La vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha iniziato ieri la sua visita in Ghana, prima tappa di un tour africano di sette giorni che successivamente la vedrà visitare la Tanzania e lo Zambia. La missione ha l’obiettivo di dare seguito agli impegni raggiunti in occasione del vertice Usa-Africa che il presidente statunitense Joe Biden ha ospitato a Washington nel dicembre 2022. Harris è il quinto esponente dell’amministrazione Biden a visitare il continente dopo il segretario di Stato, Antony Blinken, la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, la rappresentante permanente Usa alle Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield, e l’assistente segretaria di Stato per gli Affari africani, Molly Phee (il sesto se si considera anche la visita effettuata in Namibia dalla first lady Jill Biden). Lo stesso presidente Biden dovrebbe effettuare una visita nel continente entro la fine dell’anno, così come il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, e la segretaria al commercio, Gina Raimondo. Un attivismo, quello dell’amministrazione Usa, che conferma una volta di più l’intenzione di Washington di tornare a giocare un ruolo di primo piano nel continente – specie dopo il graduale arretramento della Francia dalle sue aree di tradizionale influenza – e di arginare così l’influenza di Russia e Cina in un momento di accesa competizione su scala globale, resa ancora più accentuata dal conflitto in Ucraina.
Harris è arrivata ieri ad Accra, dove oggi avrà un incontro bilaterale con il presidente Akufo-Addo e visiterà uno studio di registrazione locale ad Accra, oltre ad incontrare i giovani dell’industria creativa. Domani Harris terrà un importante discorso davanti a una platea di giovani e visiterà il castello degli schiavi di Cape Coast, uno delle circa 30 grandi fortezze costruite sulla Costa d’Oro dell’Africa occidentale (oggi Ghana) dai commercianti europei durante la tratta degli schiavi africani, tra il fra il sedicesimo e il diciannovesimo secolo. Mercoledì, ad Accra, la vicepresidente Usa incontrerà le donne imprenditrici e discuterà dell’emancipazione economica delle donne, annunciando una serie di investimenti nel settore pubblico e privato in tutto il continente per aiutare a colmare il divario di genere. Successivamente, mercoledì pomeriggio, Harris partirà alla volta di Dar es Salaam, in Tanzania, dove giovedì incontrerà la presidente Samia Suluhu e parteciperà a una cerimonia di deposizione di ghirlande per commemorare l’attentato del 1998 all’ambasciata degli Stati Uniti, per poi incontrare gli imprenditori in un incubatore tecnologico e in uno spazio di co-working a Dar es Salaam. Venerdì 31 marzo la vicepresidente partirà per Lusaka, in Zambia, dove incontrerà il presidente Hakainde Hichilema e annuncerà una serie di investimenti del settore pubblico e privato in tutto il continente nell’ambito degli sforzi per la resilienza climatica e la sicurezza alimentare. Infine, sabato primo aprile la Harris incontrerà a Lusaka leader imprenditoriali e filantropi, sia africani che statunitensi, per discutere di inclusione digitale e finanziaria nel continente, prima di fare ritorno a Washington domenica mattina.
Arrivata nella capitale ghanese, Harris si è detta “onorata” di essere nel Paese e nel continente africano, e si è professata “molto entusiasta del futuro dell’Africa”, auspicando di voler promuovere la crescita economica e la sicurezza alimentare e accogliendo con favore la possibilità di “essere testimone in prima persona della straordinaria innovazione e creatività che si sta verificando in questo continente”. Questo viaggio, ha aggiunto, “è un’ulteriore dichiarazione della lunga e duratura relazione e amicizia molto importante tra il popolo degli Stati Uniti e chi vive in questo continente”. Come evidenziato dalla Casa Bianca alla vigilia della partenza, il viaggio della Harris rientra nella nuova strategia per l’Africa annunciata dal segretario di Stato, Antony Blinken, durante la sua visita in Sudafrica dell’agosto scorso, e in seguito rilanciata in occasione del vertice Usa-Africa di dicembre. Una strategia che punta essenzialmente sul rafforzamento dei partenariati pubblico-privato come chiave essenziale per riaffermare la centralità degli Stati Uniti e contrastare la concorrenza della Cina nel continente africano.
È su questa strategia che insisterà la Harris durante i colloqui con i suoi interlocutori africani, con i quali discuterà in particolare della sicurezza regionale, delle relazioni commerciali, di democrazia e buon governo, del sostegno alle regole e alle norme internazionali, degli impatti dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e delle preoccupazioni per l’influenza della Cina nel continente. La visita della Harris va inoltre inquadrata nell’ambito della competizione globale tra Stati Uniti e Cina, competizione che si riflette in numerose aree del mondo tra cui, appunto, l’Africa. In questo senso, Washington punta a rafforzare i legami con l’Africa per arginare la costante penetrazione della Cina guadagnata nel continente attraverso il commercio, gli investimenti e quella che i detrattori definiscono la “trappola del debito”. Dal 2000 Pechino, del resto, tiene ogni tre anni un incontro con le controparti africane, e il commercio cinese con l’Africa ha un volume circa quattro volte più grande di quello degli Stati Uniti. Secondo un’analisi dell’Eurasia Group, nel 2021 il volume d’interscambio Cina-Africa si è attestato a 254 miliardi di dollari, superando di gran lunga quello Usa-Africa, fermo a 64,3 miliardi di dollari: si tratta di cifre impressionanti se le si rapporta a quelle del 2002, quando l’interscambio Cina-Africa e Usa-Africa si attestava rispettivamente a 12 miliardi e a 21 miliardi di dollari. Sebbene, tuttavia, la Cina rimanga il più grande investitore bilaterale in Africa, i suoi nuovi impegni di prestito verso il continente sono diminuiti negli ultimi anni.
Ma la rinnovata strategia Usa per l’Africa punta anche ad arginare la penetrazione russa in alcuni Paesi africani, resa sempre più evidente dopo il graduale ritiro francese da buona parte dalle aree di tradizionale influenza di Parigi, in particolare nell’area del Sahel. La rivalità tra la Russia e l’Occidente in Africa si sta rapidamente intensificando, specialmente dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e le sempre più numerose segnalazioni di combattenti africani arruolati nella compagnia Wagner. L’ultimo punto critico è il Ciad, Paese formalmente ancora nell’orbita francese ma che, secondo il parere di diversi osservatori, è il prossimo obiettivo di Mosca e dei paramilitari della Wagner. L’allarme è stato lanciato di recente dal “New York Times” che, citando fonti di intelligence, ha riferito che gli Usa hanno avvertito il presidente del Ciad, Mahamat Deby Itno, che i mercenari russi starebbero complottando per uccidere lui e tre esponenti di alto livello della giunta militare al potere a N’Djamena, e che Mosca starebbe sostenendo i ribelli ciadiani – già responsabili dell’uccisione del presidente Idriss Deby Itno, padre di Mahamat, nell’aprile 2021 – che si ammassano nella vicina Repubblica Centrafricana, a sua volta già saldamente dell’orbita russa. Allo stesso tempo, Mosca starebbe avvicinando i simpatizzanti all’interno dell’élite al potere del Ciad, compresi i ministri di gabinetto e un fratellastro del presidente, Seid Deby, già capo della compagnia energetica statale del Ciad. Se confermata, la decisione del governo degli Stati Uniti di condividere informazioni sensibili con il capo di uno Stato africano rivela il modo con cui l’amministrazione Biden si sta muovendo in modo più deciso in Africa e sta usando nuove tattiche per ostacolare le conquiste russe nel continente.
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