La serie di attacchi che hanno coinvolto questa notte almeno cinque città iraniane, colpendo a Isfahan un impianto per la produzione di armamenti e una raffineria a Azar Shahr, avrebbero coinvolto le aeronautiche di Stati Uniti e un altro Paese alleato, diverso dallo Stato di Israele. Lo riferisce l’emittente panaraba di proprietà saudita “Al Arabiya”, citando fonti a conoscenza del fascicolo, secondo cui l’attacco avrebbe preso di mira anche le scorte di missili balistici iraniane. Nel frattempo, il quotidiano israeliano “Jerusalem Post” ha riferito, citando fonti dell’intelligence di Paesi occidentali, che l’attacco condotto nella notte con l’ausilio di droni armati contro un impianto per la produzione di munizioni nella città di Isfahan, nell’Iran centrale, è stato “un grande successo”, nonostante il ministero della Difesa iraniano abbia parlato di danni minimi.
L’attacco è stato commentato anche dal portavoce dell’Aeronautica ucraina, Yuriy Ignat, che in un messaggio sul suo profilo Twitter ha affermato: “Forse (gli iraniani) indirizzeranno il loro sostegno ai Paesi terroristi in modo diverso e non aiuteranno la Russia a commettere crimini. Sappiamo che la Russia vuole missili balistici e droni d’attacco dall’Iran. E la Russia, a sua volta, ha promesso loro aerei”. Anche Mykhailo Podoliak, consigliere del presidente ucraino Voldymyr Zelensky ha commentato su Twitter gli attacchi: “Notte esplosiva in Iran: produzione di droni e missili, raffinerie di petrolio. L’Ucraina vi aveva avvertito”.
In totale sono state avvertite quattro esplosioni nell’area dell’impianto di Isfahan che si sospetta sia utilizzato per la produzione dei famigerati droni Shahed-136, impiegati dalla Russia nella guerra contro l’Ucraina. Secondo le fonti citate dal quotidiano israeliano, “il danno va ben oltre il danno minore al tetto” come invece riferito dal ministero della Difesa di Teheran. In quello che sembra sia stato un attacco coordinato, sono state colpite altre due città: Hamadan, capoluogo dell’omonima provincia, situata nell’Iran nord-orientale, e Azar Sahr, nell’Azerbaigian orientale. Un’esplosione, seguita da un incendio, si è verificata anche nella città industriale iraniana di Shahid Salimi, nell’Azerbaigian orientale. Nelle stesse ore una forte esplosione è stata udita nella città di Karaj nella provincia di Alborz, in cui sono situati gli impianti per la produzione di centrifughe avanzate per l’arricchimento dell’uranio. Interessata anche la capitale Teheran, dove durante la notte è stata attivata la difesa aerea a seguito del sorvolo di caccia da combattimento sconosciuti. In alcune località l’elettricità è stata interrotta.
Come avvenuto in occasioni di altri attacchi alle infrastrutture militari o legate al programma nucleare iraniano, la matrice è ignota. Tuttavia, i media iraniani attribuiscono gli attacchi allo Stato di Israele, che in passato ha condotto azioni contro gli impianti nucleari di Natanz (due attacchi tra il 2020 e il 2021) e il sito nucleare di Karaj nel giugno 2021. Uno dei più efficaci è stato quello condotto a metà febbraio 2022 contro una base aerea situata nei pressi della città di Kermanshah, nell’Iran occidentale, in cui erano stati distrutti almeno 120 droni iraniani. Nello specifico la città di Isfahan è una delle più importanti a livello nazionale in termini di industrie militari, in quanto contiene molti impianti per la produzione di armi e munizioni e comprende anche il famoso impianto di Natanz, uno dei principali siti nucleari iraniani.
Da notare, inoltre, che lo scorso 26 gennaio si è conclusa l’esercitazione congiunta tra le Forze armate degli Stati Uniti e le Forze di difesa di Israele (Idf) organizzata nello Stato ebraico e nel Mar Mediterraneo, denominata Juniper Oak 2023. All’esercitazione hanno partecipato circa 6.400 militari statunitensi insieme a oltre 1.500 soldati israeliani e oltre 140 aerei, 12 navi militari e sistemi di artiglieri. Secondo il quotidiano israeliano “The Times of Israel”, l’esercitazione Juniper Oak 2023 è stata la più importante mai condotta tra i due Paesi alleati.
Gli attacchi di questa notte giungono in un contesto che vede i colloqui per il rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano ormai falliti, un indebolimento del movimento di protesta che nei mesi scorsi aveva fatto ipotizzare un possibile cambio di regime e il sostegno dell’Iran alla Russia nel conflitto ucraino. L’Iran dovrebbe inoltre ricevere già entro la fine di marzo il primo dei 24 aerei da combattimento Su-35 Flanker versione E, che sarebbero la contropartita di Mosca al sostegno di Teheran nella guerra in Ucraina. L’Iran avrebbe inoltre ordinato elicotteri e sistemi missilistici, come affermato lo scorso 16 gennaio dal membro della Commissione per la sicurezza nazionale del parlamento iraniano, Shahriar Heidari, all’agenzia di stampa “Irna”.
I vertici militari dello Stato di Israele, tra cui l’ex capo di Stato maggiore, il generale Aviv Kohavi, hanno confermato in questi mesi di aver pronti i piani per condurre attacchi di varia intensità per colpire le infrastrutture iraniane. Lo scorso 13 gennaio, pochi giorni prima dell’avvicendamento alla guida dello Stato maggiore della difesa con il generale Herzi Halevi, Kohavi ha sottolineato che le Forze armate israeliane hanno intensificato in questi ultimi due anni i preparativi per un conflitto a tutto campo con Teheran, inclusi servizi di intelligence potenziati, aumento del munizionamento, piani operativi migliori e maggiore addestramento dei militari. Nel 2022 le Idf hanno effettuato due esercitazioni su vasta scala in caso di conflitto aperto con l’Iran in collaborazione con gli Stati Uniti. Prima dell’esercitazione Juniper, Usa e Israele hanno organizzato il 30 novembre scorso una serie di manovre che hanno simulato attacchi contro le infrastrutture nucleari iraniane condotti dall’Aeronautica israeliana con l’appoggio logistico di aerocisterne dell’Aeronautica degli Stati Uniti.
Nelle interviste rilasciate ai media israeliani prima della fine del suo incarico, Kohavi ha affermato: “In meno di un anno avremo effettuato tre esercitazioni con decine di aerei da combattimento, velivoli di rifornimento, impiegando tutte le unità operative”, ha aggiunto. “Inoltre, abbiamo anche istituito un dipartimento dell’Iran nelle Idf, guidato da un generale di divisione. “Tutto ciò è esemplificativo del livello di preparazione che stiamo raggiungendo”, ha affermato Kohavi. Come indicato dall’ex capo di Stato maggiore, Israele sta vagliando tre possibili strategie per un attacco contro l’Iran. Il primo passo sarebbe un attacco preventivo contro infrastrutture non nucleari, per mostrare al nemico le capacità di penetrazione in territorio iraniano (modalità simile agli attacchi avvenuti questa notte in Iran). Il secondo è invece un attacco diretto contro le installazioni nucleari iraniane e siti ausiliari per fermare i progressi del programma nucleare iraniano. Infine, se la situazione alla fine si dovesse trasformare in una vera e propria campagna militare, i piani includono anche attacchi contro siti militari e altre infrastrutture.
La minaccia di un attacco militare all’Iran è stata ribadita dalle autorità israeliane anche nella cerimonia di avvicendamento alla guida dello Stato maggiore delle Forze armate tra Kohavi e il generale Herzi Halevi. Nel suo discorso in occasione dell’assunzione dell’incarico lo stesso Halevi ha affermato: “Prepareremo le Forze di difesa israeliane per la guerra contro teatri lontani e vicini. Espanderemo il reclutamento di qualità nelle Idf da tutti gli strati della popolazione, fonte della nostra forza”. Da parte sua il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ricordato che l’Iran minaccia continuamente la distruzione dello Stato ebraico: “Non aspetteremo che una spada affilata venga posta sul nostro collo. L’Idf, lo Shin Bet (il servizio segreto interno) e il Mossad (l’agenzia di intelligence focalizzata sulle operazioni all’estero) faranno tutto il necessario per impedirlo”, ha detto Netanyahu. “Non saremo trascinati in guerre inutili, ma nel giorno decisivo combatteremo”, ha aggiunto.
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