TUNISIA

 
 

Tunisia: governo sotto pressione economica e sociale in vista delle elezioni locali di maggio

Tunisi, 08 mar 2018 16:31 - (Agenzia Nova) - La Tunisia è sempre più stretta nella morsa della crisi economica e delle tensioni sociali, mentre aumenta la pressione sul governo a poche settimane dalle prime elezioni municipali dalla rivoluzione del 2011. Le riserve nette in valuta estera sono scese a una copertura di 78 giorni, il dato più basso degli ultimi 20 anni. L'inflazione ha raggiunto il 7,1 per cento, un tasso ineguagliato da 10 anni a questa parte. Il Consiglio di amministrazione della Banca centrale della Tunisia, recentemente rinnovato, si è visto costretto ad aumentare il tasso di riferimento di 75 punti base, dal 5 al 5,75 per cento, nel tentativo di frenare il crollo del dinaro tunisino. Dall'inizio del 2018, lo stock di riserve valutarie è stato eroso fino a raggiungere una copertura sufficiente a 78 giorni di importazioni, lontano dalla "soglia di sicurezza" di 90 giorni. Al 5 marzo 2018, le riserve in valuta estera della Tunisia ammontavano a 11,254 miliardi di dinari tunisini, pari a circa 3,79 miliardi di euro.

Contestualmente, il costo della vita in Tunisia non sembra arrestarsi, alimentando le tensioni sociali dei giovani disillusi dalla primavera araba. L'indice dei prezzi al consumo del paese nordafricano è salito dello 0,2 per cento a febbraio 2018 rispetto a gennaio; l'inflazione media annua ha raggiunto la soglia del 7,1 per cento, in forte aumento rispetto al 4,6 per cento dello stesso mese dell’anno scorso e rispetto alla media del 5,3 per cento registrata nel 2017. L'Istituto nazionale di statistica (Ins) ha registrato rincari nei prezzi delle bevande alcoliche e del tabacco (+12,7 per cento), dei trasporti (+ 9,5 per cento), ristoranti e alberghi (+8,2 per cento), tempo libero e cultura (+7,6 per cento) e istruzione (+7,2 per cento). I prezzi dei beni alimentari - principale fattore di spesa per le famiglie - sono aumentati mediamente del 7,7 per cento, con sensibili rincari della frutta (+20,6 per cento), del pesce (+8,2 per cento) e della carne (+8 per cento).

Nell’ultimo trimestre del 2017 il tasso di disoccupazione è nuovamente aumentato raggiungendo quota 15,5 per cento a livello nazionale. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) continua a rinviare la decisione sullo sblocco della terza tranche del prestito da 2,8 miliardi di dollari complessivi accordato alla Tunisia nel 2016 ma condizionato all’attuazione d’importanti riforme economiche per la riduzione della spesa pubblica. La risposta di Bretton Woods, inizialmente attesa per il 15 febbraio, non arriverà prima di metà marzo. Nel frattempo Moody’s ha lanciato l’allarme sull’elevato livello dei crediti inesigibili che “continuerà a pesare sul rendimento delle banche tunisine”. Nel suo ultimo rapporto, l’agenzia internazionale di rating sostiene che nel 2018 gli istituti bancari locali continueranno a contare sul finanziamento della Banca centrale, cosa che “li esporrà ai cambiamenti delle politiche monetarie e al costo del finanziamento”. Grazie all’attuazione di politiche rigide, i prestiti inesigibili si stabilizzeranno attorno al 15 per cento del totale, ma resteranno comunque alti. Il problema, rileva il vicepresidente di Moody’s Olivier Panis, riguarda soprattutto il settore bancario pubblico.

Segnali positivi arrivano da Gabes, strategico bacino minerario nel cuore della Tunisia, dove è ripresa la produzione di fosfati dopo un blocco di circa 45 giorni in seguito al blocco dei giovani disoccupati. Preoccupa invece la situazione a Tataouine, nel profondo sud del paese, dove potrebbero riprendere le proteste ad El Kamour, uno dei principali snodi per la distribuzione del petrolio estratto in Tunisia. Il coordinamento dei manifestanti lamenta il mancato rispetto di un accordo raggiunto il 16 giugno 2017 al termine di settimane di proteste culminate con la morte di un giovane investito da un’auto della polizia durante lo sgombero di un sit-in permanente a El Kamour. I manifestanti promettono nuove azioni se non sarà raggiunto almeno l’80 per cento degli obiettivi prefissati negli accordi dello scorso anno: ovvero 1.000 assunzioni nelle compagnie petrolifere nel giugno 2017; altre a 500 assunzioni entro la fine del 2018; 1.000 assunzioni in aziende ambientali; 1.000 assunzioni supplementari da gennaio 2018; un fondo di investimento per lo sviluppo regionale di 50 milioni di dinari (16,98 milioni di euro).

Intanto il gruppo assicurativo-finanziario Sace ha deciso per la prima volta di assicurare contro i rischi di natura politica (come guerre, disordini civili, esproprio e restrizioni valutarie) i conferimenti di capitale e i finanziamenti soci del gruppo Marzotto a favore della controllata tunisina Filature de Lin Filin. Le operazioni, del valore di circa 21 milioni di euro, includono anche la copertura – offerta per la prima volta da Sace – dei danni derivanti dall’interruzione temporanea dell’attività produttiva (business interruption) a causa di eventi di violenza politica. Si amplia, quindi, la copertura dei rischi politici offerta da Sace, in risposta alle tante esigenze manifestate dalle imprese italiane che operano in territori dove, specialmente negli ultimi anni, si sono riacutizzate le tensioni di natura politica. Il gruppo Marzotto è presente all’estero con stabilimenti produttivi in Tunisia, Egitto e in Europa dell’Est.

Le autorità, da parte loro, hanno prolungato di ben sette mesi lo stato d’emergenza in vigore dopo gli attentati terroristici del 2015. Il capo dello Stato, Beji Caid Essebsi, ha infatti deciso di prolungare questa misura eccezionale a partire dal 12 marzo fino al prossimo ottobre. Si tratta di una decisione senza precedenti: mai fino ad oggi la presidenza aveva prolungato per così tanto tempo lo stato di emergenza, che veniva generalmente esteso ogni tre mesi. Lo stato d’emergenza affida poteri eccezionali alle Forze dell’ordine e permette alle autorità di vietare scioperi e manifestazioni che possano provocare disordini. La presidenza ha sottolineato in particolare “l'importanza di compiere ulteriori sforzi” per la sicurezza degli snodi strategici della produzione di fosfati, bloccata per le proteste dei disoccupati, e di prendere “tutte le misure necessarie per far rispettare la legge e proteggere l'interesse supremo della nazione”.

Aspre critiche al governo sono arrivate sia dal settore privato che dai sindacati. Il nuovo presidente dell'Unione tunisina dell'Industria, del commercio e dell'artigianato (Utica), Samir Majoul, ha auspicato che il paese si doti con urgenza di un governo migliore, incolpando "l'avidità di alcuni partiti politici" se il paese si trova in condizioni economiche difficili. Majoul ha però lodato l’Accordo di Cartagine, l’iniziativa del presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi, per formare un governo di ampio consenso, “i cui risultati positivi sono ora visibili”. Eppure, ha aggiunto il presidente di Utica, il settore privato “resta bloccato” in particolare nei settori delle energie da fonti rinnovabili, della produzione di fosfati, e del trasporto aereo con la mancata attuazione dell’accordo Open Sky per i timori di Tunisair, la compagnia di bandiera tunisina. “Dobbiamo aprire i cieli per salvare il turismo", ha detto Majoul.

Anche l’Unione generale tunisina del lavoro (Ugtt), principale sindacato del paese, ha attaccato il premier Chahed chiedendo pubblicamente un articolato rimpasto governativo. Nel corso di un congresso regionale a Sidi Bouzid, il segretario generale Noureddine Taboubi ha auspicato il varo di una nuova squadra di governo “che risolva i problemi economici e sociali della Tunisia”, poiché “le mani tremanti non sono adatte a governare il paese”. La risposta di Chahed non si è fatta attendere ed è arrivata attraverso un’intervista all’emittente televisiva “Wataniya 1”. “I firmatari dell’accordo di Cartagine hanno il diritto di esprimere la propria opinione, ma l’ipotesi di un rimpasto è di esclusiva responsabilità del capo del governo e ora non ce n’è bisogno”, ha dichiarato il premier, sottolineando anche che l’Ugtt “è un attore chiave della maggioranza”.

Tutto questo avviene mentre si avvicinano le elezioni municipali del 6 maggio prossimo, considerate un appuntamento cruciale per ridefinire gli equilibri politici della Tunisia. Il voto segnerà infatti un momento fondamentale per l’avanzamento del processo di decentralizzazione della Tunisia, a patto però che i deputati riescano a votare entro il sei maggio il nuovo codice delle collettività locali, la cornice legale all’interno della quale andrebbero a operare le municipalità e che è tuttora in discussione all’Assemblea dei rappresentanti del popolo. Per questo passo, tuttavia, bisognerà aspettare almeno fino al prossimo aprile. (Tut)
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