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Auto: Tommasi (Amici della Terra) su motori termici, accantonare scelte ideologiche e puntare su neutralità tecnologica (2)

Roma, 03 mar 2023 12:34 - (Agenzia Nova) - Interrogata sull’aspetto dei costi di una strategia improntata all’elettrificazione del mercato degli autoveicoli, Tommaso ha spiegato che “in questi anni i prezzi delle batterie agli ioni di litio sono progressivamente scesi dai 300 dollari per kilowattora (kWh) del 2014 ai quasi 110 dollari per kWh del 2021. Il prezzo di 100 dollari per kWh è considerato una soglia che determina la parità di costo tra i veicoli alimentati a batteria e quelli a combustione interna. Ma nel 2022 abbiamo assistito per la prima volta ad un’inversione di questa tendenza con i prezzi che si sono riportati a circa 150 dollari per kWh. Questa tendenza è legata all’aumento dei costi delle materie prime che incidono mediamente per il 60 per cento del costo della batteria”. Per quanto il mercato dei metalli per batterie sembra aver raggiunto il picco, ha aggiunto Tommasi, “in realtà il 2023 potrebbe vedere un ulteriore aumento del loro costo complessivo, dovuto anche alle diverse tendenze dei materiali che le costituiscono”. Per costruire batterie servono materiali come il litio e altre cosiddette terre rare, elementi la cui lavorazione peraltro ha un costo e un impatto in termini di inquinamento. “La definizione del prezzo di produzione di un metallo è qualcosa di molto specifico, legato alla miniera da dove viene estratto ed alle caratteristiche della mineralizzazione. A incidere nel passo successivo sul prezzo c’è poi la fase di raffinazione, particolarmente energivora, che dipende dal paese dove viene realizzata ed al suo mix energetico”, ha detto la presidente di Amici della Terra. Secondo Tommasi, peraltro, “l’inquinamento dovuto all’attività mineraria non è una novità o meglio lo è solo per l’Occidente che ne riscopre solo ora i costi sociali ed ambientali poiché dipende dall’approvvigionamento di queste materie per la sua transizione energetica”.

Peraltro, quando si parla di terre rare, ha proseguito Tommasi, bisogna tenere conto che “la catena del valore è completamente in mano alla Cina”. “La produzione annua di terre rare è di poco più di 150 mila tonnellate a livello globale e, a dispetto del loro nome, non sono così rare. La loro ipotetica scarsità è dovuta al basso tenore delle loro mineralizzazioni che spesso rende non economico il loro sfruttamento. Anche in Europa ci sono interessanti giacimenti ma il vero problema è la fase di raffinazione, particolarmente inquinante, che ha da sempre impedito lo sviluppo di una catena europea delle terre rare”, ha spiegato la presidente di Amici della Terra. Per quanto concerne l’approccio della Cina, Tommasi ha aggiunto che Pechino “sta progressivamente mettendo in secondo piano l'estrazione mineraria e la raffinazione delle terre rare, poiché queste materie prime (concentrati e ossidi) non hanno applicazioni ad alto valore aggiunto. Da tempo il Dragone sta coltivando la produzione di risorse al di fuori dei suoi confini: un esempio in questo senso è il Myanmar, che fornisce oltre il 40 per cento dei fabbisogni cinesi di terre rare. In questo modo Pechino persegue due obiettivi fondamentali: delocalizzare le problematiche ambientali e preservare le risorse nazionali”. Tommasi, inoltre, ha ricordato che “la Cina oggi controlla oltre il 90 per cento della catena produttiva dei magneti permanenti, nel 2020, ne ha esportato 40.835 tonnellate con un aumento dello 0,24 per cento su base annua, ed ogni anno rilascia più brevetti di terre rare rispetto al resto del mondo messo insieme”. (Res)
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