Le centinaia di migliaia di mine presenti nei territori “che erano occupati dall’Armenia e liberati dall’Azerbaigian”, durante la seconda guerra del Karabakh dello scorso anno, costituiscono ancora una “grave minaccia per la sicurezza degli azerbaigiani che devono tornare a vivere in quella striscia di terra”. Questa la denuncia lanciata dal commissario per i diritti umani dell’Azerbaigian, Sabina Aliyeva, nel corso di una conversazione con “Agenzia Nova”, avvenuta nell’ambito della sua visita in Italia. “Le autorità di Erevan si ostinano a non volere fornire a quelle di Baku e alle organizzazioni internazionali per il rispetto dei diritti umani le mappe di dove siano dislocate queste mine: si tratta di una chiara e grave violazione di tutti i diritti e delle libertà fondamentali degli sfollati interni e del loro diritto a vivere in sicurezza”, aggiunge Aliyeva spiegando che “a seguito della guerra patriottica per la liberazione dei territori che erano rimasti per 30 anni sotto l’occupazione armena, esiste ancora un grande ostacolo al ritorno dei profughi nelle proprie case”. In questi luoghi, “sono state interrate delle mine da parte delle Forze armate dell’Armenia che purtroppo fino ad ora si è rifiutata di fornire all’Azerbaigian le mappe precise dei territori minati”, afferma Aliyeva. “L’Azerbaigian ha fornito informazioni relative allo stato di distruzione dei territori liberati a tutti i livelli, tutte le volte e ripetutamente sia all’Armenia che a organizzazioni ed enti internazionali. Ma Erevan ha continuato a mancare di rispetto alle norme e ai principi sanciti dal diritto internazionale umanitario”, aggiunge il commissario per i diritti umani ribadendo il suo impegno e quello dell’ufficio che lei presiede nel coinvolgere enti, organizzazioni internazionali e missioni parlamentari a visitare quei territori, per osservare dal vivo la situazione.
Aliyeva, citando gli incontri istituzionali avuti nel corso della visita, spiega: “In questi 2 giorni ho invitato i miei colleghi a recarsi in visita in Azerbaigian con l’obiettivo di effettuare missioni conoscitive insieme e in loco; vorremmo inoltre organizzare delle tavole rotonde e favorire uno scambio di opinioni perché l’esperienza italiana per noi è molto interessante. Credo che la nostra esperienza ventennale possa essere utile anche all’Italia”, evidenzia ancora Aliyeva ricordando i 14 rapporti stilati dal suo Ufficio sulla situazione dei diritti umani nei “territori liberati” dopo la fine della guerra del 2020. “Sono state effettuati finora 10 missioni nei luoghi liberati dall’occupazione armena. Molte di loro sono stati effettuate da Ombudsman stranieri”, rimarca il difensore civico. Ci sono ancora 3.890 dispersi azerbaigiani del primo conflitto armato con l’Armenia, rivela Aliyeva, aggiungendo che gran parte di loro sono civili, tra cui “anziani, bambini e persone con disabilità”. Aliyeva nota che la “parte armena non ha dato ancora informazioni su di loro” e che lei stessa ha “sollevato la questione più volte davanti alla comunità internazionale” chiedendo “di fare pressione su questo argomento, in quanto si tratta di una violazione aperta delle norme del diritto internazionale”. Tra i diversi rapporti stilati dal centro per i diritti umani che presiede, rivela Aliyeva, ce n’è uno in cui si denunciano lanci missilisti da parte armena nella città di Ganja (seconda nel Paese per numero di abitanti), che avrebbero distrutto non solo abitazioni di civili ma anche luoghi di culto. “Nel territorio c’erano 67 monumenti religiosi. Di questi 65 sono stati distrutti completamente”, ha denunciato l’ombudsman in riferimento a tutto il patrimonio religioso azerbaigiano andato distrutto nel corso dei 30 anni di conflitto.
Lo scorso 16 novembre il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev insieme al primo ministro armeno Nikol Pashinyan, sotto la mediazione del presidente russo Vladimir Putin, hanno concordato la creazione di meccanismi, entro la fine dell’anno, di delimitazione e successiva demarcazione dei confini tra Armenia e Azerbaigian. Secondo Aliyeva, una commissione congiunta per la delimitazione dei confini è da considerare come un primo passo per garantire il rispetto dei diritti umani nella regione. “Il presidente Aliev ha ribadito più volte all’Armenia che al più presto possibile si deve realizzare questa delimitazione dei confini e deve essere firmato un accordo tra i due Stati perché si raggiunga la pace il prima possibile, perché i nostri cittadini abbiano la possibilità di vivere in sicurezza”, sottolinea ancora Aliyeva rimarcando che il suo istituto lavora per garantire il pieno rispetto dei diritti umani di tutti i cittadini del paese, inclusi gli sfollati interni. “Il nostro istituto svolge un lavoro ampio e sta difendendo i diritti di migranti, militari e imprenditori. Considerando l’attualità della questione della protezione dei minori e delle persone con disabilità, Ombudsman Institute rappresenta un ponte tra lo Stato ed i cittadini per potere rispondere ai bisogni dei più fragili con un centro operativo e attivo 24 ore 24”, chiarisce Aliyeva.
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