Brasile, sconfitta per Bolsonaro: la Camera boccia il ritorno al “voto cartaceo”

La Camera dei deputati del Brasile ha respinto una proposta di riforma costituzionale voluta dal presidente, Jair Bolsonaro, per reintrodurre la documentazione cartacea nei processi elettorali. Una modifica alla legge elettorale che il capo dello Stato sostiene da tempo come risposta a presunte frodi nel sistema elettronico che avrebbero inficiato le presidenziali del 2014 e del 2018, e come strumento per non invalidare le presidenziali del 2022. La modifica costituzionale ha ottenuto solo 229 voti favorevoli contro i 309 necessari, con 218 voti contrari – in gran parte dei partiti di opposizione – e un astenuto. Determinanti le assenze di 64 parlamentari, alcuni dei quali anche di liste vicine al governo. La proposta era stata già respinta la settimana scorsa dalla commissione speciale della Camera, con 22 voti contro undici, ma il presidente dell’Aula, Arthur Lira, aveva comunque deciso di trasmettere il dibattito nella plenaria per registrare il parere dei 513 deputati.

La proposta di modifica, oggi definitivamente sotterrata, prevedeva che dopo aver espresso il voto nell’urna elettronica, ciascun elettore potesse ottenere una prova cartacea della preferenza appena espressa. Una soluzione che, secondo l’alta magistratura del paese e la maggior parte dei partiti politici, renderebbe le elezioni aperte alla concreta possibilità di diffuse false denunce di brogli, oltre che esporre i cittadini che abitano in aree dominate dal crimine organizzato al rischio di minacce da parte dei criminali soggetti interessati a inquinare il voto. Bolsonaro ha avviato una campagna personale a favore della modifica del sistema attuale e – sospettando manovre in favore dei suoi oppositori per sconfiggerlo alle urne – ha minacciato di non far celebrare le elezioni del 2022 nel caso in cui non si dovesse tornare al voto cartaceo.

La settimana scorsa il presidente aveva promesso di esibire in diretta sui canali social e su “Tv Brasil” le prove a sostegno della sua tesi, salvo poi ammettere di possedere solo “indizi”. Nel corso della diretta di due ore, il capo dello Stato aveva invece mostrato spezzoni di video già circolanti sulla rete e più volte contraddetti dalle autorità, considerati “fake news”. Per sostenere le sue tesi, il presidente aveva deciso di utilizzare vari documenti. Nella lista era finita anche un’inchiesta della Polizia federale relativa a un presunto attacco cibernetico al sistema interno del tribunale elettorale avvenuto nel 2018. Un caso che Bolsonaro ha presentato come prova della vulnerabilità del sistema nonostante l’inchiesta avesse mostrato che l’attacco non avesse offerto alcun rischio.

La polemica alimentata da Bolsonaro sulle presunte illegalità del sistema di voto elettronico ha finito per divenire elemento centrale di una serrata battaglia istituzionale tra governo, parlamento e alti organi della magistratura. Le ripetute denuncie sulle presunte “frodi” commesse in passato nelle urne, mai accompagnate da prove vincolanti, hanno spinto la Corte suprema (Stf) ad inserire Bolsonaro nella lista degli indagati sull’inchiesta sulla diffusione di “fake news” aperta nel 2019, curata dal magistrato Alexandre de Moraes. A inizio mese il Tribunale supremo elettorale (Tse) aveva approvato l’apertura di una indagine amministrativa nei confronti del presidente, proprio per le ripetute e non documentate critiche rivolte al sistema del voto. Una indagine al momento in fase di istruttoria, di cui il Tse ha allargato i confini spingendosi a verificare eventuali abusi di potere economico e politico, uso indebito dei media, corruzione e frode.

Di fronte al crescente numero di azioni giudiziarie a suo carico, Bolsonaro ha ulteriormente alzato i toni. “Guardate, io gioco entro i limiti della Costituzione, ma se necessario sono pronto a giocare oltre questi limiti e, una volta dall’altro lato, a usare le loro armi”, ha dichiarato Bolsonaro nel corso di un’intervista alla televisione “Jovem Pan”. Il capo dello Stato accusa i presidenti di Stf e Tse, Luis Roberto Barroso e Alexandre de Moraes, di aver sconfinato dal loro ruolo e – mettendolo in relazione alla possibile diffusione di notizie false – di avergli dato del “bugiardo”. “Questa è un’accusa molto grave. Ancor di più per un’inchiesta che nasce senza alcuna base giuridica”, ha affermato. “L’indagine è stata avviata dal ministro Alexandre de Moraes e la persona che ha aperto l”inchiesta, la stessa che inizia a raccogliere prove e che giudicherà. Non ci sono commenti. Quest’azione è fuori dai limiti della Costituzione e l’unica risposta va cercata fuori dalla Costituzione”, ha insistito Bolsonaro.

In difesa del voto elettronico si erano peraltro schierati quattordici ex presidenti del Tse, in carica dal 1988 ad oggi. “Lo scrutinio pubblico manuale di circa 150 milioni di voti significherebbe un ritorno ai tempi dei tabulati, e allo scenario di frode diffusa che ha segnato la storia del Brasile”, si legge in una lettera aperta pubblicata a inizio agosto. “Non c’è mai stato nessun episodio documentato di brogli nelle elezioni. Nei suoi 25 anni di esistenza, la macchina per il voto elettronico ha subito successivi processi di modernizzazione e miglioramento, arrivando a disporre di adeguati livelli di sicurezza”, affermano i giudici. Le toghe ricordano peraltro che, contrariamente alle accuse, “le macchine per il voto elettronico sono verificabili in tutte le fasi del processo, prima, durante e dopo le elezioni”, con operazioni che possono svolgere “partiti politici, procura generale, dal Ordine degli avvocati del Brasile, dalla polizia federale, dalle università e altri soggetti ed enti invitati”.

Il voto della Camera chiude una giornata aperta con un’altra vigorosa polemica. In mattinata infatti si era celebrata una parata militare organizzata nei pressi del palazzo presidenziale di Planalto per consegnare al Bolsonaro l’invito a partecipare alle esercitazioni in agenda dal 16 agosto. Il presidente, che ha ricevuto l’invito dalle mani di un militare, era accompagnato dai capi di stato maggiore di esercito, marina e aeronautica, oltre che dai ministri della Casa Civile, Ciro Nogueira, della Difesa, Walter Braga Netto, della Sicurezza istituzionale, Augusto Heleno, e dell’Istruzione, Milton Ribeiro. Assenti, nonostante l’invito trasmesso da Bolsonaro con appositi messaggi sulle reti sociali, il presidente della Camera, Arthur Lira, il presidente del Tribunale supremo elettorale (Tse), Luis Roberto Barroso e il presidente della Corte suprema (Stf).

Lira aveva definito una “tragica” la coincidenza del dibattito in aula e della sfilata militare, mentre i partiti di opposizione hanno parlato di un tentativo di intimidire il potere legislativo. L’invito al presidente per partecipare all’esercitazione è una consuetudine che risale alla fine degli anni 80, ma mai era stato consegnato con questa modalità. Organizzati dalla Marina militare, oltre 30 tra blindati e altri mezzi militari hanno percorso le vie della capitale Brasilia sfilando al fianco della Camera dei deputati e della Corte suprema, prima di presentarsi davanti a Planalto.

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