Seguendo le istruzioni della presidente, Xiomara Castro, il ministro degli Esteri dell’Honduras, Eduardo Enrique Reina, è partito alla volta di Pechino, per “avviare le relazioni diplomatiche” con la Repubblica Popolare Cinese. L’Honduras si appresta a diventare il sesto Paese latinoamericano, in meno di quindici anni, ad allacciare i rapporti con Pechino e – in nome del principio di “una sola Cina” – ad interrompere quelli con Taiwan: nel 2007 era stata la volta della Costa Rica, nel 2017 di Panama, un anno dopo il passo lo avevano compiuto El Salvador e Repubblica Dominicana, mentre nel 2021 il Nicaragua. Una pressione che arriva sino alle porte degli Stati Uniti: di fatto, salvo il Guatemala, Pechino ha rapporti con tutta la fascia di Paesi che formano il corridoio che unisce l’America del Sud a quella del Nord, dalla Colombia al Messico. Sulle posizioni di Washington, che mantiene rapporti con Taiwan, rimangono alcuni Stati caraibici: Belize, Haiti, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine (ma non Sao Tome e Principe e Isole Salomone).
L’impegno dell’Honduras a riaprire le relazioni con Pechino era contenuto nel programma di governo presentato da Castro nel corso della campagna elettorale per le presidenziali. “La nostra politica estera sarà aperta ai popoli e alle nazioni del mondo, con rigoroso rispetto reciproco. La difesa della sovranità e la solidarietà saranno assi portanti della nostra politica estera, basata nell’interesse nazionale e nella complementarietà nella comunità delle nazioni”, si leggeva a pagina 49 del programma del partito Libre. “Naturalmente cercheremo di stabilire le più cordiali e amichevoli relazioni diplomatiche con la Repubblica popolare della Cina e con le comunità dei Paesi asiatici e africani che vogliano avere rapporti con noi”.
Con il ministro degli Esteri ancora in viaggio, l’avvio delle relazioni tra Honduras e Cina deve ancora essere formalizzato, così come la “rottura” definitiva dei rapporti tra Tegucigalpa e Taiwan. Ma i passi compiuti sono stati sufficienti ad innescare la polemica a distanza tra Washington e Pechino. Poco dopo l’annuncio l’inviato speciale della Casa Bianca per le Americhe, Christopher Dodd, si è recato in Honduras per discutere con Castro “di temi di interesse reciproco”. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha intimato gli Usa a smettere di interferire nella questione, segnalando che Pechino si riserva “il diritto di ricorrere alla forza, se necessario, per contrastare ingerenze esterne e i pochissimi separatisti taiwanesi”. Taiwan, che aveva avvertito il governo onduregno di “non cadere nella trappola della Cina”, ha riconosciuto che le relazioni diplomatiche “sono entrate nello stadio finale”.
In tutto questo, Pechino si appresta lunedì a ricevere un’altra visita importante. Un giorno dopo la chiusura del vertice Iberoamericano che si apre domani a Santo Domingo, è atteso non a caso anche il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, per una visita di Stato di quattro giorni, accompagnato da una folta delegazione di ministri, amministratori locali e imprenditori. Una missione che come ha detto il consigliere speciale per la politica estera della presidenza, Celso Amorim, potrebbe anche segnare l’ingresso del Brasile nella “Nuova via della Seta”, lasciando la Colombia unico grande Paese della regione a non aderire.
Honduras e Taiwan hanno relazioni diplomatiche da 81 anni. L’ultimo presidente a recarsi nell’isola asiatica è stato Juan Orlando Hernandez, nel 2016, mentre la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen si era recata a Tegucigalpa a gennaio del 2018. In entrambe le occasioni si erano approfondite le relazioni commerciali e le occasioni di cooperazione, specialmente in campo scientifico e accademico. Un legame che nel 2020 ha garantito all’Honduras di aumentare del 14 per cento su anno le esportazioni a Taiwan. Nel tempo, l’isola ha garantito al Paese centroamericano alcuni aiuti specifici, tra cui la consegna di 3,2 milioni di dollari per assistere le popolazioni colpite dagli uragani Eta e Iota.
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