Roma, 23 nov 2020 12:20 - (Agenzia Nova) - Da Stepanakert a Erevan, con la paura di rivivere le sofferenze fino ad oggi solo nei racconti dei parenti più anziani, per sfuggire ai bombardamenti delle forze armate azerbaigiane nel Nagorno-Karabakh. La storia della studentessa Angelina Sargsian, 20enne che ha trovato rifugio a casa di alcuni parenti nella capitale dell’Armenia, è anche la storia di tanti armeni che nel recente conflitto nel Nagorno-Karabakh hanno dovuto lasciare le loro abitazioni. “Lo scorso 27 settembre, la mattina, sono stata svegliata da mio fratello che mi ha detto che l’Azerbaigian aveva avviato un vasto attacco contro l’Artsakh" (il nome armeno per la regione del Nagorno-Karabakh), racconta ad “Agenzia Nova” la ragazza armena. “È stato un incubo. Avevo sentito molto della prima guerra del Nagorno-Karabakh dai miei genitori e dai miei nonni, ma non avrei mai immaginato che potessi testimoniare nuovamente tutto ciò. La mia città è stata bombardata durante l’intero periodo del conflitto. L’Azerbaigian ha nuovamente iniziato una guerra contro di noi, uccidendoci brutalmente e chiamandoci propri cittadini”, evidenzia Sargsian, che racconta di aver preso la decisione di lasciare Stepanakert lo scorso 3 ottobre dopo un “terribile bombardamento” sui quartieri civili del capoluogo del Nagorno-Karabakh. “Era impossibile continuare a vivere là. Sin dall’inizio dell’attacco dell’Azerbaigian, con mia nonna e mio nonno, siamo andati a vivere nel rifugio e nella cantina della nostra casa. Era impossibile persino andare ai negozi e comprare qualcosa da mangiare, perché avremmo potuto essere colpiti dai razzi in ogni momento. È stato orribile: ogni giorno ho testimoniato all’uccisione di miei compatrioti, al ferimento di civili oggi senza braccia o mani”, spiega la ragazza. Il suono “fastidioso” dell’allarme che segnala i bombardamenti a Stepanakert l’ha segnata per sempre: “Non lo scorderò mai. È nelle mie orecchie anche ora, era come il suono dell’annuncio di morte imminente”.
Angelina Sargsian è riuscita a lasciare Stepanakert, insieme con i nonni, la cognata ed i suoi due bambini, raggiungendo l’Armenia. “È stato veramente molto pericoloso; abbiamo guidato la macchina tra i missili e le bombe. Pensavo di essere in un film dell’orrore. Non potevo credere che questo stava accadendo veramente a me ed alla mia famiglia”, racconta la giovane armena. La casa della famiglia Sargsian a Stepanakert è rimasta in piedi, anche se “gravemente danneggiata”. “Il nostro governo ci ha promesso aiuto per riparare i danni alla casa, per cui spero che ce la potremo fare con questo importante sostegno”, afferma. La prospettiva di tornare nella sua città natale rimane viva, quindi, anche se la ragazza è segnata dall’aver visto “persone morte, decapitate, sangue dappertutto e tanti sfollati”. “Vedere come gli azerbaigiani e non solo loro, dal momento che sono stati sostenuti dai turchi e da alcuni jihadisti barbari, abbiamo usato bombe a grappolo e abbiano distrutto tutto: ospedali, chiese, asili e scuole. È stato orribile vedere enormi fila di rifugiati in lacrime cercare di raggiungere l’Armenia. È stato orribile capire che entro pochi minuti avresti potuto perdere i tuoi cari. Tutto quello che avevo imparato sui libri di scuola, ora era diventato realtà. Non avevo idea di cosa fosse una bomba a grappolo prima della guerra, ma gli azerbaigiani hanno utilizzato tutto il loro arsenale indiscriminatamente contro di noi”.
La ragazza si sente grata nei confronti del governo e del popolo dell’Armenia per l’ospitalità ed il sostegno. “Ora sto vivendo a casa di alcuni parenti, mentre mia sorella e mia cognata con i due bambini alloggiano in un hotel. Ho sentito che il governo armeno ha approvato un programma per dare denaro agli sfollati. Ancora non ho ricevuto nulla, ma spero che il governo dell’Armenia stia facendo il possibile per aiutarci”, afferma. La speranza per Angelina Sargsian è comunque quella di tornare nel capoluogo del Nagorno-Karabakh il prima possibile. “Quella è la mia terra natale. Sono nata e ho sempre vissuto a Stepanakert. Ma non posso nemmeno immaginare che sarà possibile vivere là con gli azerbaigiani e sotto la giurisdizione dell’Azerbaigian”, osserva. “Mio fratello è stato al fronte durante questa guerra e mi ha raccontato dei crimini che i soldati azerbaigiani hanno commesso, non solo contro i soldati armeni, ma anche contro la popolazione civile. I soldati azerbaigiani hanno tagliato le orecchie a coppie di anziani, hanno decapitato soldati e civili armeni, e hanno ucciso ostaggi diffondendo video su internet per incutere paura nel nostro esercito. La prima cosa che hanno fatto entrando nella città di Shusa (riconquistata dalle Forze armate dell’Azerbaigian nel recente conflitto) è stata vandalizzare l’antica chiesa armena di Ghazantsetsots”, riferisce la ragazza. Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha annunciato che ci sarà uno status speciale per il Nagorno-Karabakh: “Ma dopo tutte le atrocità sopramenzionate come possiamo essere al sicuro? Dopo 30 anni di animosità contro la popolazione armena come possiamo vivere con gli azerbaigiani nell’Artsakh? Siamo persone molto pacifiche e ospitali, ma non possiamo vivere sotto un regime il cui obiettivo principale è lo sterminio totale della mia nazione e del suo patrimonio culturale”, conclude la giovane armena. (Res)
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