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Africa-Usa: primo tour di Pompeo nel continente, obiettivo è contrastare espansione cinese

Washington, 17 feb 2020 16:50 - (Agenzia Nova) - Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha iniziato ieri un tour in tre paesi africani – Senegal, Angola ed Etiopia – in quella che è la sua prima visita ufficiale in Africa da quando è entrato in carica, nell’aprile 2018. Secondo diversi osservatori, la missione di Pompeo – che segue quella effettuata un mese fa dal sottosegretario di Stato per gli affari africani Tibor Nagy – risponde al preciso obiettivo di contrastare l'influenza cinese in Africa, cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni, e giunge peraltro in un momento di crescente confusione sulla strategia di Washington nel continente: soltanto poche settimane fa, infatti, le autorità statunitensi hanno paventato la possibilità di ritirare il proprio contingente militare dal continente, nell’ottica di un progressivo disimpegno militare statunitense dai principali teatri globali, mentre alla fine di gennaio l’amministrazione di Donald Trump ha annunciato di aver esteso il “travel ban” ad altri quattro paesi africani – Nigeria, Eritrea, Sudan, Tanzania – che si vanno così ad aggiungere alla Somalia e al Sudan nella lista dei paesi oggetto delle restrizioni. Già più volte in passato l’amministrazione Usa, e Pompeo in particolare, hanno messo in guardia da quella che hanno definito la “pericolosa influenza” della Cina sul continente africano, affermando il mese scorso che gli investimenti cinesi alimentano la corruzione e minano lo stato di diritto.

Da oltre un decennio Pechino ha sostituito Washington come principale partner commerciale dell'Africa, raggiungendo un volume d’interscambio commerciale che attualmente si attesta a circa 204 miliardi di dollari, secondo le stime del ministero del Commercio cinese. Diversi stati africani hanno inoltre aderito all’iniziativa Nuova Via della seta (Belt and Road Initiative, Bri), promossa dalla Cina e che prevede colossali finanziamenti per lo sviluppo delle infrastrutture (centrali elettriche, strade, ferrovie e non solo) in tutto il continente africano, facendo così di Pechino il principale detentore del debito esterno dell’Africa. La visita di Pompeo si propone così di rilanciare, specie sul piano degli investimenti, le relazioni con il continente africano, a partire da tre paesi – Senegal, Angola ed Etiopia – che vantano strettissime relazioni economiche con Pechino. Alla luce di ciò, non è un caso che nella sua prima tappa del suo tour, a Dakar, il segretario di Stato abbia partecipato alla firma di cinque accordi di cooperazione fra le aziende statunitensi e il governo del Senegal.

I cinque accordi di partenariato, come riferisce l'agenzia di stampa senegalese "Aps", riguardano in particolare lo sviluppo, il finanziamento e l'esecuzione di progetti nei settori dell'energia, della sanità e delle infrastrutture. “Abbiamo fatto un ottimo lavoro nel firmare accordi tra Betchel (la più grande società edilizia e di ingegneria negli Stati Uniti) e il ministero dell'Economia senegalese per la realizzazione di un'autostrada. C'è anche un accordo firmato da General Electric, una grande azienda statunitense. Ciò porterà un valore aggiunto al Senegal e effetti di ricaduta positivi per le multinazionali Usa”, ha dichiarato Pompeo parlando in conferenza stampa con il ministro dell'Economia, della pianificazione e della cooperazione senegalese Amadou Hott. “La firma di questi cinque accordi apre la strada a una società sicura e prospera. Il settore privato è il motore della crescita economica. Questo è un passo molto importante per gli Stati Uniti e per il popolo senegalese”, ha aggiunto il segretario di Stato. Da parte sua il ministro senegalese Hott ha assicurato che Dakar lavorerà sodo per la realizzazione di tutti i progetti oggetto dei nuovi accordi.

A Dakar Pompeo ha incontrato anche il presidente senegalese Macky Sall e il ministro degli Esteri, Amadou Ba, ai quali ha ribadito il sostegno statunitense al Senegal – che ad oggi è l’unico paese del Sahel a non essere interessato dall’offensiva jihadista nella regione – definendolo “un alleato fedele e strategico”. “Diamo grande valore alla nostra amicizia con il popolo senegalese. Siamo qui per aiutarvi per essere stati un così fedele alleato”, ha detto Pompeo nel corso di una conferenza stampa congiunta con Ba. “Per noi il Senegal è un paradiso di democrazia e di sicurezza in Africa. Contiamo su questo paese e sulla sua gente per aiutarci a promuovere questi due aspetti”, ha affermato il capo della diplomazia Usa, che ha inoltre elogiato gli sforzi del Senegal per combattere la mortalità infantile e ha ribadito che le agenzie statunitensi continueranno a lavorare con le autorità senegalesi per affrontare altre sfide sanitarie. Dopo Dakar, Pompeo è volato alla volta di Luanda, dove nella giornata di oggi incontrerà le parti economiche e la comunità imprenditoriale per discutere della lotta alla corruzione e delle crescenti opportunità commerciali e di investimento bilaterali, oltre ad avere colloqui con il presidente Joao Lourenco e il ministro degli Esteri, Manuel Augusto. Dopo Luanda, il segretario di Stato si recherà in Etiopia, dove resterà fino al 19 febbraio, per incontrare il primo ministro Abiy Ahmed e il presidente Sahle-Work Zewde con cui discuterà degli sforzi congiunti per promuovere la sicurezza regionale e sostenere il programma di riforme politiche ed economiche avviato dal governo. Nella capitale etiope Pompeo incontrerà anche il presidente della Commissione dell'Unione africana, Moussa Faki Mahamat.

Con la missione di Pompeo in Africa, gli Stati Uniti sembrano intenzionati a proseguire nella loro intenzione di inviare segnali contrastanti al continente africano: se, da un lato, continuano ad incoraggiare gli scambi e gli investimenti con i paesi africani, dall’altro decidono di estendere il “travel ban” e stanno considerando una riduzione della loro presenza militare in Africa. Il Pentagono ha infatti di recente annunciato che sta conducendo una revisione della propria strategia globale che potrebbe portare a una ridistribuzione delle truppe Usa in tutto il mondo, alimentando le preoccupazioni dei suoi alleati internazionali, in primis della Francia, impegnata in prima linea nel contrasto al terrorismo islamico nel Sahel. Sebbene il segretario alla Difesa, Mark Esper, abbia dichiarato lo scorso 30 gennaio che gli Stati Uniti non avrebbero ritirato completamente le truppe statunitensi dall'Africa, al contempo il capo del Pentagono non ha escluso un possibile ridimensionamento della presenza militare Usa nel continente. “Ogni volta che pronunciamo la parola ‘revisione’ automaticamente questa si traduce in ‘riduzione’, ma si tratta di un riequilibrio. In alcuni casi (la presenza) aumenterà, in alcuni casi resterà invariata e in altri ancora diminuirà”, ha detto Esper, non confermando ma neppure smentendo l’ipotesi di un disimpegno militare statunitense dal continente africano.

Nel frattempo, in attesa di capire quali saranno le reali intenzioni dei vertici militari Usa, a rassicurare i partner Usa c’è la notizia che inizieranno domani, 18 febbraio, in Mauritania e in Burkina Faso (due paesi membri del G5 Sahel) le esercitazioni annuali militari statunitensi Flintlock, cui parteciperanno circa 1.600 militari degli eserciti di 34 paesi. Le manovre di Flintlock, che si concluderanno il prossimo primo marzo, saranno condotte da Africom e mirano a rafforzare la capacità dello strumento militare Usa di operare con i partner e con gli alleati per sviluppare la capacità di resistenza che consente ai paesi del Sahel di far fronte alla minaccia terroristica e alla mancanza di sicurezza. Tra i partner internazionali vi sono Austria, Belgio, Brasile, Canada, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. In Africa sono presenti attualmente circa 7 mila membri delle forze speciali Usa impiegati prevalentemente in operazioni congiunte con gli eserciti nazionali contro i jihadisti, in particolare in Somalia. Inoltre, 2 mila militari statunitensi conducono missioni di addestramento in circa 40 paesi africani e partecipano a operazioni di cooperazione, in particolare con le forze francesi dell'Operazione Barkhane in Mali, alle quali forniscono principalmente assistenza logistica. (Res)
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