Bengasi, 28 set 2020 12:39 - (Agenzia Nova) - I pescatori italiani fermati dalle autorità della Libia orientale lo scorso primo settembre saranno processi da un Tribunale militare di Bengasi il prossimo mese di ottobre. Lo ha detto ad “Agenzia Nova” il generale Mohamed al Wershafani dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), precisando che l’accusa è di ingresso e pesca in acque libiche senza previa autorizzazione. Non figura, per ora, l'accusa relativa al sospetto traffico di sostanze stupefacenti che sarebbero state trovate a bordo dei pescherecci italiani Antartide e Medinea di Mazara del Vallo sequestrati dalle autorità libiche. Il caso è passato dalla Guardia costiera dell'Lna alla Procura militare, ha detto ancora Al Wershafani. La scorsa settimana, fonti della Procura di Bengasi avevano riferito ad "Agenzia Nova” che i pescatori italiani fermati dalle autorità dell'est della Libia si trovavano ancora "agli arresti domiciliari e non sono stati trasferiti in carcere, in attesa della formulazione dei capi di accusa e la definizione del procedimento penale". I marittimi nelle mani dei libici sono in tutto 18, tra cui otto cittadini italiani e dieci di nazionalità tunisina, filippina e senegalese.
La Farnesina da anni sconsiglia le marinerie italiane di pescare nelle acque dove si è verificato il sequestro dei pescherecci lo scorso primo settembre le autorità libiche della Cirenaica hanno sequestrato un natante italiano al largo di Bengasi. Sul sito viaggiaresicuri.it, infatti, si legge: “La Libia ha dichiarato nel 2005 una zona di protezione della pesca su un'area di mare estesa fino a 74 miglia dalla propria costa e dalla linea che chiude idealmente il golfo della Sirte. In conseguenza di tale atto le autorità libiche applicano in maniera rigida misure sanzionatorie nei confronti delle imbarcazioni straniere impegnate in attività di pesca in detta area di mare che si concretizzano, frequentemente, nell’intercettazione, sequestro e detenzione dei pescherecci stranieri e dei loro equipaggi da parte delle autorità libiche e delle milizie locali. Sono state parimenti applicate consistenti sanzioni pecuniarie, oltre a provvedimenti di confisca delle imbarcazioni, delle attrezzature di pesca e dell’eventuale pescato. Nel 2017 la Libia ha inoltre dichiarato la propria area SAR (Search and Rescue) di ricerca e salvataggio dei migranti, adottando un’interpretazione rigida della SAR e dissuadendo l’intervento altrui in quell’area". (Res)
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