Quito, 07 feb 15:01 - (Agenzia Nova) - Il presidente dell'Ecuador, Guillermo Lasso, ha incassato la bocciatura dei referendum con cui intendeva stimolare - attraverso modifiche alla Costituzione - nuove politiche in tema di sicurezza, riforma della politica e tutela dell'ambiente. "Quando il popolo si pronuncia, è dovere dei governanti analizzare, capire e accettare", ha detto Lasso auspicando, in un intervento a reti unificate pronunciato nella tarda serata di lunedì, l'apertura di un dialogo nazionale. "Le richieste di tutti, quelli che hanno votato a favore e quelli che hanno votato contro, sono sempre le stesse: più sicurezza, più educazione e salute, più lavoro e riduzione del costo della vita", ha proseguito il capo dello Stato invitando "tutta la classe politica" a "costruire un grande accordo nazionale, con la certezza che le forze democratiche debbano contribuire a questo processo". Il verdetto espresso domenica alle urne non sembra lasciare dubbi: con oltre il 97 per cento delle schede scrutinate, in tutti e otto i quesiti proposti dal governo, il "no" ha accumulato un vantaggio difficilmente colmabile. Un risultato che, combinato ai successi che il partito di sinistra Rivoluzione cittadina (Rc) ha ottenuto nelle amministrative, suona come una bocciatura per l'operato del governo guidato dal liberale Lasso, ex banchiere cui toccano ancora due anni di mandato.
Il primo e più discusso quesito era quello che avrebbe permesso di introdurre l'estradizione per le persone accusate di reati collegati al traffico di stupefacenti. La domanda, punta di lancia dell'impegno del governo contro la criminalità, ha raccolto sin qui il 48,6 per cento di "sì" contro il 51,4 per cento di "no". Un quesito che apriva il pacchetto sulla "sicurezza", primo dei tre gruppi in cui era articolato l'appuntamento referendario. Nel 2022 l'Ecuador ha contato 4.550 morti violente, divenendo - con un indice di 25 omicidi per ogni 100mila abitanti - uno dei più Paesi più violenti dell'America Latina. Il quesito più reclamizzato è quello che avrebbe potuto far cadere l'articolo 79 della Costituzione, rendendo possibile l'estradizione (prima volta dopo 80 anni) "di ecuadoriani che abbiano commesso reati" di criminalità organizzata internazionale, "attraverso processi rispettosi di diritti e garanzie". Ad oggi, l'Interpol è sulle tracce di 222 ecuadoriani a seguito delle richieste fatte da 17 Stati per reati di narcotraffico, gli unici ammessi dal referendum. I detrattori della proposta ne denunciano la portata limitata, ricordando che la criminalità ha radici e conseguenze che vanno oltre lo spaccio.
Il quesito sull'estradizione, che stando ai sondaggi della vigilia sarebbe stato il più appoggiato dagli elettori, era visto dagli analisti come uno strumento in mano al governo per "orientare" l'intera tornata referendaria in favore del "sì". Un modo con cui l'esecutivo e lo stesso presidente Lasso avrebbero dovuto ottenere nelle urne quel consenso che un parlamento diviso e senza una chiara maggioranza governativa non riesce a garantire. Con il secondo quesito, il governo intendeva consegnare alla Procura il potere di selezionare, promuovere e bocciare i magistrati e funzionari, competenza sin qui esercitata dal "Consejo de la Judicatura": a questo organo terzo si imputano infatti i ritardi nelle nomine di almeno 600 funzionari utili al funzionamento della giustizia.
Il secondo gruppo insiste sul "rafforzamento della democrazia". Si parte dal quesito che taglia il numero di parlamentari introducendo modifiche sul criterio di rappresentatività. Ad oggi il "Congreso" - l'organo legislativo monocamerale - dispone di 137 deputati e stando al censimento della popolazione compilato nel 2022, con i criteri attuali, tale numero dovrebbe salire a circa 152. Con la riforma referendaria si sarebbe introdotta l'elezione di un deputato per ciascuna provincia, più uno per ogni 250mila abitanti, due deputati nazionali per ogni milione di abitante, e uno ogni 250mila ecuadoriani all'estero. Il tutto per un totale di circa cento deputati.
L'idea del governo era quella di correggere le "distorsioni" nella rappresentatività in favore di una maggiore "uguaglianza" nella formazione della volontà popolare. Con la domanda numero quattro si propone di eliminare i "movimenti politici" i cui affiliati siano in numero minore dell'1,5 per cento degli iscritti all'anagrafe elettorale. Una sforbiciata destinata a colpire le 272 entità, ma non i partiti veri e propri, per limitare lo spazio di manovra a forze minori nella costruzione di alleanze elettorali, estremamente friabili una volta chiuse le urne.
Il pacchetto delle riforme politiche è chiuso dai due quesiti che puntano a togliere competenze al Consiglio di partecipazione cittadina e controllo sociale (Cpccs), un organo creato durante i governo "neo-socialisti" dell'ex presidente Rafael Correa, e che l'attuale amministrazione Lasso ha messo da tempo nel mirino. Ad oggi il Cpccs, eletto con suffragio popolare, ha il potere di nomina di 77 autorità. Col referendum si sarebbe dovuto consegnare al Parlamento tanto il potere di selezionare e insediare le autorità, lasciando al Consiglio solo quelle di enti di controllo, quanto quello di formare lo stesso Cpccs. Il governo rimprovera la centralità di un organo in mano a poche persone, e i ritardi nella nomina di decine di funzionari.
L'ultimo segmento di riforme è quello relativo alla protezione dell'ambiente: "il referendum è di tutti e deve comprendere anche nostra madre natura", ha spiegato Lasso. Il quesito numero sette prevede la creazione di un sistema di protezione delle risorse idriche come parte del più ampio sistema nazionale delle aree protette. Con l'ultima domanda si chiede agli ecuadoriani il consenso per concedere benefici, in termini di compensazione, a persone, comunità, popoli e nazionalità che forniscono aiuto alla creazione di servizi ambientali. (Brb)
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