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8 marzo: donne in piazza a Roma per il flash mob “Non una di meno”

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“Essenziale è il nostro sciopero, essenziale è la nostra lotta”, è questo lo slogan del flash mob delle donne organizzato da “Non una di meno” questa mattina a Roma, davanti al ministero dell’Economia e delle finanze. Ombrelli e mascherine rosa, cartelli con i dati simbolo della diseguaglianza di genere legati insieme da nastri rosa. Il titolo del falsh mob è “Sciopero globale femminista e transfemminista”, “contro la violenza strutturale e per indipendenza economica”. “Abbiamo deciso di darci appuntamento qui al Mef per un flash mob perché il Mef sarà il ministero chiave nella riscrittura del Recovery fund”, ha spiegato Serena di “Non una di meno”. “Quello che abbiamo visto durante la pandemia è che l’emergenza si è scaricata completamente sulle donne, sulle soggettività precarie dei servizi essenziali ma anche nelle case con lo smart working e con il carico ulteriore di cura dei bambini con la chiusura delle scuole. Quello che ha dimostrato la pandemia è il fatto che le istituzioni della cura, del welfare sono entrate in crisi per gli anni di austerity quindi noi chiediamo che il Recovery fund significhi una ridefinizione completa del pubblico, della sanità pubblica, della scuola pubblica – ha sottolineato – ma anche degli strumenti di sostegno al reddito per un reddito di autodeterminazione che liberi le donne dal ricatto della violenza e della povertà”.


“I dati parlano molto chiaro in questo senso, abbiamo visto i dati Istat per esempio che solo nel mese di dicembre hanno registrato il 98 per cento di posti di lavoro persi di donne e questo è solo l’anticipo che si darà con lo sblocco dei licenziamenti – ha continuato -. Forme di reddito sono essenziali, salari degni contro il gender gap sono necessari. Il Recovery fund è un terreno di lotta completamente aperto che non può essere depoliticizzato e reso un affare per tecnici e società private, ma è una questione che riguarda le nostre vite. Abbiamo visto anche un altro dato molto allarmante durante la pandemia – ha aggiunto – e cioè l’aumento della violenza domestica e dei femminicidi. Nei primi due mesi dell’anno ci sono già stati 15 femminicidi, questa è solo la punta dell’iceberg di una violenza strutturale e su cui ci vogliono interventi di tipo economico, sociale e culturale radicali. Siamo stanche di essere ammazzate, sottoposte a violenza nei posti di lavoro e in casa, siamo stanche di dover uscire con la paura di dover essere aggredite. Questo è un tema sociale e culturale di primo piano che sta scomparendo dall’agenda politica e nazionale e che quest’anno durissimo rimette al centro”.

Antonella Questa, attrice e attivista del “Giusto mezzo” ha aggiunto che ‘Il Giusto mezzo’ è un movimento di donne e uomini per chiedere metà dei fondi del Recovery fund per interventi strutturali in favore dell’occupazione femminile. Sulle donne ricade il lavoro di cura, sia di bambini che di anziani, la perdita del lavoro è stata orribile. A dicembre 101 mila posti di lavoro sono andati in fumo e 99 mila erano di donne. È fondamentale ridare lavoro alle donne per ripartire anche con il Pil del Paese”. “Insieme siam partite, insieme torneremo, Non una, non una, non una di meno”, questo lo slogan delle donne gridato al megafono che hanno aggiunto “milioni di noi lavora in nero, senza contratti, senza tutele, senza diritti. Tre milioni di donne vivono in povertà assoluta. Portiamo sulle spalle il peso del lavoro produttivo, riproduttivo e di cura cresciuto a dismisura nell’ultimo anno. Agli incentivi per l’imprenditoria femminile e agli sgravi per le aziende che assumono donne rispondiamo pretendendo un piano per la redistribuzione della ricchezza”.

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