COVID-19, CLEMENTI (SAN RAFFAELE) A NOVA

 
 

Covid-19, Clementi (San Raffaele) a Nova: "Non penso ci sarà una seconda ondata"

Covid-19, Clementi (San Raffaele) a Nova:
Roma, 13 giu 2020 10:09 - (Agenzia Nova) - Non ci sarà una seconda ondata della pandemia e in ogni caso il virus si sta adattando all’uomo e questo vuol dire che nel tempo sta diventando meno patogeno. In un momento in cui tanto si discute dei numeri del contagio in Italia, fra previsioni catastrofiche ed inviti alla razionalità, il professor Massimo Clementi, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e autore dello studio che conferma la perdita di virulenza del Covid-19, in una lunga intervista ad “Agenzia Nova” ha cercato di fare chiarezza su alcuni temi legati all'evoluzione dell'epidemia, smentendo le tesi, a volte con "qualche retropensiero", che tracciano scenari catastrofici per il futuro. Per il professore, infatti, la situazione attuale "non va vissuta con quella preoccupazione che si sta dando su cosa succederà a ottobre e se ci sarà la seconda ondata. Io penso non ci sarà una seconda ondata" e anzi il professore si è detto stupito dai tanti messaggi negativi arrivati negli ultimi giorni, come ad esempio dall'Ocse. "Lo sostengo da molto tempo: un'attenzione, una tranquilla attenzione, o anche una leggera preoccupazione che non accada niente, ci deve essere. Ma - ha chiarito - deve essere razionale e deve realizzarsi in azioni concrete. Quello che mi viene in mente su chi sottolinea troppo questi rischi è che ci sia qualche retropensiero. Non so quanto...siccome nessuno ha la sfera di cristallo come si fa a dire in maniera tranchant che accadranno queste cose? Mi fa pensare male". Anche perché i dati, sembrerebbero dire altro: "Stiamo osservando che le infezioni attuali sono infezioni più modeste con un profilo completamente diverso rispetto a quello dell'epidemia iniziale, molto più lievi e con cariche virali molto più basse. C'è stato uno studio molto interessante fatto su tutte le sequenze che ha messo in mostra un evento tecnico che si chiama Omoplasia, che è l'evoluzione del virus. Questo studio - ha aggiunto - farebbe pensare, a causa di variazioni continue del virus riscontrate, che questo si stia adattando ad infettare le cellule umane e quando un virus si adatta diventa un virus meno patogeno".

Di certo, questa l'analisi del professore ad "Agenzia Nova", "il virus aveva questa caratteristica di infettare facilmente perché ha molta affinità con un recettore delle nostre cellule respiratorie, Ace 2, e questo lo favorisce nella diffusione. La gravità della patologia che abbiamo osservato all'inizio dell'epidemia dipendeva non tanto dal virus in sé ma da quello che questa infezione riusciva ad innescare. Questa infezione andava avanti dall'inizio magari come un'influenza o una polmonite ma - ha sottolineato - poi ad un certo punto innescava una tempesta citochitica che, in alcuni soggetti con particolari condizioni come l'età o patologie pregresse, faceva prevalere più che l'infezione virale una infiammazione dei vasi, del cuore che poi diventava un'infiammazione sistemica". Quindi "quando il virus ha perso la capacità di innescare questa fase 2, perché per farla deve replicare molto ed avere condizioni favorenti, si è visto che l'infezione è rientrata in una condizione clinica più gestibile, anche al difuori dell'ospedale". Questo perché, come si sta "vedendo in tutto il mondo questo adattamento del virus sta avvenendo quindi potrebbe diventare nel tempo un virus umano che ci darà qualche infezione, qualche fastidio, ma non più come ha fatto fino ad ora".

Ad ogni modo, nei soggetti asintomatici "la presenza del virus nell'oro faringe è più bassa e la durata di questa presenza è più breve. Gli asintomatici, sì possono infettare in linea teorica, ma con un carico virale minore rispetto al sintomatico di inizio marzo, e comunque per un tempo molto più breve. Un asintomatico infetta ma per meno giorni e con una carica virale più bassa”. E' comunque “giusto andare a cercare gli asintomatici. E' quello che bisogna fare e farlo anche alla ripresa autunnale perché qualche caso, qualche focolaio, potrà esserci". Ciò che sicuramente andrà fatto nei prossimi mesi sarà "analizzare i dati sulla mortalità dovuta al virus perché c'è una diversità tra nazioni sulla letalità che è macroscopica e non sempre spiegabile: la Germania ha avuto parecchi casi ma ha avuto una letalità molto bassa, noi e la Francia più alta. O c'è stato un modo diverso di valutare i morti oppure c'è una condizione che ci sfugge. Certo ci sono nazioni in cui l'età media della popolazione è diversa. Avevamo forse molte più persone a rischio. Capire il reale impatto dell'infezione e sapere quante persone sono state infettate - ha concluso - è importante dal punto di vista epidemiologico". (Rin)
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