Tunisi, 16 set 2019 18:04 - (Agenzia Nova) - Tutto secondo le previsioni: quello per le elezioni presidenziali celebrate ieri in Tunisia è stato un voto “di protesta”, che ha privilegiato i candidati “anti-sistema” e che ha dato ulteriore prova della disaffezione dell’elettorato nei confronti della politica. Due i dati più importanti emersi in queste prime ore dopo la chiusura delle urne. Il primo riguarda i due candidati più votati, che con ogni probabilità saranno protagonisti del ballottaggio in programma a novembre, dopo le elezioni legislative del 6 ottobre: si tratta del costituzionalista Kais Saied e di Nabil Karoui, proprietario dell’emittente televisiva “Nessma Tv” in carcere dallo scorso 23 agosto con l’accusa di frode fiscale e riciclaggio di denaro. Secondo gli ultimi risultati preliminari diffusi dall’Istanza superiore indipendente per le elezioni (Isie), il primo ha raccolto il 19 per cento dei voti, il secondo il 14,9 per cento.
Saied e Karoui sono due candidati “anti-sistema”. Il primo è un giustizialista, fortemente conservatore sui diritti civili e promotore di una profonda riforma della Costituzione in senso parlamentare. Il magnate televisivo propone invece politiche dai tratti fortemente assistenzialisti: del resto, deve parte della propria popolarità alle campagne di beneficenza della sua associazione umanitaria “Nabil Tounes”. Sconfitti risultano invece tutti gli esponenti delle forze politiche tradizionali. Stando ai dati di questa mattina pubblicati dall’Isie, al terzo posto figurerebbe Abdel Fatah Mourou, vicepresidente del movimento islamico moderato Ennahda, con il 13,1 per cento dei voti. A seguire l’ex ministro della Difesa Abdelkrim Zbidi (9,6 per cento); il capo del governo Youssef Chahed (7,4 per cento); l’indipendente Safi Saied (6,6 per cento); il leader dell’Unione popolare repubblicana (Upr) Mohamed Lofti Mraihi (6,5 per cento); il leader della coalizione Dignità Seifeddine Makhlouf (5 per cento); l’ex presidente Moncef Marzouki (4,1 per cento); la leader del Partito desturiano libero (Pdl) Abir Moussi (3,8 per cento).
Il secondo dato importante riguarda l’affluenza e anche questo ci viene fornito dal presidente dell’Isie, Nabil Baffoun, che ha tenuto questa mattina una conferenza al Palazzo dei congressi: sono circa tre milioni su sette di aventi diritto i cittadini tunisini che ieri si sono recati alle urne per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Il tasso di affluenza è stato del 45 per cento all’interno del paese e del 19,7 per cento all’estero. Un dato molto più basso rispetto a quello registrato in occasione del primo turno delle presidenziali del 2014, pari al 63 per cento. Nel 2014 fu eletto presidente Beji Caid Essebsi, fondatore e leader del partito laico Nidaa Tounes, deceduto lo scorso 27 giugno (proprio la sua morte ha costretto le autorità ad anticipare la data del voto per le presidenziali, inizialmente fissata per il 17 novembre). Questa volta a pesare, così in occasione delle elezioni municipali dello scorso maggio, è stata la crescente insofferenza dei cittadini verso i partiti politici emersi dalla Rivoluzione dei gelsomini che portò alla caduta del regime di Zine el Abdine Ben Ali.
Si tratta, in ogni caso, di un segnale preoccupante per il futuro della fragile transizione democratica tunisina. Negli anni scorsi la comunità internazionale aveva incoronato il paese come modello di democrazia nella regione nordafricana, in particolare con l’attribuzione del Nobel per la pace del 2015 al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino (l’Unione generale tunisina del lavoro, Ugtt; la Confederazione tunisina dell’industria e dell’artigianato, Utica; la Lega tunisina per la difesa dei diritti dell’uomo, Ltdh; l’Ordine nazionale degli avvocati di Tunisia, Onat). Le quattro organizzazioni erano state premiate per aver dato “un contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralistica sulla scia della Rivoluzione dei gelsomini”. Quattro anni dopo, tuttavia, i tunisini appaiono molto meno coinvolti e interessati nel processo democratico e ancor meno soddisfatti dalla loro classe dirigente. La situazione economica è andata peggiorando, sebbene stia attraversando una lieve ripresa che ancora non si riflette sulle condizioni di vita dei cittadini.
Sul fronte della sicurezza, il paese non ha ancora risolto tutti i conti in sospeso con il terrorismo. Il 27 giugno scorso un doppio attentato nel centro di Tunisi ha riportato alla memoria i terribili attacchi del 2015 e riacceso i riflettori sul problema delle migliaia di tunisini che in questi anni si sono addestrati e armati per conto dello Stato islamico e di al Qaeda. La classe politica, in questo contesto, appare frammentata ed estremamente litigiosa, in crisi perenne, incapace persino di trovare un accordo sui giudici della Corte costituzionale (che al momento non è operativa). Negli ultimi mesi si sono rincorse anche accuse di tentativi di golpe e di interferenze esterne negli affari democratici della Tunisia.
Anche il voto delle donne, di cruciale importanza nel 2014, ha inciso poco. Secondo Sigma Conseil, il 22 per cento delle donne ha votato per Saied e il 20,4 per cento per Karoui. Il terzo candidato preferito dalle donne, Mourou, si è fermato sotto il 10 per cento e il premier Chahed non è riuscito a raccogliere che il 6,3 per cento dei voti della popolazione femminile. A questo proposito, peraltro, va rilevato l’appello di Ahlem Nsiri, presidente del Centro mediterraneo tunisino, che ha chiesto che l’Isie intervenga per mettere fine alle pressioni esercitate dai mariti nei confronti delle loro mogli nelle zone rurali del paese in occasione del voto. Secondo l’attivista “la voce delle donne è diventata degna di considerazione, ma nelle zone rurali non è sempre questo il caso e le donne sono spesso sottomesse all’uomo”. Gli osservatori dispiegati nei seggi elettorali hanno scoperto almeno 21 casi in cui le donne hanno consegnato le loro carte d’identità ai mariti. In tali casi i documenti sono stati confiscati e i voti sono stati annullati. Per ripartizione geografica, Nabil Karoui ha sfondato in particolare nel nord del paese: a Beja, Jendouba e Biserta, sua città natale. Nel centro della Tunisia, invece, Kais Saied ha fatto incetta di voti a Siliana, Zaghouan e Sfax.
Più incisivo per l’analisi del voto è tuttavia il dato generazionale. Secondo l’esperta Syrine Ben Youssef, ad esempio, le elezioni presidenziali di ieri sono state decise dalla “generazione Z”, quella degli elettori che al momento della Rivoluzione dei gelsomini avevano tra i 10 e i 17 anni (e che, di conseguenza, oggi hanno tra i 18 e i 25 anni d’età). Il 37 per cento di tale fascia di elettori ha votato per Saied. Apparentemente è inspiegabile che un numero così grande di giovani abbia votato per un 61enne professore universitario dal carattere placido, dalla dizione impeccabile e protagonista di una campagna elettorale a basso costo tra caffè e mercati. Ma la Ben Youssef sostiene che tali caratteristiche abbiano contribuito a rendere l’immagine di Saied diversa rispetto a quella degli altri candidati e degli altri politici.
Il costituzionalista, insomma, ha finito con l’incontrare l’esigenza di un cambiamento avvertita soprattutto dalle fasce più giovani dell’elettorato e che si riferisce anche al rapporto tra la classe politica e i cittadini. Kais Saied è un sostenitore della democrazia diretta e della riduzione degli strumenti di mediazione tra potere e popolo. Ha proposto un coinvolgimento diretto dei cittadini nel processo decisionale e si è scagliato contro l’élite politica che in questi anni è stata protagonista di una stagione di sacrifici economici per i cittadini, costretti a sopportare il fardello delle riforme chieste dal Fondo monetario internazionale (Fmi).
Ben più controversa è invece la figura di Karoui, il grande assente della campagna elettorale. Volto assai noto del paese, il leader del neonato partito Qalb Tounes ha raccolto voti soprattutto tra le fasce più svantaggiate ed emarginate della popolazione. Le forze politiche tradizionali ne hanno avversato la candidatura sin dall’inizio, accusandolo di trarre indebito beneficio politico dalle campagne di beneficienza condotte in passato e dalla proprietà della popolare “Nessma Tv”. Lo scorso giugno il parlamento ha approvato degli emendamenti alla legge elettorale pensati ad hoc per escluderlo dalla competizione, che tuttavia non sono mai stati firmati dal presidente Essebsi prima della morte. Infine, nel mese di agosto è arrivato il rocambolesco arresto nei pressi di un casello autostradale. Karoui non ha potuto fare campagna elettorale e, secondo alcuni osservatori, questo ha rafforzato la sua immagine di “outsider”.
Ieri sera Nabil Baffoun ha sciolto i dubbi riguardanti la sua partecipazione al secondo turno, secondo cui essa non contraddice né il codice penale né quello elettorale. “In attesa di giudizio, Nabil Karoui resta candidato. Anche in caso di giudizio definitivo, se non privato dai giudici del diritto a concorrere per una carica pubblica, la situazione resterà la stessa”, ha spiegato il presidente dell’Isie. Nel frattempo l’entourage di Karoui, come riferisce la rivista “Jeune Afrique” si mostra fiduciosa rispetto a una imminente liberazione del politico. Adesso si attendono le elezioni del 6 ottobre, quando le forze politiche che hanno fin qui dominato la scena rischiano una nuova batosta. (Tut)
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Ministro della Difesa
22 luglio 2021