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Ambasciatore Paramonov a Nova: Per porre fine all’operazione speciale in Ucraina vogliamo garanzie di sicurezza

A proposito dei rapporti con l'Italia il diplomatico ha detto che "versano nella fase peggiore della loro storia”, e ha definito una violazione la pubblicazione a mezzo stampa dei conti finanziari dell'ambasciata

© Agenzia Nova - Riproduzione riservata

La guerra civile in Ucraina è iniziata il 21 novembre 2013: “la fase calda è arrivata poco dopo, nel febbraio 2014, con la creazione della cosiddetta Euromaidan, quando ha avuto luogo un sanguinoso colpo di Stato, che ha portato a conseguenze tragiche per l’Ucraina stessa, oltre che per la stabilità regionale e internazionale”. Lo ha affermato l’ambasciatore russo in Italia, Aleksej Paramonov, in un’intervista esclusiva rilasciata ad “Agenzia Nova” in cui ha affrontato diversi temi, dal conflitto in Ucraina allo stato dei rapporti fra Italia e Federazione Russa. Oggi, peraltro, ricorre il decimo anniversario dell’Euromaidan, che tuttavia per l’ambasciatore è una ricorrenza negativa.


“Il fatto che i disordini di massa a Kiev in quel periodo fossero mascherati con gli slogan della battaglia per i valori europei non fa che sottolineare il ruolo dell’Occidente nel fomentare la situazione. Infatti, funzionari statunitensi e britannici hanno interferito senza ritegno negli affari interni dell’Ucraina. È un fatto acclarato. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno ammesso di aver speso 4 miliardi di dollari per sostenere le forze antigovernative in Ucraina. Francia, Germania e Polonia si sono offerte di mediare il dialogo tra il governo e l’opposizione, hanno convinto il presidente legalmente eletto all’epoca, Viktor Yanukovych, a non usare la forza contro i manifestanti, tutt’altro che pacifici, e si sono presentati come garanti degli accordi raggiunti, ma in realtà hanno applaudito, quando i radicali ucraini li hanno violati ostentatamente e hanno preso il potere con la forza”, ha detto Paramonov. “Washington ha sempre considerato l’Ucraina come strumento per infliggere una sconfitta strategica alla Russia e, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ha iniziato a coltivarsi i collaborazionisti nazisti ucraini nascosti negli Stati Uniti. I tutori occidentali si erano posti da tempo l’obiettivo di lacerare il comune spazio storico, economico e spirituale che unisce la Russia e l’Ucraina e di dividere un popolo essenzialmente unito”, ha aggiunto l’ambasciatore.

Paramonov ha parlato, inoltre, dello stato delle relazioni bilaterali, affermando che “stanno attraversando il peggior periodo della storia, se si esclude il triennio della Seconda guerra mondiale. La distruzione dell’intero sistema di legami tra Russia e Italia è un fatto compiuto: dalla politica all’economia, dalla scienza alla cultura. Non sono sicuro che tale politica risponda all’interesse dell’Italia stessa e del suo pacifico e saggio popolo”, ha detto il capo della missione diplomatica russa. “Da parte nostra, ci sforziamo di mantenere un approccio attento alle relazioni italo-russe, alle tradizioni di amicizia e di cooperazione in esse radicate, che coinvolgono i due popoli, spieghiamo pazientemente la nostra posizione, preserviamo il rispetto per i nostri interlocutori e non sbattiamo la porta, anche se non posso negare che a volte ci sono momenti in cui avremmo voglia ‘di tirar fuori il carattere’. La speranza nel buon senso degli italiani e complessivamente di tutti gli europei, come si dice, è l’ultima a morire. Siamo pronti a mantenere anche in futuro una forma di ‘pazienza strategica’”, ha proseguito l’ambasciatore.

Il capo della missione diplomatica russa ha voluto rispondere anche alle indiscrezioni pubblicate a mezzo stampa in relazione ai “conti dell’ambasciata”, e in particolare in riferimento ad alcuni prelievi di contanti avvenuti dall’inizio del conflitto in Ucraina. “I giornalisti di un quotidiano sono arrivati a cercare di collegare tale attività dell’ambasciata al recente caso della conversazione telefonica tra un duo comico russo e il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni. Vorrei qui richiamare l’attenzione su due punti. In primo luogo, le informazioni sulle transazioni finanziarie dell’ambasciata non sono pubbliche, e la loro divulgazione costituisce una grave violazione della Convenzione di Vienna e dei principi di protezione dei dati personali. Abbiamo già sollevato la questione con le autorità italiane affinché i responsabili siano individuati e puniti con la pena che meritano”, ha detto Paramonov. “In secondo luogo, per comprendere il ruolo del contante nelle attività finanziarie dell’ambasciata, è importante sapere che, con il pretesto delle sanzioni Ue, le istituzioni finanziarie italiane stanno privando il personale dei nostri uffici di rappresentanza della possibilità di aprire conti bancari, nonché di far scorrere regolarmente i trasferimenti bancari con la Russia. Questo problema, tra l’altro, non riguarda solo il personale dell’ambasciata, ma anche cittadini russi comuni, residenti in Italia, ai quali le banche possono, senza spiegazioni, chiudere i conti oppure tormentarli con controlli ingiustificati sulle loro attività finanziarie”, ha proseguito l’ambasciatore. “In una simile situazione, non sorprende che l’ambasciata, diplomatici e cittadini russi residenti in Italia siano costretti a fare molte operazioni in contanti”, ha affermato Paramonov.

L’ambasciatore si è poi soffermato sull’effetto delle sanzioni sull’interscambio fra Italia e Russia. “Ci siamo già allontanati molto dalla realtà che esisteva nella cooperazione russo-italiana prima del 2022. L’interscambio commerciale bilaterale tra Russia e Italia prima del 2022 è sceso da 40-50 miliardi di dollari a 6-8 miliardi di dollari, cifra che molto probabilmente raggiungeremo alla fine del 2023, secondo i dati dell’Istituto Statale di Statistica italiano (Istat). In Italia, e nell’Ue nel suo complesso, il dibattito sull’inefficacia delle sanzioni antirusse prosegue con slancio sempre maggiore. Assistiamo a tentativi di manipolare le statistiche per spegnere il crescente scetticismo e nascondere le reali conseguenze della ‘guerra delle sanzioni’ contro la Russia. Conseguenze, come sappiamo, notoriamente deludenti. Negli ultimi 15 anni, la quota dell’Ue nell’economia globale è scesa dal 25,3 al 16,7 per cento, mentre la quota degli Stati Uniti è cresciuta dal 23 al 25,4 per cento. La crescita economica nell’Ue si è ormai ‘esaurita’. Le previsioni della Bce rivedono costantemente al ribasso i rispettivi indicatori. Recentemente, Mario Draghi ha ammesso che l’economia europea potrebbe cadere in recessione entro la fine del 2023 e che il modello geopolitico ed economico su cui l’Europa si è basata fin dalla Seconda guerra mondiale (‘la difesa garantita dagli Stati Uniti, il grosso delle esportazioni in Cina e l’energia a basso costo dalla Russia’) è finito”, ha detto Paramonov. “La Russia, al contrario, si è adattata alle sfide esterne e ha sviluppato ‘un’immunità alle sanzioni’. Già nell’estate del 2023, l’economia ha completamente compensato la recessione dell’anno scorso. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, nel 2023 il Pil dovrebbe crescere del 2,2 per cento, se non addirittura del 3 per cento. Si registra una ripresa nella maggior parte dei settori. La riorganizzazione della geografia delle relazioni economiche con l’estero è uno degli effetti principali delle sanzioni occidentali”, ha detto l’ambasciatore.

L’operazione militare speciale sembra essersi impantanata in un confronto quasi di trincea nel sud est dell’Ucraina, per questo motivo “Agenzia Nova” ha interpellato l’ambasciatore sulle prospettive delle ostilità. “Gli Stati Uniti, l’Occidente nel suo complesso, devono rinunciare all’idea di indebolire la Russia, di relegarla ai margini dei processi mondiali. Questo non accadrà mai, per quanto i nostri attuali detrattori vorrebbero che accadesse. Recentemente, un passo coraggioso è stato fatto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando, durante la sua visita in Uzbekistan, a proposito degli eventi in Ucraina, ha affermato che ‘nessuno vuole umiliare la Russia e indebolirne il ruolo’”, ha detto Paramonov. “Nel mondo si consolida l’opinione che una soluzione sostenibile e giusta è possibile solo se il regime di Kiev interromperà le ostilità e gli attacchi terroristici, e i suoi sponsor occidentali smetteranno di rifornire di armi le forze armate ucraine. Occorre riaffermare le basi originarie della sovranità ucraina, il suo status di Paese neutrale, non allineato e libero da armi nucleari, riconoscere le nuove realtà territoriali derivanti dall’esercizio da parte degli abitanti delle nuove regioni russe del diritto all’autodeterminazione sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, garantire la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina e i diritti dei suoi cittadini di lingua russa e delle minoranze nazionali. La realizzazione di questi obiettivi è pienamente coerente con la pace e la sicurezza internazionale, per le quali si batte la Russia”, ha proseguito l’ambasciatore.

Sebbene al momento non ci siano margini per un negoziato, è innegabile che vi siano molti attori a livello internazionale che stanno cercando delle vie di mediazione. “La Russia apprezza veramente gli sforzi dei Paesi della ‘maggioranza globale’ per promuovere una soluzione politica e diplomatica alla crisi ucraina. Cina, Brasile e alcuni Stati africani hanno già dimostrato una profonda comprensione delle cause principali del conflitto ucraino, del suo significato geopolitico e della necessità di tenere in considerazione gli interessi della Russia. Le loro proposte contengono molte disposizioni razionali che Mosca sostiene. Tra queste il rispetto del diritto internazionale, il rifiuto della mentalità da ‘guerra fredda’ e la condanna delle sanzioni unilaterali. Lo fanno con sincerità e nel proprio interesse, perché devono confrontarsi periodicamente con il caos dei processi globali causato dalle politiche occidentali e dalle conseguenze dei metodi adottati dagli Stati Uniti nei confronti dei Paesi del Sud globale”, ha detto l’ambasciatore. “Il Vaticano ha sempre adottato un approccio molto responsabile per superare la crisi ucraina. E, come possiamo vedere, continua a farlo. Il suo impegno, culminato nella missione di mediazione del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, è stato molto apprezzato in diverse capitali mondiali, tra cui Mosca, Washington e Pechino, oltre che in una buona metà dei Paesi della ‘maggioranza globale’ che, come sappiamo, ospitano centinaia di milioni di cattolici. Non vorrei parlarne, ma, tuttavia, non si può fare a meno di ricordare l’atteggiamento irrispettoso, negligente e privo di qualsiasi tocco diplomatico che il regime di Kiev ha mostrato nei confronti di questi delicati passi basati sui più profondi principi dell’etica cristiana. Com’è noto uno dei più stretti collaboratori del presidente ucraino, Mykhailo Podolyak, non ha pensato a nulla di meglio che definire lapidariamente Papa Francesco ‘filorusso’ sostenendo che dunque non avrebbe il diritto di assumere il ruolo di mediatore per la risoluzione del conflitto in Ucraina”, ha affermato Paramonov.

A prescindere da chi potrebbe favorire la mediazione, l’auspicio è che prima o poi Russia e Ucraina avviino dei seri negoziati per porre fine alle ostilità in corso e, per questo motivo, “Agenzia Nova” ha chiesto all’ambasciatore quale sarebbe per la Russia la base di partenza in caso si aprisse un formato negoziale. “Per la parte russa non è importante se i suoi obiettivi in Ucraina saranno raggiunti con la forza o in via negoziale. Ciò di cui la Russia ha bisogno è la garanzia che dal territorio ucraino nessuno possa mai minacciare la sua sicurezza. Tra l’altro, nelle ultime settimane, la leadership di Israele, alla quale, per inciso, andrebbero poste molte domande, ha insistito sul fatto che lo scopo principale dell’operazione militare contro Hamas è quello di eliminare la minaccia alla sua sicurezza proveniente dai territori palestinesi. Eliminare le minacce alla sua sicurezza e a quella delle regioni della Repubblica popolare di Donetsk della Repubblica popolare di Luhansk, delle regioni di Zaporizhia e Kherson, è l’obiettivo che si pone oggi la Russia”, ha spiegato l’ambasciatore. “Come base per i negoziati, prima di tutto, deve essere esclusa la cosiddetta ‘formula di pace’ di Zelensky, portata avanti dal regime di Kiev, che è essenzialmente un insieme dei suoi ultimatum e in realtà richiede la capitolazione della Russia: il ritiro delle truppe russe dal territorio di Donbass, Crimea, Zaporizhia e Kherson, risarcimenti, comparizione davanti ai tribunali internazionali. Come è ormai noto, i colloqui di Istanbul del marzo 2022 sono stati interrotti dalla delegazione ucraina, quasi per volere diretto dei loro patroni occidentali. E ora che in Ucraina è entrata in vigore la legge che vieta di negoziare con la Russia, cosa pensano di fare? Ovviamente, per aprire una possibilità di trattare, la parte ucraina deve compiere alcuni passi”; ha proseguito Paramonov.

Infine, il capo della missione diplomatica ha parlato dell’Iniziativa del Mar Nero, l’accordo sul grano sospeso dalla Russia la scorsa estate e indicato la strada che, secondo Mosca, andrebbe intrapresa per riavviarlo. “Per quanto riguarda ‘l’accordo sul grano’, sì, è stato sospeso il 17 luglio 2023 per decisione della parte russa in quanto l’adempimento dei termini dell’accordo per la parte russa sono stati completamente bloccati dall’Occidente per tutto il periodo del suo funzionamento. Per rianimare ‘l’iniziativa del Mar Nero’ è solo necessario adempiere a quanto concordato tra i partecipanti ‘all’accordo sul grano’ sotto l’egida delle Nazioni Unite: revocare le sanzioni alle aziende russe impegnate nel settore dei prodotti agricoli e dei fertilizzanti. Per il momento, non c’è alcuna prospettiva di passi relativi da parte dei Paesi occidentali”, ha detto Paramonov. “Non allontaniamoci dalla realtà: la quota dell’Ucraina sul totale delle esportazioni di grano è piccola (5 per cento), e ora sta oggettivamente riducendo ancora di più, tenendo conto, tra l’altro, del restringimento delle aree seminate a causa della contaminazione del suolo da radiazioni e sostanze chimiche dovuta all’impiego di munizioni all’uranio impoverito fornite dall’Occidente. Allo stesso tempo, la quota della Russia è del 20 per cento e può aumentare grazie alla raccolta record di grano avvenuta nel 2023. È ovvio che le forniture di grano dall’Ucraina non possono avere un impatto importante sulla situazione dei mercati agricoli mondiali”, ha concluso l’ambasciatore.

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