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A 70 anni dall’ingresso nella Nato, la Turchia auspica più sostegno e cooperazione

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Storico crocevia nel Mediterraneo e tra l’Europa e l’Asia, a settant’anni dall’ingresso nell’Alleanza nordatlantica, la Turchia rivendica la propria posizione strategica nel futuro geopolitico della Nato, lamenta la mancanza di sostegno da parte di alcuni Paesi alleati nella difesa dei propri confini, e auspica una maggiore cooperazione nell’ambito della sicurezza e dell’industria della difesa. E’ quanto emerso in una serie di incontri organizzati tra Ankara e Istanbul dal Direttorato della comunicazione della presidenza turca in occasione dei 70 anni dell’entrata della Turchia nella Nato. La Turchia occupa una “posizione strategica nel futuro geopolitico della Nato”, che “ha contribuito significativamente alla pace e speriamo continui a farlo”, occupandosi non solo della stabilità in Europa “ma anche dei suoi confini”, ha dichiarato il capo del Direttorato della comunicazione della presidenza turca, Fahrettin Altun, durante il panel “Changing Dynamics and longstanding alliance: Stronger with Turkiye for 70 years”, in occasione del settantesimo anniversario dell’ingresso della Turchia nella Nato. “Oggi la Nato è diventata un’istituzione internazionale con la quale il Paese collabora in nome della sicurezza”, ha chiarito Altun, sottolineando che “negli ultimi 30 anni ha acquisito un significato che va oltre la semplice sicurezza militare”. Per la Turchia, la Nato è “una strategica alleanza” e l’ha considerata un “tema prioritario della sua agenda di sicurezza e politica estera”, ha aggiunto Altun.

Altun: “Turchia tra gli alleati più affidabili della Nato”

Il numero uno della comunicazione della presidenza turca ha affermato che Ankara “è uno degli alleati più affidabili”, sia dal punto di vista del budget destinato alla Difesa che in termini di impiego militare, citando l’impegno in Kosovo, Iraq, Afghanistan, tra gli altri teatri operativi. Inoltre, “contribuisce alla stabilità dei confini, ma necessita di più sostegno”, citando “i problemi più urgenti come il terrorismo o l’emigrazione”. Citando le operazioni in Siria, dove Ankara ha agito nel quadro della “legittimità a difendersi”, alcuni Paesi “non solo non hanno sostenuto, ma è inaccettabile che alcuni membri dell’alleanza abbiano usato altri gruppi terroristici per combatterli”, ha affermato Altun. Illustrando le aspettative della Turchia da parte della Nato, Altun ha detto che “la Nato non dovrebbe solo contribuire alla stabilità in Europa, ma anche sostenere più intensamente la ricerca di stabilità ai confini dell’Europa”, citando gli eventi in Siria. “Ci sono regioni ai confini dell’Europa che possono essere una fonte di instabilità per tutto il mondo. L’ immigrazione e il terrorismo sono i problemi più urgenti della nuova era che attendono soluzioni”. Il “terrorismo, il clima e la pandemia globale dovrebbero far parte della nuova missione della Nato, che dovrebbe espandersi non solo geograficamente, ma anche in termini di questioni preoccupanti”, ha concluso.

Industria della difesa e autosufficienza

Nel corso degli incontri è emerso anche il tema dello sviluppo negli ultimi anni dell’industria della difesa turca, che in taluni casi ha suscitato timori. A tal proposito, la professoressa Aylin Unver Noi, docente presso la Halic University, ha dichiarato ad “Agenzia Nova” che “l’autosufficienza è diventata una necessità per la Turchia, dopo che alcuni Paesi della Nato hanno imposto un embargo alla vendita di armi alla Turchia”. Lo sviluppo di questa politica è diventata “una necessità per la nostra agenda a causa della posizione geografica della Turchia, circondata da Paesi in guerra. Per alcuni Paesi membri questa strategia è una minaccia a causa degli investimenti nel settore della difesa, per la possibilità di diventare un competitor”, ha chiarito. Unver Noi ha precisato che “non sono tutti contrari”, perché l’intero indotto “rappresenta anche un settore di cooperazione”. A livello geopolitico, in questo periodo storico contraddistinto dalla crisi tra Kiev e Mosca, “la Turchia vuole risolvere la questione in modo pacifico attraverso la diplomazia – ha aggiunto la professoressa -. Le relazioni sono buone e si sono elevate a livello strategico con l’Ucraina. Con la Russia la situazione è un po’ complicata, perché Mosca non vede la situazione soltanto come una tensione fra Ucraina e Russia”. Unver Noi ha spiegato che “ci sono altri aspetti. Una delle principali preoccupazioni per la Russia è l’ingresso eventuale dell’Ucraina nella Nato, la questione è, quindi, tra Russia e Nato e Russia e Stati Uniti. Ecco perché non è semplice risolvere questo tema”. La Turchia “ha espresso la volontà di mediare e l’Organizzazione per la cooperazione nella sicurezza europea ha suggerito di svolgere un incontro ad Ankara. Ma vedremo se accadrà o meno”, ha concluso.

Demir: “Lasciati soli da dagli alleati in periodi di difficoltà”

Lo sviluppo del settore della difesa turco è emerso in numerosi degli incontri. “L’autosufficienza al 100 per cento è un’utopia, è costosa e non funziona”, ha affermato Ismail Demir, numero uno della Presidenza dell’industria della difesa turca. “In alcuni settori dobbiamo essere indipendenti, abbiamo imparato la lezione”, ha affermato, sottolineando che tra gli obiettivi di Ankara vi è l’autosufficienza nel settore delle infrastrutture critiche. “Anche oggi viviamo delle restrizioni dai nostri alleati. La mancanza di fiducia viene dall’esperienza. Vorremmo fidarci, ma abbiamo sperimentato che nei periodi di difficoltà siamo stati lasciati da soli”, ha affermato, riferendosi alle operazioni condotte da Ankara lungo il confine con la Siria e al blocco nella partecipazione del programma dei caccia stealth di quinta generazione F-35. “Hanno lasciato un embargo mentre la Turchia combatteva lo Stato islamico. E’ illogico”, ha chiarito, sottolineando la volontà di una “comunicazione più chiara con i nostri alleati”. Nell’incontro con i giornalisti Demir ha spiegato che in merito ai timori circa l’uso avverso degli F-35 con i sistemi russi S-400, “non sono interoperabili. Siamo pronti a prendere le limitazioni necessarie nel caso di uso contemporaneo”. In merito all’espulsione dal programma F-35, Demir ha notato come questa decisione abbia fatto “anche aumentare il costo dei velivoli. Vogliamo ritornare nel programma, ma sottolineiamo l’illogicità dell’approccio dei nostri alleati”.

L’industria della difesa turca “ha fatto molta strada in oltre 35 anni per crearsi da zero per consentire alla Turchia “di diventare un alleato affidabile per la Nato”, ha poi proseguito Demir, ricordando come la Presidenza dell’industria per la difesa (Ssb) sia stata fondata come principale agenzia di approvvigionamento, al fine di stabilire una moderna industria della difesa. “Oggi SSB sta portando avanti oltre 750 progetti di difesa con un budget di quasi 76 miliardi di dollari. Questi progetti hanno migliorato l’industria della difesa turca per diventare un’industria matura in grado di progettare, sviluppare e produrre i sistemi utilizzati con successo dalle forze armate turche e dalle agenzie di difesa e sicurezza e da i nostri Paesi alleati e amici”, ha aggiunto.

Turchia “risorsa strategica per l’alleanza”

Demir ha ricordato che l’industria della difesa turca sviluppa tecnologie, progetta e produce sistemi nazionali tra cui veicoli terrestri, Uav (droni), piattaforme navali, alcune piattaforme aeree, sistemi di armi, sistemi di difesa aerea, artiglieria e munizioni, elettronica militare, sistemi di guerra elettronica ,sistemi di sicurezza interna”. L’ecosistema della difesa turco, guidato da Ssb ha raggiunto un fatturato nel settore della difesa e aerospaziale di 10,9 miliardi di dollari, di cui 1,7 miliardi di dollari per la ricerca e lo sviluppo, con una produzione locale dell’80 per cento ed esportazioni in 176 Paesi con un volume di 3,25 miliardi di dollari. Lo “sviluppo dell’industria della difesa turca sta rendendo la Turchia una risorsa molto critica e strategica per l’Alleanza. Nel corso dei secoli, l’industria della difesa è sempre stata situata al crocevia della politica e della tecnologia. Ora, sia politicamente che tecnologicamente, siamo all’alba di una nuova era. Un sistema mondiale multipolare sta emergendo e sta aumentando il potenziale per problemi di sicurezza regionali e internazionali, come stiamo tutti testimoniando nell’attuale crisi ucraina”, ha aggiunto Demir. Infine, il numero uno di Ssb ha affermato che “il successo delle missioni e operazioni attuali e future della Nato sarà molto importante e la Turchia continuerà a fornire un adeguato sostegno a queste operazioni. Ecco perché, lo affermiamo con orgoglio, in quanto forte contributo alla condivisione degli oneri della Nato, la Turchia e la sua industria della difesa sono pronte ad adattarsi e collaborare con i suoi alleati per incontrare queste tecnologie emergenti e dirompenti ed essere pronta per gli Obiettivi 2030 della Nato”.

Tra i progetti di una delle società per la difesa turche, la Turkish Aerospace Industrie (Tai) sta sviluppando il velivolo Hurjet che potrebbe rappresentare un’alternativa ai caccia F-16, che dovrebbero essere dismessi entro il 2035. Il primo prototipo dovrebbe decollare il 18 marzo 2023, anno del centenario della fondazione della Repubblica turca. “Il primo modello potrebbe essere consegnato all’Aeronautica nel 2029”, secondo quanto dichiarato da Attila Dogan, executive president di Tai, ai giornalisti, spiegando che sono in corso trattative.

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