Berlino, 15 gen 2021 15:18 - (Agenzia Nova) - Dopo 18 anni alla presidenza dell'Unione cristiano-democratica (Cdu) e 16 alla Cancelleria federale, Angela Merkel lascerà un'eredità tanto importante quanto difficile da raccogliere quando abbandonerà la politica al termine della legislatura, a settembre prossimo. È dunque massima l'attenzione nella Cdu, in Germania e nella comunità internazionale per i prossimi sviluppi nello schieramento cristiano-democratico e nella politica tedesca, in attesa delle elezioni federali del 26 settembre. Mentre la Germania affronta con preoccupazione la seconda e più grave ondata della pandemia di coronavirus, l'attenzione si concentra sul congresso virtuale che la Cdu terrà oggi e domani, 16 gennaio, per eleggere il suo nuovo presidente. Tra i candidati vi è Armin Laschet, primo ministro della Renania settentrionale-Vestfalia dal 2017. Sebbene sia ultimo nei sondaggi, Laschet può giocare la carta della continuità con Merkel, di cui è tra i più fedeli sostenitori.
Questa caratteristica è certamente un freno, ma potrebbe risultare un vantaggio per Laschet. Nell'elettorato della Cdu, molti sono stanchi della cancelliera e attendono un cambiamento. Quasi 20 anni di Merkel hanno provocato l'erosione dei consensi, che la Cdu ha recuperato a fatica. Con la pandemia di coronavirus, tuttavia, le preferenze per il partito sono tornate ad aumentare a fino circa il 40 per cento. La Cdu ha, infatti, tratto vantaggio dalla gestione della crisi, potendo sfruttare il suo ruolo di partito di maggioranza relativa nella Grande coalizione con l'Unione cristiano-sociale (Csu) e il Partito socialdemocratico tedesco (SpD), al governo dal 14 marzo 2018. In un momento simile, tra pandemia ed elezioni, la continuità con la cancelliera e l'establishment della Cdu che Laschet rappresenta può costituire un'importante risorsa al congresso del partito. Laschet può, infatti, rassicurare l'elettorato cristiano-democratico maggiormente preoccupato dalla conclusione della “era Merkel”.
Tuttavia, questa continuità non deve essere intesa come appiattimento e ostilità al cambiamento. È significativo che, nella corsa alla presidenza della Cdu, Laschet, nato a Burtscheid in Renania settentrionale-Vestfalia nel 1961, abbia come proprio vice il ministro della Salute Jens Spahn, giovane ed omosessuale. La corrispondenza tra i due è biunivoca. Da un lato, Laschet ha in Spahn un simbolo del futuro. Dall'altro, Spahn ha in Laschet il vantaggio dell'esperienza di governo e l'appoggio dell'establishment cristiano-democratico. Risorse importanti in un momento in cui il ministro della Salute tedesco starebbe valutando di candidarsi a cancelliere a settembre, mentre viene duramente criticato dagli alleati della SpD per i ritardi e le carenze nella campagna di vaccinazione contro il Covid-19 in corso in Germania. Al congresso della Cdu, il “ticket” Laschet-Spahn potrebbe funzionare per il primo ministro della Renania settentrionale-Vesfalia. Dei 1.001 delegati chiamati a eleggere il presidente del partito, Laschet potrebbe convincere il centro moderato, mentre Spahn mobiliterebbe i voti di quei conservatori scettici nei confronti di Friedrich Merz, il candidato della destra alla presidenza in testa nei sondaggi. Inoltre, Laschet ha dalla sua i circa 20 anni della Cdu guidata da Merkel, di cui è stato tra i più fedeli sostenitori
Tuttavia, su Laschet gravano le critiche per la sua gestione della prima ondata della pandemia in Renania settentrionale-Vesftalia. Il Land è stato tra i primi a essere colpiti dal coronavirus e per diverso tempo ha registrato la più elevata concentrazione di focolai di infezione. Tuttavia, per garantire i diritti dei cittadini e il funzionamento dell'economia nello Stato più popoloso della Germania, dove si concentrano le industrie del Paese, Laschet si è ripetutamente opposto a restrizioni anticontagio severe. Colpito dal crollo della propria popolarità, il primo ministro della Renania settentrionale-Vestfalia si è unito ai capi di governo dei Laender che sostengono misure di blocco per il contenimento del Covid-19.
Ora, Laschet si presenta al congresso della Cdu con un programma che, elaborato con Spahn in cui propone, in particolare, l'istituzione di un ministero per la digitalizzazione, settore in cui la Germania è in grave ritardo. In materia di sicurezza interna, risalta l'impegno alla lotta contro criminalità ed estremismo, tema su cui Laschet ha recentemente insistito chiedendo il potenziamento dell'Ufficio europeo di polizia (Europol). Per il resto, il documento di Laschet e Spahn ricalca le posizioni di Merkel: unità nella Cdu, europeismo e multilateralismo, in cui la Germania affianca al rapporto con gli Stati Uniti quello con Russia e Cina. Infine, l'esclusione di ogni collaborazione dei cristiano-democratici con Alternativa per la Germania (AfD), partito nazioalconservatore che raccoglie consensi anche nell'estrema destra. In AfD sono transitati molti degli elettori della Cdu, stanchi o delusi da Merkel, e a loro guarda Merz con la sua intenzione di imprimere una virata verso destra all'Unione cristiano-democratica. Ipotesi assolutamente respinta da Laschet, che vuole mantenere la Cdu al centro.
Laschet ha poi un ulteriore e forse determinante vantaggio sui propri sfidanti, Merz e Norbert Roettgen, presidente della commissione Affari esteri del Bundestag. Il primo ministro della Renania settentrionale-Vestfalia è, infatti, l'unico dei tre candidati alla presidente della Cdu con esperienza di governo. Una dote assolutamente preziosa in vista delle elezioni di settembre e della fine della “era Merkel”. Al riguardo, assumono particolare rilevanza le recenti dichiarazioni della presidente dimissionaria della Cdu Annegret Kramp-Karrenbauer, ministra della Difesa tedesca. Kramp-Karrenbauer ha affermato che il suo successore alla guida del partito dovrà avere essere dotato di responsabilità e, soprattutto, di capacità di governo. Parole che possono essere interpretate come un implicito sostegno a Laschet, sebbene la presidente dimissionaria della Cdu si sia affrettata a correggere il tiro, evidenziando che è e rimarrà neutrale in merito all'elezione del suo successore.
(Geb)
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