Brasilia, 01 dic 2022 19:13 - (Agenzia Nova) - Il ricorso per annullare l'esito del secondo turno delle elezioni presidenziali, tenute in Brasile lo scorso 30 ottobre, non è stato presentato in 'mala fede' e i promotori non meritano la multa da 4,1 milioni imposta dalla giustizia elettorale. Lo scrive il Partito liberale (Pl) del Brasile in un documento inviato al Tribunale superiore elettorale (Tse). Il partito del presidente Jair Bolsonaro, uscito sconfitto dalle elezioni in questione, contesta l'interpretazione del giudice Alexandre de Moraes secondo cui il contenzioso si basa su "malafede" ed evidenzia che "non ha mai avuto l'intenzione di causare disordini al processo elettorale brasiliano, tanto meno fomentare qualsiasi tipo di movimento ideologico". Il Pl sostiene di aver agito come un "organo di controllo elettorale" e sostiene che il rapporto è stato "basato esclusivamente su dati tecnici contenuti in un rapporto effettuato da professionisti qualificati di un ente specializzato".
Inizialmente la multa era stata imposta alla coalizione Per il bene del Brasile, composta anche dai partiti Progressista (Pp) e Repubblicano (Republicanos). Tuttavia, all'indomani della decisione della Corte gli altri due partiti avevano preso le distanze dal Pl, rinnegando di aver partecipato alla preparazione del ricorso e di condividerne i contenuti. Per questo motivo il Tse li aveva esclusi dal pagamento della multa, rimasta solo a carico del Pl. Nella nota, Pl afferma che "il blocco dei conti rappresenta un rischio per il funzionamento del partito che ha in parlamento il gruppo più numeroso, sia alla Camera che al Senato". "Senza risorse finanziarie il partito non è in grado di fare fronte neanche alle spese basilari per il suo funzionamento", conclude.
Forte del risultato di un'analisi commissionata a una società privata, il partito di Bolsonaro aveva denunciato l'impossibilità di certificare il voto espresso nel 61 per cento delle urne elettroniche impiegate nel ballottaggio di fine ottobre, quelle costruite prima del 2020. Al netto di quelle preferenze, assicurava il presidente del Partito liberale, Valdemar Costa Neto, Bolsonaro avrebbe sconfitto Luiz Inacio Lula da Silva, confermandosi capo dello Stato con il 51 per cento dei voti. De Moraes aveva dato ai ricorrenti 24 ore di tempo per correggere la denuncia, includendo anche i voti espressi (con le stesse urne elettroniche) al primo turno delle elezioni generali, che avevano permesso al Pl di ottenere la maggioranza relativa alla Camera dei deputati. Richiesta cui il Partito non aveva dato seguito.
Il presidente del Tse segnalava in una nota che "non c'è nessuna ragione perché la presunta frode o malfunzionamento delle urne elettroniche fosse riferita alla sola votazione del presidente della Repubblica". Una circostanza che non permette "in modo assoluto" di poter accogliere la denuncia e che, al contrario, certifica la "totale mala fede" dei proponenti: la loro azione è "palesemente" condotta "per attaccare lo Stato di diritto", e redatta in modo "incoerente, con lo scopo di incentivare movimenti criminali e anti-democratici", affermava de Moraes rimandando alle "gravi minacce e violenze" portate avanti nei giorni successivi al voto, con il blocco di diverse autostrade in tutto il Brasile.
Tutti i rapporti tecnici presentati dimostrano che tutte le urne elettroniche impiegate nel processo elettorale "possono essere identificate singolarmente in modo chiaro e preciso", proseguiva il magistrato negando il parere del Pl secondo cui le macchine più antiche avrebbero tutte lo stesso numero di serie, circostanza che renderebbe vani i controlli incrociati. "Gli argomenti del ricorrente sono, pertanto assolutamente falsi", aggiungeva de Moraes avvertendo anche della possibilità che usando fondi pubblici per presentare una denuncia che potrebbe costituire attentato contro la democrazia, il Partito liberale possa aver commesso un ulteriore reato amministrativo. Ragione per cui l'intero fascicolo, oltre che alla Corte suprema, viene inviato alla magistratura contabile.
Nei giorni successivi alla chiusura delle urne, i sostenitori del presidente Bolsonaro hanno animato numerose proteste, con blocchi alla circolazione nelle grandi arterie stradali e con presidi - tutt'ora vigenti - dinanzi alle caserme per chiedere ai militari di prendere il controllo della situazione. Manifestazioni ricondotte alle denunce di presunte frodi perpetrabili proprio attraverso le urne elettroniche, fatte dallo stesso presidente nei mesi precedenti il voto. Le proteste sono andate avanti nonostante Bolsonaro, a lungo assente dalla scena pubblica dopo il voto, avesse tentato di dissuaderle: "Le manifestazioni pacifiche saranno sempre ben accette, ma i nostri metodi non possono essere quelli della sinistra, che da sempre danneggiano la popolazione, come l'invasione delle proprietà, la distruzione del patrimonio e la limitazione del diritto di andare e venire", ha dichiarato nel primo, breve discorso, tenuto dopo il voto.
Bolsonaro ha perso le elezioni contro Inacio Luiz Lula da Silva, candidato del Partito dei lavoratori (Pt). Lula ha chiuso il primo turno del 2 ottobre con il 48,43 per cento dei consensi contro il 43,2 di Bolsonaro. Nello "spareggio" del 30 ottobre, Lula ha vinto con il 50,9 per cento dei voti, 1,8 punti in più di quelli ottenuti da Bolsonaro. L'ex sindacalista ha raccolto il maggior numero di voti mai ottenuti da un candidato alla presidenza, oltre i 60,3 milioni, mentre il leader conservatore - con oltre 58,2 milioni di voti, può vantare un risultato migliore di quello che gli aveva garantito la vittoria nel 2018. Bolsonaro è però il primo presidente uscente a candidarsi per un nuovo mandato senza ottenere la vittoria. Per Lula si è trattato del sesto assalto alla presidenza: dopo aver perso nel 1989, 1994 e 1998, Lula ha vinto le elezioni del 2002 e del 2006, anno in cui ha sconfitto al ballottaggio Geraldo Alckmin, oggi divenuto vice presidente eletto. (Brb)
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