Berlino, 19 gen 2020 21:08 - (Agenzia Nova) - Cessate il fuoco permanente tra le parti in conflitto, smobilitazione e disarmo delle milizie, embargo sulle armi, ripresa del processo politico guidato dai libici, rifiuto delle ingerenze straniere, lotta al terrorismo, unificazione dell'apparato di sicurezza, ripristino delle strutture economiche, un nuovo governo di accordo nazionale in Libia che sia rappresentativo di tutto il paese, l’istituzione di un meccanismo internazionale di “follow-up”. Sono questi gli elementi salienti della dichiarazione finale adottata oggi alla conferenza di Berlino sulla Libia. La versione finale del documento ricalca in larga parte la bozza di 55 punti anticipata da “Agenzia Nova” lo scorso giovedì 16 gennaio. Otto punto iniziali, nove sezioni (cessate il fuoco, embargo sulle armi, ritorno al processo politico, riforma del settore di sicurezza, riforma economica e finanziaria, rispetto del diritto internazionale umanitario, follow-up) per un totale di sei pagine: tutti i partecipanti al vertice di oggi hanno firmato il documento finale, frutto di settimane di paziente lavoro diplomatico e di compromessi. Non sono mancati momenti di tensione, con un duro confronto tra la Turchia da una parte, Emirati Arabi Uniti ed Egitto dall’altra, con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha lasciato la sala della riunione prima del tempo.
Nel documento è assente, come anticipato da “Nova”, ogni riferimento alla possibilità di inviare una missione dell'Unione europea, finanziata dagli Stati membri, per il monitoraggio del cessate il fuoco in Libia. Un passo avanti da questo punto di vista però c’è stato: il premier del Governo di accordo nazionale, Fayez al Sarraj, e il generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), hanno concordato di formare un comitato militare congiunto nel formato 5+5 incaricato di monitorare il cessate il fuoco in Libia. Nella dichiarazione finale del vertice, in effetti, si fa riferimento “all'istituzione immediata di comitati tecnici per monitorare e verificare l'attuazione del cessate il fuoco”: questo passaggio in particolare era in forse fino all'ultimo per via della mancata nomina dei cinque membri nominati da Haftar. Una prima riunione di questo comitato dovrebbe tenersi a Ginevra nei prossimi giorni, secondo quanto dichiarato in conferenza stampa dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Che tipo missione di monitoraggio del cessate il fuoco sarà schierata in Libia (europea, araba, internazionale) dipenderà dai colloqui dell'Onu con i 10 delegati libici. Il documento approvato oggi, ha aggiunto il numero uno dell’Onu, richiederà comunque un passaggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Con riguardo agli ultimi sviluppi, le parti della conferenza di Berlino accolgono con favore “la notevole riduzione della violenza” in Libia “dal 12 gennaio e dai negoziati intrapresi a Mosca il 14 dello stesso mese, che mirano ad aprire la strada per un cessate il fuoco”. A tal fine, si chiedono a “passi credibili, verificabili e reciproci, a cominciare da una tregua attutata da tutte le parti”. Rispetto alla bozza vista da “Nova”, è stata aggiunta una parte in cui “si chiede alle parti coinvolte di raddoppiare i loro sforzi per una sospensione sostenuta delle ostilità, la de-escalation e un cessate il fuoco permanente”. In particolare, i partecipanti alla conferenza di Berlino richiedono “a tutte le parti coinvolte lo smantellamento dei gruppi di armati e delle milizie in conformità all'art.34 dell'accordo politico sulla Libia e in riferimento alle risoluzioni 2420 e 2486 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. L'obiettivo è giungere a una “cessazione generale e duratura delle ostilità, comprese le operazioni aeree sul territorio della Libia”. Inoltre, si chiede “il ridispiegamento delle armi pesanti, dell'artiglieria, dei mezzi aerei e il loro acquartieramento”.
Con riguardo al tema spinoso delle milizie, viene proposto “un completo processo di smobilitazione e disarmo, con la successiva integrazione del personale idoneo in istituzioni statali di natura civile, militare e di sicurezza”. Le Nazioni Unite dovranno assistere tale processo. A tal riguardo, gli Stati e organizzazioni internazionali riuniti a Berlino riaffermano il loro sostegno all'Unsmil, la missione dell'Onu in Libia. Le parti della conferenza di Berlino ribadiscono quindi “la necessità di combattere il terrorismo in Libia con tutti i mezzi in conformità alla Carta dell'Onu e al diritto internazionale, riconoscendo che sviluppo, sicurezza e diritti umani si rafforzano a vicenda e sono essenziali per un approccio efficace e completo al contrasto” alle organizzazioni terroristiche. In tale contesto, a tutte le parti in Libia si chiede di “dissociarsi dai gruppi considerati terroristici dalle Nazioni Unite”.
In tema di sicurezza, le parti della conferenza di Berlino si impegnano poi a “rispettare in maniera inequivocabile e completa l'embargo sulle armi” alla Libia stabilito dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a partire dalla 1970 del 2011. A “tutti gli attori internazionali” si chiede di agire nella medesima direzione. Allo stesso tempo, viene rivolto un appello a tutti gli attori affinché si astengano da “attività che aggravano il conflitto o non sono conformi con l'embargo dell'Onu sulle armi o il cessate il fuoco, compresi il finanziamento di capacità militari o il reclutamento di mercenari”. Inoltre, deve cessare “ogni sostegno a individui e gruppi designati dall'Onu come terroristi. Tutti gli autori di atti di terrorismo devono essere ritenuti responsabili”. Inoltre, nel testo è presente un passaggio che prevede possibili sanzioni per chi non dovesse rispettare la tregua i violare l’embargo sulle armi. “Chiediamo a tutti gli attori di applicare le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, anche attraverso misure nazionali di attuazione, contro coloro che violano l'embargo sulle armi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o il cessate il fuoco, da oggi in poi”, si legge nel testo. Un riferimento tuttavia abbastanza blando, al punto che il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha detto molto francamente che “non si è parlato di sanzioni” durante il vertice.
Per quanto riguarda la riforma del settore di sicurezza, le parti si limitano a chiedere “il ripristino del monopolio dello Stato sull'uso legittimo della forza”. Il documento affronta poi il tema della riforma economica e finanziaria, sottolineando come sia “della massima importanza ripristinare, rispettare e salvaguardare l'integrità, l'unità e la legittima governance di tutte le istituzioni sovrane libiche, in particolare la Banca centrale della Libia (Cbl), la Libya Investment Authority (Lia), la National Oil Corporation (Noc) e l’Audit Bureau (Aa)”, i cui consigli di amministrazione “dovrebbero essere di amministrazione dovrebbero essere inclusivi, rappresentativi e attivi”.
Quanto alla questione della distribuzione delle entrate della Libia, uno dei principali oggetti di contesa del conflitto, i partecipanti della Conferenza di Berlino passano la palla al “dialogo intra-libico” portato avanti anch’esso dalle Nazioni Unite, ma chiedono “di migliorare la capacità delle pertinenti istituzioni di controllo libiche, in particolare l’Audit Bureau, l'autorità di controllo amministrativo, l'autorità nazionale anticorruzione, l'ufficio del procuratore generale le commissioni parlamentari competenti, secondo l'Accordo politico libico e le leggi libiche pertinenti”. Una menzione particolare viene riservata inoltre alle installazioni petrolifere: “Respingiamo – si legge – qualsiasi tentativo di danneggiare l'infrastruttura petrolifera libica, qualsiasi sfruttamento illecito delle sue risorse energetiche, che appartengono al popolo libico, attraverso la vendita o l'acquisto di greggio libico e derivati al di fuori del controllo del Noc e chiediamo una distribuzione trasparente ed equa del petrolio ricavi”. Si sollecitano inoltre tutte le parti a “continuare a garantire al sicurezza delle installazioni petrolifere e di impedire ogni ostilità contro tutte le strutture petrolifere”.
Le parti della Conferenza raccomandano inoltre la creazione di una “Commissione di esperti libici” per incoraggiare l’attuazione delle riforme economiche strutturali, chiedendo che una particolare attenzione venga data alle municipalità meridionali. “Incoraggiamo la creazione di un meccanismo per ricostruzione della Libia”, aggiunge la dichiarazione, secondo cui la priorità andrebbe assegnata ai progetti di ricostruzione nelle città di Bengasi, Derna (est), Murzuq, Sebha (sud), Sirte (centro) e Tripoli (ovest). Questo meccanismo dovrebbe agire pertanto in tutta la Libia “sotto gli auspici di un nuovo, rappresentativo e unificato governo di accordo nazionale che eserciti la sua autorità su tutto il territorio libico”.
Un capitolo a parte viene riservato al rispetto del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, per il quale il documento chiede di “proteggere i civili e le infrastrutture civili, inclusi gli aeroporti”, nonché di consentire l’accesso della popolazione civile (“inclusi i migranti, i rifugiati, i richiedenti asilo e i prigionieri”) alle cure mediche. Si chiede inoltre un censimento della popolazione carceraria, la fine delle pratiche per la detenzione arbitraria e soprattutto che “i responsabili delle violazioni delle legge internazionali siano ritenuti responsabili”. Questo punto è particolarmente controverso perché si riferisce anche a chi ha ordinato “l’uso indiscriminato della forza contro i civili, attacchi contro aree densamente, popolate, incluse uccisioni extragiudiziarie, rapimenti, sparizioni forzate, violenze di genere e sessuali, torture, traffico di esseri umani, violenze e abusi sui migranti e rifugiati”.
Sul versante delle migrazioni illegali, uno dei punti del documento conclusivo invita alla “chiusura graduale dei centri di detenzione per migranti” e chiede che la legge libica sia conforme agli standard internazionali sul diritto all’asilo. Infine, come anticipato da “Agenzia Nova” lo scorso 6 dicembre, a margine della conferenza Med Dialogues di Roma, i partecipanti dovrebbero accettare di formare un Comitato di follow-up per aiutare le Nazioni Unite ad attuare quanto concordato. Tale organismo si riunirà su base mensile in Libia o a Tunisi sotto la presidenza della Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) e una co-presidenza ancora da definire. (Geb)
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