti il programma, Petro conta anche su una serie di pedine importanti. Petro ha infatti assegnato il ministero della Difesa ad Ivan Velasquez, l’ex magistrato divenuto famoso soprattutto per la cosiddetta indagine sulla “Parapolitica”, che ha svelato connessioni tra politici, bande criminali e militari, chiusa con l’arresto di oltre 50 parlamentari. Insediando il nuovo comandante generale della Polizia, Henry Sanabria Cely, Petro ha quindi assicurato che la sicurezza non dovrà più essere misurata “sul numero delle uccisioni, o degli arresti”, ma “su quello delle vite”. Senza contare la promessa di Petro di voler riscrivere il tema del contrasto ai narcotrafficanti, abbandonando la strategia “fallimentare” della “guerra alla droga”. Un approccio inaugurato in Colombia a inizio anni ’70 con il contributo determinante degli Stati Uniti, che “ha rafforzato le mafie e indebolito gli Stati, ha portato gli Stati a commettere reati e ha fatto evaporare l’orizzonte della democrazia”.
I colloqui ripartono grazie alla legge 418 (sulla “Pace totale”), approvata a fine ottobre 2022 con 125 voti favorevoli e 13 contrari. Il provvedimento fissa i paletti per “la discussione, la trattativa e la firma di accordi con portavoce e membri dei gruppi armati al margine della legge”. Varato per la prima volta nel 1997 e rinnovato ogni quattro anni, il nuovo testo permette tra le altre cose al governo di sospendere formalmente gli ordini di arresto per i negoziatori e creare “Programmi di sviluppo” mirati nelle zone che più hanno sofferto la violenza della guerriglia. La legge prevede inoltre la creazione del gabinetto per la pace, che consentirebbe al presidente Petro di incontrare periodicamente i suoi ministri per occuparsi esclusivamente di questioni relative ai negoziati di pace.
La legge renderà possibile solo accordi con formazioni armate di carattere “politico”. Ad ogni modo, le strutture ad “alto impatto criminale” non potranno godere dei benefici concessi alle Farc negli accordi del 2016, gli stessi che si intendono riconoscere all’Eln, tra cui – soprattutto – una giurisdizione speciale. Queste forze armate irregolari potranno accedere al reinserimento nella società solo previa “sottomissione alla giustizia”. Il governo sta ad ogni modo preparando anche una legge per coinvolgere nel processo di pace totale anche le bande “non politiche” (organizzazioni criminali, principalmente dedite al traffico di stupefacenti) con un apparato militare impiegato sul territorio.
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