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Ceccarelli (Eppo): “Frodi sul Recovery tra le sfide della nuova Procura europea”

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La nuova Procura europea (Eppo), istituzione giudiziaria indipendente dell’Unione, è pronta a diventare operativa il primo giugno e ad aprire il suo primo fascicolo d’inchiesta. L’Eppo ha la competenza sui tutti quei reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, sia dalla parte delle entrate che delle uscite, come frodi, corruzione e riciclaggio. Il Recovery Fund, “è sicuramente un Fondo legato al lato spese e la competenza è nostra per i reati connessi all’utilizzo fraudolento di questi fondi” e al riguardo “ci aspettiamo le prime notizie di reato verso la fine dell’anno o all’inizio del 2022, quando avremo i primi casi significativi”. Lo afferma il vice procuratore capo della Procura europea, Danilo Ceccarelli, che in una intervista concessa in esclusiva ad “Agenzia Nova” traccia le linee del nuovo organismo nato da un progetto ambizioso: un Ufficio giudiziario unico che eserciterà l’obbligo di azione penale in piena autonomia e indipendenza non solo “da tutti gli organismi politici europei e nazionali ma anche dalle autorità giudiziarie degli Stati membri”. Ceccarelli questa settimana ha tenuto una serie di incontri preparatori di alto livello a Roma con interlocutori fondamentali della nuova Procura per quanto riguarda l’Italia: ministero della Giustizia, Consiglio superiore della magistratura (Csm), Procuratore generale della Cassazione, Procuratore nazionale antimafia, Gruppo interforze centrale e le agenzie di Stato interessate, quali quella delle Dogane e delle Entrate. La Procura europea avrà una struttura a due livelli: uno centrale con sede a Lussemburgo che vede un procuratore capo europeo, la romena Laura Codruta Kovesi, responsabile della gestione dell’Eppo e dell’organizzazione dei lavori e un collegio dei procuratori responsabile del processo decisionale su questioni strategiche, oltre alle Camere permanenti che monitoreranno e indirizzeranno le indagini e adotteranno decisioni operative. A livello locale saranno operativi i procuratori europei delegati responsabili dello svolgimento di indagini penali nei singoli Stati membri.


Quella della nuova Procura europea è una sfida impegnativa, come ricorda Ceccarelli, dal momento che l’Ufficio “è stato creato da zero” definendo le linee guida per garantire l’autonomia e l’indipendenza della struttura ma soprattutto per uniformare il diritto dei singoli Paesi al regolamento della stessa. “Ci sono alcuni ordinamenti, in particolare quello francese e olandese, dove l’azione penale non è considerata obbligatoria ma, per i casi della Procura europea, lo diventa come previsto dagli articoli 4 e 22 del regolamento”, chiarisce il magistrato. “Sono loro (gli Stati membri) che si dovranno adattare al regolamento che prevale rispetto alle normative nazionali”, aggiunge. “Questo è ed è stato un grande sforzo, ovvero la trasversalità e la differenza di sistemi giuridici, che rappresentano una delle grandi scommesse. Usciamo dalla vecchia logica della cooperazione in cui la si chiede e poi ognuno agisce autonomamente. Qui c’è una unitarietà di ufficio e di azione che deve andare oltre questo tipo di discorso”, ha sottolineato Ceccarelli. Al progetto della Procura europea hanno aderito finora 22 Stati membri. Rimangono fuori al momento, Danimarca e Irlanda che però hanno scelto l’opt-out (la rinuncia ad adottare una certa regola decisa) in materia di giustizia e affari interni, e Polonia, Ungheria e Svezia, anche se quest’ultima ha manifestato l’intenzione di unirsi a breve.

Per quanto riguarda Varsavia e Budapest, “è stata una scelta evidentemente politica quella di non partecipare”, evidenzia il vice procuratore capo dell’Eppo. “Noi abbiamo l’obbligo di concludere accordi di cooperazione con Polonia e Ungheria e con quest’ultima è stata firmato mentre con la Polonia è più faticoso”, aggiunge. “Vi è un meccanismo del regolamento che ci richiede di segnalare eventuali violazioni in sede di cooperazione con questi Paesi. Noi siamo pronti a farlo nel senso che sono Paesi in cui ovviamente abbiamo un interesse ad operare in modo efficace”, rimarca Ceccarelli. “Basti pensare alla frequenza di società di questi due Paesi che sono coinvolte nelle ‘frodi carosello’ o su larga scala o basta fare il calcolo di quanto questi due Paesi percepiscono rispetto a quello che danno all’Unione europea”, osserva ancora il magistrato italiano. “Il problema sfugge ovviamente al nostro controllo e quello che possiamo fare è ricercare la massima cooperazione ed efficacia di azione possibile e, se c’è qualcosa che non va, rappresentarlo in modo chiaro ed esplicito”, prosegue. Altri Stati membri, invece, Finlandia e Slovenia, hanno sì aderito alla Procura ma non ancora designato i loro procuratori delegati. “Con la Finlandia siamo in dirittura di arrivo”, assicura su questo punto Ceccarelli mentre con Lubiana il problema resta. Il governo del premier Janez Jansa ha annullato infatti la procedura di nomina già in corso per i candidati, Matej Ostir e Tanja Frank Eler, proposti già lo scorso dicembre dal Consiglio dei pubblici ministeri di Lubiana. Il procuratore generale sloveno, Drago Sketa, ha dichiarato che un atto del genere rappresenta un’ingerenza arbitraria nell’indipendenza e autonomia dell’ufficio del pubblico ministero. “Questo non paralizzerà l’azione della Procura europea ma è molto molto disturbante che non siano stati nominati i procuratori europei delegati”, commenta Ceccarelli ricordando ad esempio che quelli italiani sono stati selezionati a fine aprile e nominati il 3 maggio. “Aspettiamo che ci inviino questa comunicazione formale ma questa mancata collaborazione è un segno di ostruzionismo, disturba l’azione della Procura europea e ne rende l’efficacia dell’azione molto meno rapida”, evidenzia Ceccarelli.

Altro nodo centrale che ha riguardato l’istituzione dell’Eppo è stato quello del budget, che vede un finanziamento annuale di 44,9 milioni di euro stabilito dalla Commissione europea. Per la verità, la Procura europea ne aveva chiesti 55 per fare fronte ad una serie di esigenze come il coordinamento, la connessione tra le varie autorità giudiziarie e il multilinguismo. Inoltre la Commissione ha autorizzato alla fine uno staff di 130 persone mentre dalla Procura era arrivata una richiesta iniziale di 219 unità. “Così è dura ma ce li faremo bastare – ammette Ceccarelli -. Noi abbiamo fatto una battaglia per l’incremento del budget e renderlo proporzionato al tipo di sfida che ci attende e devo dire che anche con l’aiuto del Parlamento europeo abbiamo ottenuto un incremento accettabile, il problema è che non ci viene consentito di utilizzarlo per assumere personale”. Quello che serve, per il vice capo procuratore, “è rafforzare le strutture del personale che daranno supporto alle indagini” per garantire l’analisi e la valutazione delle notizie di reato o ancora “attività a supporto delle indagini transnazionali”. “Per cui darci un budget senza consentirci di operare in modo indipendente sul lato assunzioni per noi è un problema – continua Ceccarelli -. C’è un impegno molto esplicito e leale da parte della Commissione di rivedere questo tipo di direttiva non appena partiremo, noi però abbiamo fatto presente che nell’indagine penale un giorno in più potrebbe essere già troppo tardi”.

L’Italia è lo Stato membro dell’Ue con il più alto numero di procuratori europei delegati che operano sul territorio: 20 sulla carta, 15 nominati più 2 che saranno destinati solo alle funzioni di Cassazione e legittimità e che quindi non svolgeranno indagini. “È un segnale importante del riconoscimento del ruolo dell’Italia. In più i procuratori italiani sono tutti di notevolissima esperienza con almeno 15 anni di esperienza e alcuni con 25 anni di esperienza, inoltre quattro hanno svolto funzioni nelle Direzioni distrettuali antimafia, due al Nord e due a Sud, quindi anche con un certo equilibrio (geografico)”, ricorda Ceccarelli sottolineando come questo sia “un grande valore aggiunto in termini di capacità e di contrasto a quelli che sono i reati cuori dell’attività della Procura europea”. “Non c’è dubbio – continua – che i pubblici ministeri italiani hanno una forte credibilità non solo a livello europeo ma anche mondiale per la loro abilità di contrasto sia nei confronti della criminalità organizzata che sui reati economici”. La speranza, dichiara Ceccarelli, è quella di condividere questo “Dna” e di avere un “effetto contagio positivo”. “D’altra parte noi speriamo di essere contagiati positivamente dagli altri soprattutto su tutta una serie di questioni come l’organizzazione, la funzionalità dei tempi del processo e delle indagini”, aggiunge Ceccarelli menzionando anche la collaborazione che la Procura europea avrà sia con l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, servizio della Commissione europea, che con l’ufficio europeo di polizia (Europol). “Non si può prescindere dal fatto che la Procura europea è una procura e quindi una autorità giudiziaria. Per cui quando conduce le indagini dà direttive e coordina mentre loro da questo punto di vista, essendo uno organo di investigazione amministrativa, l’Olaf, e l’altro organo di coordinamento di attività di polizia giudiziaria, l’Europol, sono a nostro servizio, senza nulla togliere all’utilità che svolgono autonomamente”, sottolinea Ceccarelli ricordando infatti che né l’Olaf né l’Europol possono intraprende indagini penali, almeno fino ad ora. “Poi per il futuro vedremo, se ci sarà una Fbi europea e chi sarà. La Procura europea sta cambiando molti equilibri però con questi organismi lavoreremo molto”, conferma il magistrato.

Il vice procuratore insieme alla procuratrice capo Codruta Kovesi hanno avuto lo scorso 24 maggio un incontro con il ministro della Giustizia Marta Cartabia al dicastero, a cui hanno presenziato anche il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, e il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi. Inoltre i due hanno tenuto successivamente un incontro con i membri del Csm alla presenza del vicepresidente David Ermini. “Il ministero ha una serie di compiti di supporto enormi: forniture, mezzi di trasporto, uffici e personale amministrativo. Tutta questa parte operativa non è gestita da Lussemburgo ma a livello periferico sono gli Stati membri a farlo. Con loro l’interlocuzione è di una importanza assoluta”, spiega Ceccarelli. “Con il Csm ci sono profili di possibile collaborazione: innanzitutto sono loro che designano i procuratori europei delegati che poi nominiamo noi sulla base di una serie di criteri che devono essere condivisi. In più il Csm ha un ruolo in Italia molto importante anche per ciò che riguarda le direttive agli uffici giudicanti e quindi una interlocuzione con loro è indispensabile”, afferma il magistrato italiano soffermandosi anche sul protocollo d’intesa firmato a Roma tra la Procura europea e la Direzione nazionale antimafia (Dna). Si tratta del primo accordo raggiunto dall’Eppo con una struttura giudiziaria centrale di uno Stato membro. “Spero che serva da esempio, abbiamo necessità di raggiungere accordi simili e devo dire che ho trovato un riscontro molto positivo da parte dei colleghi italiani”, afferma Ceccarelli. I tre pilastri del protocollo sono la consultazione preventiva per prevenire il conflitto o contrasti quando il fascicolo crea una possibile concorrenza tra Procura europea o una della Dda coordinate dalla Dna, lo scambio informativo e operativo e la cooperazione. “Alla fine bisogna mettere in conto che ci sarà più di un procedimento con profili di connessione trattato dalla Procura europea e dalle procure antimafia e i procuratori europei delegati italiani non possono essere coordinati dalla procura antimafia. L’unico modo per coordinarsi è un tavolo paritario”, prosegue Ceccarelli.

La guida dell’Eppo è stata affidata alla romena Laura Codruta Kovesi, ex procuratore capo della Direzione nazionale anticorruzione della Romania (Dna), nota per il suo impegno in Patria in materia di contrasto alle frodi e soprattutto per la battaglia legale, da lei vinta presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) contro la rimozione dal suo incarico voluta dall’allora ministro della Giustizia romena Tudorel Toader. “È un grande esempio e un simbolo dell’indipendenza della azione della procura. È la quintessenza della capacità di slegarsi da ogni tipo di vincolo apparente o vischioso, ovvero quelli che non sono nella norma scritta ma che in realtà restano sotto il tavolo”, sottolinea Ceccarelli secondo cui la procuratrice capo ha la “capacità di procedere senza condizionamenti di fatto né da parte dei colleghi né da parte delle autorità politica o ancora da poteri economici”. Inoltre il vice procuratore capo riconosce la “grande responsabilità” sulle spalle dell’intero collegio dell’Ufficio per quanto riguarda tutte le scelte gestionali e dei rapporti con determinate autorità. “C’è un team di condivisione degli aspetti manageriali. Dopodiché tutti, sia io che l’altro vice, il tedesco Andreas Ritter, abbiamo una grande responsabilità nel tenere aperti i canali di comunicazione con gli altri 22 colleghi perché noi lavoriamo a tutte le scelte strategiche che vengono fatte dal collegio”. “Tra i colleghi alcuni sono di grandissima personalità e questa è una grande fatica dal punto di vista giuridico perché le questioni sono complessissime e spesso non siamo d’accordo e quindi abbiamo una funzione di tenere in qualche modo ‘oleato’ questo meccanismo, insieme alla stessa procuratrice capo”, conclude Ceccarelli osservando la necessità in seno alla nuova procura di “garantire lo spirito di corpo e unitarietà degli intenti”.

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