Lima, 01 dic 2022 15:12 - (Agenzia Nova) - La commissione di alto livello dell’Organizzazione degli stati americani (Osa), che ha visitato il Perù la scorsa settimana, presenterà oggi la sua informativa sulla crisi politica nel Paese andino. Il rapporto sarà presentato davanti al Consiglio permanente dell’organismo panamericano. Il Gruppo di alto livello incaricato dal Consiglio permanente dell’Osa di analizzare la situazione politica in Perù ha concluso il suo lavoro nel Paese, esortando tutti gli attori politici peruviani al dialogo, si legge in un comunicato diffuso al termine degli incontri istituzionali tenuti nel Paese andino. In due giorni di missione, il Gruppo ha tenuto 27 riunioni. La missione ha incontrato, tra gli altri, il presidente, il vicepresidente e parte del gabinetto, il presidente e i vicepresidenti del Congresso, il presidente e cinque magistrati della Corte costituzionale, il procuratore nazionale, la Conferenza episcopale peruviana, oltre a organizzazioni professionali di avvocati, giornalisti e sindacati.
L'obiettivo della missione, sollecitata dallo stesso Castillo, è quello di redigere un rapporto esaustivo sulle condizioni della dialettica democratica nel Paese andino, da presentare al Consiglio permanente dell'ente panamericano. Il capo dello Stato aveva chiesto l'intervento dell'Osa denunciando come "tentativi di colpo di Stato" le manovre della giustizia ai suoi danni, base per le pressioni dei suoi avversari politici. Il gruppo di lavoro è composto da cinque ministri degli Esteri - Santiago Cafiero (Argentina), Eamon Courtney (Belize), Juan carlos Holguin (Ecuador), Mario Adolfo Bucaro (Guatemala) e Julio Cesar Arriola (Paraguay) -, coadiuvati da altre tre funzionari regionali.
L'arrivo della missione nel Paese ha rappresentato una vittoria per la strategia del capo dello Stato, l'ex maestro rurale sottoposto alla costante pressione della piazza e delle istituzioni. Il Consiglio permanente dell'Osa, dove siedono tutti gli ambasciatori dei Paesi membri, ha di fatto riconosciuto a Castillo l'esistenza di una situazione di possibile instabilità: nel documento finale si esprime "solidarietà e appoggio al governo della Repubblica del Perù, eletto democraticamente", si ricorda che "l'esercizio effettivo della democrazia rappresentativa è la base dello Stato di diritto" all'interno dell'Osa, e si offre "appoggio e cooperazione" per "promuovere il dialogo e il rafforzamento del sistema democratico".
La decisione dell’Osa – che sotto la guida del segretario generale, l’uruguaiano Luis Almagro, è da tempo considerato un organismo vicino ai governi conservatori -, sconfessa parte delle aspettative dell’opposizione di Castillo, che aveva confidato nella poca percorribilità della richiesta presidenziale. È pur vero che l’ente panamericano difficilmente può dire di no a una richiesta di sostegno a un Paese membro, soprattutto se avanzata dallo stesso governo, come in questo caso. Castillo aveva chiesto con una lettera l’attivazione di due articoli della “Carta democratica”, strumento che consente a un Paese le cui istituzioni e funzionamento democratico siano minacciate di chiedere l’assistenza del segretario generale o dello stesso Consiglio permanente.
La lettera indirizzata al segretario generale Almagro reca le firme del presidente Castillo e del ministro degli Esteri, Cesar Landa Arroyo. Un documento nel quale, come ribadito dallo stesso Castillo nel messaggio televisivo alla nazione, vengono elencate le azioni, tanto del Parlamento quanto della procura generale, mirate a “alterare” l’ordine democratico del Perù. Su tutto, ci sono le indagini istruite a carico del presidente, i familiari e alcuni nomi a loro vicini. Fascicoli che il Congreso, l’organo legislativo monocamerale del Perù, usa come base per procedere con una nuova richiesta di dimissioni di Castillo dall’incarico. Nella lettera di undici pagine trovano spazio anche le denunce sulle presunte frodi che avrebbero segnato la stessa elezione di Castillo come presidente, mai però confortate da pareri degli organi competenti.
Le tensioni istituzionali hanno portato il Parlamento ha negare a Castillo il permesso di uscire dal Paese per partecipare ad appuntamenti internazionali. Con 58 voti a favore e 51 contrari, il Congresso ha impedito la trasferta programmata in Messico dal 24 al 26 novembre, giorni in cui si terrà il vertice dei capi di Stato dell'Alleanza del Pacifico. In una seconda votazione - chiusa con 77 voti favorevoli, 35 contrari e due astensioni -, l'Aula ha però concesso il permesso di viaggiare in Cile dal 28 al 29 novembre, per co-presiedere la riunione del gabinetto interministeriale, al fianco dell'omologo, Gabriel Boric. Le opposizioni, che godono della maggioranza in Parlamento, ritengono le trasferte di Castillo incompatibili con le cause giudiziarie aperte sul suo conto, l'ultima delle quali potrebbe portare anche alla rimozione dall'incarico, e la necessità di evitare pericoli di fuga.
Sul presidente Castillo, intanto, incombe una nuova minaccia di impeachment. Il parlamento voterà oggi per ammettere o meno al dibattito la terza mozione di impeachment nei confronti del capo dello stato. Se la mozione sarà ammessa, riferisce la stampa peruviana, il presidente dovrà presentarsi davanti al parlamento il prossimo 12 dicembre. I 67 deputati che hanno firmato la richiesta di messa in stato di accusa denunciano l’incapacità morale permanente del capo dello stato, la stessa motivazione alla base delle due precedenti mozioni respinte dal Congresso. Per essere approvata la mozione deve ottenere il sostegno di almeno 87 deputati. Il promotore della richiesta, il deputato Edward Malaga, ha assicurato che il numero dei deputati disposti a votare a favore della mozione supera quella soglia. (Brb)
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