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Colombia: governo ed Esercito di liberazione nazionale avviano il dialogo di pace in Venezuela

Lo riferiscono le stesse parti in un comunicato congiunto diffuso al termine della riunione in cui si informa la ripresa "con piena volontà politica ed etica" del processo di dialogo politico tra il governo nazionale e l'Eln "come richiesto dalle popolazioni dei territori rurali e urbani che soffrono di violenza ed esclusione, e altri settori della società"

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Il governo della Colombia e il gruppo di guerriglia armato Esercito di liberazione nazionale (Eln) hanno ufficialmente avviato il dialogo di pace nel corso del primo incontro del tavolo negoziale organizzato a Wanaina Repano, in Venezuela. Lo riferiscono le stesse parti in un comunicato congiunto diffuso al termine della riunione in cui si informa la ripresa “con piena volontà politica ed etica” del processo di dialogo politico tra il governo nazionale e l’Eln “come richiesto dalle popolazioni dei territori rurali e urbani che soffrono di violenza ed esclusione, e altri settori della società”. Nel documento che pone le prima pietra di un processo di pacificazione a lungo sperato nel Paese si dichiara di voler “costruire la pace a partire da una democrazia basata sul concetto di giustizia e attraverso cambiamenti tangibili, urgenti e necessari”, si legge nella nota.


Governo e Eln evidenziano l’importanza di basare il processo di pace sulla “massima ed effettiva partecipazione possibile della società, privilegiando settori storicamente emarginati perché si possano raggiungere un presente e un futuro di dignità, di diritti e democrazia autentica”. Le parti condividono inoltre che “la costruzione della pace come politica statale trascende la temporalità con impegni permanenti e verificabili che seminano la certezza di una nuova cultura di pace, fondata su cambiamenti reali che consentano il superamento della violenza politica e della sua causa”, conclude la nota.

Quello appena avviato è il negoziato più importante tra quelli che il presidente Gustavo Petro intende comprendere nel progetto di “Pace totale” presentato sin dal suo insediamento al potere, lo scorso agosto. Le parti ripartono dal dialogo che il governo dell’allora presidente Juan Manuel Santos fissò con le estinte Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) per l’accordo di pace del 2016, da cui l’Eln – storica e potente formazione armata – decise di sfilarsi. I colloqui con l’Eln, che torna per la quinta volta a sedere a un tavolo negoziale con il governo, erano stati interrotti nel gennaio del 2019 dall’ex presidente, Ivan Duque, in protesta per l’attacco sferrato alla scuola di polizia di Bogotà, causa della morte di almeno 23 persone.

Il processo aperto oggi conta sui governi di Cuba e Norvegia come garanti, gli stessi del precedente tentativo di pace, e sull’accompagnamento di Spagna e Cile. Il Venezuela, con cui il governo di Petro ha riaperto i rapporti diplomatici dopo quattro anni, può rivestire un ruolo essenziale nelle trattative, vista la presenza dei guerriglieri Eln sul proprio territorio. Il negoziato è accompagnato anche da inviati del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e da esponenti della Conferenza episcopale colombiana.

La delegazione composta dal presidente Gustavo Petro, da ieri a Caracas, è guidata da Otty Patino, ex membro dell’estinto gruppo armato colombiano M-19 (lo stesso in cui ha militato Petro, da giovanissimo). Al suo fianco, siedono il senatore Ivan Cepeda e la senatrice Maria José Pizarro, due nomi importanti del fronte che sostiene il governo. Cepeda è stato tra i facilitatori del processo di pace con le Farc ed è ricordato per un lungo braccio di ferro giuridico-istituzionale con l’ex presidente conservatore, Alvaro Uribe, proprio su temi collegati al conflitto armato. Pizarro, figlia di un altro ex combattente dell’M19, è stata la parlamentare che ha posto la banda presidenziale a Petro, compito cerimoniale affidato a persone di stretta fiducia del capo dello Stato. Chiude il gruppo l’Alto commissario per la Pace, Danilo Rueda, il giovane funzionario che ha condotto i colloqui preliminari con la guerriglia, e José Felix Lafaurie, presidente della federazione degli allevatori, Fedegan. Una scelta, quest’ultima, carica di significato.

Lafaurie è noto per essere una delle voci più radicali della destra colombiana, rappresentante di un comparto tradizionalmente cruciale nell’economia nazionale, saldamente legato ai proprietari terrieri. È “fondamentale” che allevatori e agricoltori partecipino al processo, aveva detto Petro, invitando Lafaurie a “entrare nelle intimità” del complesso dialogo, accedendo ai dettagli altrimenti riservati, per individure al meglio la strada negoziale. La proposta di Petro, che Lafaurie ha detto essere giunta “a sorpresa”, ha animato il dibattito nel fronte conservatore. Al plauso degli allevatori si contrappongono le critiche di Maria Fernanda Cabal, una delle figure di punta dell’opposizione, nonché moglie dello stesso presidente di Federgan. Apprezzamento è invece arrivato dall’ex presidente Uribe, secondo cui si tratta di una opportunità per rappresentare l’opinione di settori che “per ovvie ragioni” sono contrari all’accordo.

Perplessità sono sorte con la designazione del Venezuela come sede della prima fase del dialogo. Il governo del presidente Nicolas Maduro è ancora oggetto, fuori e dentro i confini nazionali, di polemiche per il rispetto dei diritti umani (e non solo), ma la guerriglia mantiene una forte presenza sul territorio, o come conseguenza logistica dell’azione esercitata sulla frontiera, o – come sottolineano gli oppositori venezuelani – per presunti legami di connivenza con Caracas. Di fatto, una volta mossi i primi passi del dialogo, negli scorsi mesi, i capi negoziatori che da anni si trovavano a Cuba sono tornati proprio in Venezuela, per sottoporre alle proprie fila le coordinate principali del possibile accordo. In questa prima fase non sono invece previsti esponenti delle Forze armate, altrettanto protagoniste del conflitto. Il ministro della Difesa, Ivan Velasquez ha per il momento detto che la loro presenza è limitata ai tavoli tecnici.

L’Eln aveva già reso nota la squadra negoziale a metà agosto, nell’incontro sostenuto a Caracas con la delegazione del governo colombiano per suggellare l’avvio del percorso. Un gruppo comprendente alcuni dei nomi più in vista della guerriglia – come Pablo Beltran, Aureliano Carbonell, Silvana Guerrero e Consuelo Tapias -, riconosciuto come “legittimo” da Bogotà. In vista della riapertura del negoziato, la procura generale ha confermato di avere revocato gli ordini di cattura nei confronti di 17 membri dell’Eln. “Sono sospesi tutti i mandati di cattura, compresi quelli emessi ai fini dell’estradizione nei confronti delle persone che il presidente Gustavo Petro ha autorizzato a partecipare al tavolo di dialogo che il governo nazionale riprenderà con questa organizzazione a Caracas”, fa sapere la procura in un comunicato.

Sin dall’inizio del mandato, il presidente Petro ha offerto l’iniziativa di una “pacificazione totale” del Paese, lavorando alla riattivazione dei colloqui con le varie forze irregolari, ma anche cambiando l’approccio generale ai temi di difesa e sicurezza. Un obiettivo con al centro l’offerta di negoziato con tutte le bande armate, anche quelle che non hanno uno status politico. “Chiamiamo tutte le persone armate a lasciare le armi nelle nebulose del passato. Ad accettare i benefici giuridici in cambio della pace, in cambio della non ripetizione definitiva della violenza, a lavorare come padroni di un’economia prospera ma legale che metta fine al ritardo delle regioni”, ha detto Petro. La Colombia deve “mettere una volta per tutte e definitivamente” a sei decenni di “conflitto armato”.

L’Esercito di liberazione nazionale (Eln) è una formazione guerrigliera che si definisce di ispirazione marxista-leninista e a favore della rivoluzione cubana. L’organizzazione, fondata da sacerdoti cattolici radicali, è tra i principali protagonisti del conflitto interno che attraversa la Colombia dal 1964 e, dal momento in cui le Farc (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia) hanno sottoscritto l’accordo di pace definitivo con Bogotà, è di fatto la rete militare armata più potente del paese. Ad oggi, secondo alcune stime governative, dispone di circa 2.000 effettivi, in netto calo rispetto alle cinquemila unità denunciate ad inizio degli anni novanta, ma con una capacità economica e operativa che la rende tra le formazioni più pericolose della regione. Il suo nome è compreso nella lista dei gruppi terroristici redatta da Colombia, Perù, Stati Uniti, Canada e Unione Europea.

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